Paul Krugman JUNE 3, 2016
On Tuesday the political arm of the Natural Resources Defense Council, one of America’s most influential environmentalist groups, made its first presidential endorsement ever, giving the nod to Hillary Clinton. This meant jumping the gun by a week on her inevitable designation as the presumptive Democratic nominee, but the NRDC Action Fund is obviously eager to get on with the general election.
And it’s not hard to see why: At this point Donald Trump’s personality endangers the whole planet.
We’re at a peculiar moment when it comes to the environment — a moment of both fear and hope. The outlook for climate change if current policies continue has never looked worse, but the prospects for turning away from the path of destruction have never looked better. Everything depends on who ends up sitting in the White House for the next few years.
On climate: Remember claims by climate denialists that global warming had paused, that temperatures hadn’t risen since 1998? That was always a garbage argument, but in any case it has now been blown away by a series of new temperature records and a proliferation of other indicators that, taken together, tell a terrifying story of looming disaster.
At the same time, however, rapid technological progress in renewable energy is making nonsense — or maybe I should say, further nonsense — of another bad argument against climate action, the claim that nothing can be done about greenhouse gas emissions without crippling the economy. Solar and wind power are getting cheaper each year, and growing quickly even without much in the way of incentives to switch away from fossil fuels. Provide those incentives, and an energy revolution would be just around the corner.
So we’re in a state where terrible things are in prospect, but can be avoided with fairly modest, politically feasible steps. You may want a revolution, but we don’t need one to save the planet. Right now all it would take is for America to implement the Obama administration’s Clean Power Plan and other actions — which don’t even require new legislation, just a Supreme Court that won’t stand in their way — to let the U.S. continue the role it took in last year’s Paris agreement, guiding the world as a whole toward sharp reductions in emissions.
But what happens if the next president is a man who doesn’t believe in climate science, or indeed in inconvenient facts of any kind?
Republican hostility to climate science and climate action is usually attributed to ideology and the power of special interests, and both of these surely play important roles. Free-market fundamentalists prefer rejecting science to admitting that there are ever cases when government regulation is necessary. Meanwhile, buying politicians is a pretty good business investment for fossil-fuel magnates like the Koch brothers.
But I’ve always had the sense that there was a third factor, which is basically psychological. There are some men — it’s almost always men — who become enraged at any suggestion that they must give up something they want for the common good. Often, the rage is disproportionate to the sacrifice: for example, prominent conservatives suggesting violence against government officials because they don’t like the performance of phosphate-free detergent. But polluter’s rage isn’t about rational thought.
Which brings us to the presumptive Republican presidential nominee, who embodies the modern conservative id in its most naked form, stripped of the disguises politicians usually use to cloak their prejudices and make them seem respectable.
No doubt Donald Trump hates environmental protection in part for the usual reasons. But there’s an extra layer of venom to his pro-pollution stances that is both personal and mind-bogglingly petty.
For example, he has repeatedly denounced restrictions intended to protect the ozone layer — one of the great success stories of global environmental policy — because, he claims, they’re the reason his hair spray doesn’t work as well as it used to. I am not making this up.
He’s also a bitter foe of wind power. He likes to talk about how wind turbines kill birds, which they sometimes do, but no more so than tall buildings; but his real motivation seems to be ire over unsuccessful attempts to block an offshore wind farm near one of his British golf courses.
And if evidence gets in the way of his self-centeredness, never mind. Recently he assured audiences that there isn’t a drought in California, that officials have just refused to turn on the water.
I know how ridiculous it sounds. Can the planet really be in danger because a rich guy worries about his hairdo? But Republicans are rallying around this guy just as if he were a normal candidate. And if Democrats don’t rally the same way, he just might make it to the White House.
L’Es che si è mangiato il Pianeta, di Paul Krugman
New York Times 3 giugno 2016
Giovedì il braccio politico del Consiglio di Difesa delle Risorse Naturali (NRDC), uno dei più influenti gruppi ambientalisti d’America, ha espresso per la prima volta il suo appoggio ad una candidatura presidenziale, offrendo la sua indicazione di voto per Hillary Clinton. Questo ha comportato l’anticipare di una settimana i tempi della sua inevitabile designazione come probabile candidata democratica, ma il Fondo delle iniziative del NRDC era evidentemente ansioso di mettersi all’opera con le elezioni generali.
E non è difficile capire il perché: a questo punto la personalità di Donald Trump rappresenta un pericolo per tutto il pianeta.
Dal punto di vista dell’ambiente siamo in un momento speciale – un momento sia di paura che di speranza. Le previsioni del cambiamento climatico, se continuano le attuali politiche, non sono mai apparse peggiori, ma la prospettiva di mettersi alle spalle un sentiero di distruzione non è mai stata così favorevole. Tutto dipende da chi finirà col sedersi alla Casa Bianca per i prossimi anni.
Quanto al clima: vi ricordate gli argomenti dei negazionisti del cambiamento climatico, secondo i quali il riscaldamento globale si era interrotto e le temperature non erano salite dal 1998? É sempre stato un argomento spazzatura, ma in ogni caso oggi è stato liquidato da un serie di temperature record e da una proliferazione di altri indicatori che, considerati assieme, ci raccontano la storia di un disastro incombente.
