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Trump e le tasse, di Paul Krugman (New York Times 13 maggio 2016)

 

Trump and Taxes

Paul Krugman MAY 13, 2016

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This seems to be the week for Trump tax mysteries. One mystery is why Donald Trump, unlike every other major party nominee in modern times, is refusing to release his tax returns. The other is why, having decided that he needs experts to clean up his ludicrous tax-cut proposals, he chose to call on the services of the gang that couldn’t think straight.

On the first mystery: Mr. Trump’s excuse, that he can’t release his returns while they’re being audited, is an obvious lie. On the contrary, the fact that he’s being audited (or at least that he says he’s being audited) should make it easier for him to go public — after all, he needn’t fear triggering an audit! Clearly, he must be hiding something. What?

It could be how little he pays in taxes, a revelation that hurt Mitt Romney in 2012. But I doubt it; given how Mr. Trump rolls, he’d probably boast that his ability to game the tax system shows how smart he is compared to all the losers out there.

So my guess, shared by a number of observers, is that the dirty secret hidden in those returns is that he isn’t as rich as he claims to be. In Trumpworld, the revelation that he’s only worth a couple of billion — maybe even less than a billion — would be utterly humiliating. So he’ll try to tough it out. Of course, if he does, we’ll never know.

Meanwhile, however, we can look at the candidate’s policy proposals. And what has been going on there is just as revealing, in its own way, as his attempt to dodge scrutiny of his personal finances.

The story so far: Last fall Mr. Trump suggested that he would break with Republican orthodoxy by raising taxes on the wealthy. But then he unveiled a tax plan that would, in fact, lavish huge tax cuts on the rich. And it would also, according to nonpartisan analyses, cause deficits to explode, adding around $10 trillion to the national debt over a decade.

Now, the inconsistency between Mr. Trump’s rhetoric and his specific proposals didn’t seem to hurt him in the Republican primaries. Neither did the wild irresponsibility of those specifics, perhaps because all the major contenders for the G.O.P. nomination were proposing huge, budget-busting tax cuts for the rich. True, none of them were quite as off the charts as the Trump plan, but such distinctions were probably lost on primary voters — $4 trillion, $10 trillion, who cares?

Having secured the nomination, however, Mr. Trump apparently feels the need to seem more respectable. The goal, I suspect, is to bring the headline numbers down enough to let the media’s propensity for false equivalence kick in. Hillary Clinton has a plan that actually adds up, while Donald Trump has a plan that will cost $4 trillion, but which he claims is deficit-neutral? Hey, it’s the same thing!

Oh, and meanwhile he suggested once again that he might raise taxes on the rich, then walked it back, with credulous media eating it all up.

But what’s really interesting is whom, according to Politico, Mr. Trump has brought in to revise his plans: Larry Kudlow of CNBC and Stephen Moore of the Heritage Foundation. That news had economic analysts spitting out their morning coffee all across America.

For those who don’t follow such things, Mr. Kudlow has a record of being wrong about, well, everything. In 2005 he ridiculed “bubbleheads who expect housing-price crashes in Las Vegas or Naples, Florida, to bring down the consumer, the rest of the economy, and the entire stock market” — which was exactly what happened. In 2007 he predicted three years of “Goldilocks” prosperity. And on and on.

Mr. Moore has a comparable forecasting record, but he also has a remarkable inability to get facts straight. Perhaps most famously, he once attempted to rebut, well, me with an article detailing the supposed benefits of state tax cuts; incredibly, not one of the many numbers in that article was right.

So why would Mr. Trump turn to these of all people to, ahem, fix his numbers?

It could be a peace offering, an attempt to reassure insiders by bringing in Mr. Kudlow and Mr. Moore, who are influential members of the Republican establishment — which incidentally tells you a lot about their party.

But my guess is that the explanation is simpler: The candidate has no idea who is and isn’t competent. I mean, it’s not as if he has any independent knowledge of economics, or even knows what he doesn’t know. For example, he keeps asserting that America has the world’s highest taxes, when we’re actually at the bottom among advanced nations.

So he probably just went with a couple of guys he’s seen on TV, assuming that they must be there because they know their stuff.

Now, you might wonder how someone that careless and incurious was such a huge success in business. But one answer is, how successful was he, really? What’s in those tax returns?

 

Trump e le tasse, di Paul Krugman

New York Times 13 maggio 2016

Pare che questa sia la settimana dei misteri per le tasse di Trump. Un mistero è perché Donald Trump, diversamente da tutti gli altri candidati di partiti importanti nei tempi moderni, si stia rifiutando di rendere note le sue entrate fiscali. L’altro è perché, avendo deciso che ha bisogno di esperti per mettere un po’ di ordine nelle sue grottesche proposte di sgravi fiscali, abbia scelto di rivolgersi ai servizi della banda di coloro che non ne hanno fatta una giusta.

Sul primo mistero: la scusante del signor Trump, per la quale non potrebbe rendere note le sue entrate fiscali nel mentre esse sono oggetto di controlli, è una evidente bugia. Al contrario, il fatto che egli sia oggetto di una ispezione (o almeno che dica di esserlo), dovrebbe rendere più facile renderle pubbliche – dopo tutto, non deve temere di innescare una ispezione!  Chiaramente, sta nascondendo qualcosa. Che cosa?

Potrebbe trattarsi di quante poche tasse paghi, una rivelazione che nel 2012 danneggiò Mitt Romney. Ma lo dubito: considerato come Trump si muove, probabilmente si sarebbe vantato che la sua abilità a prendersi gioco del sistema fiscale mostra quanto sia furbo, a confronto di tutti i perdenti che sono in circolazione.

Dunque la mia impressione, condivisa da un certo numero di osservatori, è che il segreto sporco che sta nascondendo nei suoi guadagni è che non è così ricco come pretende di essere. Nel mondo di Trump, la rivelazione di valere soltanto un paio di miliardi – forse persino meno di un miliardo – sarebbe assolutamente umiliante. Cosicché egli proverà a resistere. Naturalmente, se lo fa, non lo sapremo mai.

Possiamo, tuttavia, nel frattempo, fare attenzione alle proposte politiche del candidato. E quello che sta avvenendo a proposito è proprio rivelatore, a suo modo, del suo tentativo di eludere una analisi delle sue personali finanze.

Questo è quanto è accaduto, sino ad adesso: lo scorso autunno il signor Trump indicò che avrebbe rotto con l’ortodossia repubblicana, aumentando le tasse sui ricchi. Ma poi ha reso noto un programma fiscale che, di fatto, elargirebbe grandi sgravi fiscali ai ricchi. Ed esso, secondo analisi indipendenti, farebbe esplodere il deficit, aggiungendo circa diecimila miliardi al debito nazionale nel corso di un decennio.

Ora, l’incoerenza tra la retorica di Trump e le sue specifiche proposte non è sembrata danneggiarlo nelle primarie repubblicane. Neanche lo ha danneggiato la totale irresponsabilità di quelle proposte specifiche, forse perché tutti i maggiori contendenti alla nomination repubblicana venivano proponendo ampi sgravi fiscali per i ricchi, tali da mandare in bancarotta i bilanci pubblici. É vero, nessuna di esse era talmente inconsueta come il programma di Trump, ma tali sottigliezze probabilmente andavano perdute con gli elettori delle primarie – 4.000 miliardi di dollari, 10.000 mila miliardi di dollari, chi se ne cura?

Essendosi assicurata la nomination, tuttavia, pare che il signor Trump senta il bisogno di apparire più rispettabile. Ho il sospetto che l’obbiettivo sia deprimere talmente le cifre sui titoli dei giornali, al punto da consentir loro di manifestare la propensione per la ‘falsa equivalenza’. Hillary Clinton ha un programma che effettivamente quadra, mentre Donald Trump ne ha uno che costerebbe 4.000 miliardi di dollari, ma che lui sostiene non ha effetti sul deficit? E allora? E’ la stessa cosa!

Inoltre, nel mentre egli suggerisce nuovamente che potrebbe aumentare le tasse sui ricchi, poi fa dietro front, con i media creduloni che abboccano a tutto.

Ma quello che è davvero interessante è chi, secondo Politico, Trump ha reclutato per rivedere i suoi piano: Larry Kudlow della CNBC e Stephen Moore della Heritage Foundation. Sono notizie che hanno fatto sputare il caffè mattutino a tutti gli analisi economici d’America.

Per coloro che non seguono cose del genere, il signor Kudlow ha un record nell’aver sbagliato, ebbene, proprio tutto. Nel 2005 egli metteva in ridicolo “i rimbambiti che si aspettano che i prezzi delle abitazioni crollino a Las Vegas o a Naples, Florida, portando al crollo i consumatori, il resto dell’economia e l’intero mercato azionario” – che è esattamente quello che accadde. Nel 2007 egli pronosticò tre anni di favolosa prosperità [1] in America. E così via.

Il signor Moore ha, quanto a previsioni, una prestazione paragonabile, ma ha anche una considerevole inettitudine nel capire i fatti correttamente. L’episodio forse più famoso è che egli cercò di confutare proprio il sottoscritto in un articolo che metteva in dettaglio i presunti vantaggi degli sgravi fiscali al livello degli Stati; nessuno dei molti dati che comparivano in quell’articolo, incredibilmente, era giusto.

Perché, dunque, Trump si rivolge tra tutti a queste persone per, diciamo così, dare una sistemata ai suoi numeri?

Potrebbe essere un’offerta di pace, un tentativo di rassicurare i dirigenti repubblicani assumendo Kudlow e Moore, che sono membri influenti del gruppo dirigente di quel Partito – il che, tra parentesi, vi dice molto su quel partito.

Ma la mia impressione è che la spiegazione sia più semplice: il candidato non ha nessuna idea di chi sia o non sia competente. Voglio dire, non è come se egli avesse una qualche autonoma nozione di economia, e neppure come se conoscesse quello che ignora. Ad esempio, continua ad asserire che l’America ha le tasse più alte al mondo, mentre effettivamente siamo al punto più basso tra le nazioni avanzate.

Dunque, probabilmente egli si è messo assieme ad un paio di individui che ha visto in televisione, considerando che se erano là dovevano sapere qualcosa della loro roba.

Ora, potreste chiedervi come sia stato possibile che un individuo talmente negligente e privo di curiosità abbia avuto un tale successo negli affari. Ma una risposta potrebbe essere, quanto successo ha mai davvero avuto? Cosa c’è in quelle dichiarazioni al fisco?

 

 

[1] “Goldilocks” – in italiano “Riccioli d’oro” – è il titolo di una favola, nella quale una bambina bionda si installa in una casetta di una famigliola di orsi, che alla fine le si affezionano moltissimo. Ma mi pare che abbia finito per significare, appunto, qualcosa di felicissimo, assolutamente giusto. Favoloso.

 

 

 

 

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