Nello stesso tempo, tuttavia, il rapido progresso tecnologico nelle energie rinnovabili sta rendendo insensato – o forse dovrei dire ulteriormente insensato – un altro cattivo argomento contro le iniziative sul clima, la pretesa che non si possa far niente sulle emissioni dei gas serra, senza paralizzare l’economia. Le energie solare ed eolica stanno diventando ogni anno più convenienti, e stanno crescendo rapidamente anche senza molti incentivi, in modo da voltare le spalle ai combustibili fossili. Si mettano a disposizione tali incentivi, e una rivoluzione energetica sarà esattamente alle porte.
Dunque, siamo in una situazione nelle quale si delineano cose terribili, che possono però essere evitate con iniziative abbastanza modeste e politicamente fattibili. Si può desiderare una rivoluzione, ma non ne abbiamo bisogno per salvare il pianeta. In questo momento, tutto quello che servirebbe è che l’America metta in atto il Programma per una Elettricità Pulita della Amministrazione Obama ed altre iniziative – che non richiedono neppure una nuova legislazione, solo che la Corte Suprema non voglia ostacolarle – per permettere che gli Stati Uniti proseguano nel ruolo che hanno assunto l’anno passato nell’accordo di Parigi, guidando il mondo nel suo complesso verso brusche riduzioni nelle emissioni.
Ma cosa accadrà se il prossimo Presidente sarà un uomo che non crede nella scienza del clima, o per la verità che non crede in alcun genere di fatti scomodi?
L’ostilità repubblicana verso la scienza del clima e verso le iniziative sul clima viene solitamente attribuita alla ideologia ed al potere degli interessi costituiti, ed entrambi questi fattori certamente giocano ruoli importanti. I fondamentalisti del libero mercato preferiscono rigettare la scienza, piuttosto che ammettere che si sono sempre dei casi nei quali i regolamenti dello Stato sono necessari. Nel frattempo, comprare degli uomini politici è un investimento di impresa abbastanza conveniente per i magnati dei carburanti fossili come i fratelli Koch.
Eppure abbiamo sempre avuto la sensazione che ci fosse un terzo fattore, fondamentalmente psicologico. Ci sono alcuni uomini – si tratta quasi sempre di uomini – che si sentono oltraggiati dall’idea che debbano rinunciare a qualcosa che vogliono in cambio del bene comune. Spesso, la rabbia è sproporzionata al sacrificio: ad esempio, eminenti conservatori eccitano alla violenza contro i funzionari pubblici perché non sono soddisfatti delle prestazioni dei detergenti privi di fosfati. Ma la rabbia di chi inquina non ha a che fare con il ragionamento [1].
La qualcosa mi riconduce al probabile candidato alla Presidenza per i repubblicani, che incarna l’Es del conservatore moderno nella sia forma pura, spogliata degli orpelli che gli uomini politici normalmente usano per nascondere i loro pregiudizi e farli sembrare rispettabili.
Non c’è dubbio che Donald Trump disprezzi la protezione dell’ambiente, in parte, per le ragioni consuete. Ma c’è uno strato aggiuntivo di livore nelle sue prese di posizione a favore dell’inquinamento, che è sia personale che incredibilmente meschino.
Ad esempio, egli ha ripetutamente denunciato le restrizioni che hanno lo scopo di proteggere lo strato dell’ozono – una delle vicende di più grande successo della politica ambientalista globale – perché, ha sostenuto, esse sono la ragione per la quale il suo spray per i capelli non funziona più come un tempo. Non me lo sto inventando.
Egli è anche un nemico acerrimo dell’energia eolica. Gli piace parlare di come le turbine eoliche ammazzino gli uccelli, cosa che talvolta fanno, ma non più degli alti edifici; ma sembra che la sua vera motivazione sia la collera per i tentativi infruttuosi di bloccare uno stabilimento eolico in alto mare, vicino ad uno dei suoi campi da golf in Inghilterra.
E non è importante se i dati di fatto sono di impaccio al suo egocentrismo. Di recente egli ha assicurato il pubblico che non c’era alcuna siccità in California, dove i funzionari pubblici avevano appena rifiutato di attivare l’uso di acqua.
Capisco quanto questo possa apparire ridicolo. Il pianeta può davvero essere in pericolo, perché un individuo ricco si preoccupa della sua acconciatura? Ma i repubblicani si stanno unendo attorno a questo individuo come se fosse un candidato normale. E se i democratici non si uniranno nello stesso modo, egli potrebbe farcela sino alla Casa Bianca.
[1] Nei post di Krugman dei mesi precedenti, comparve un riferimento ad una vicenda del genere: c’erano stati casi di ribellione fomentata da persone della destra, contro regolamenti che proibivano l’uso di alcuni detergenti inquinanti. In particolare, in Oregon c’è stata di recente l’occupazione di un ufficio federale da parte di un gruppo di individui armati che protestavano contro la presenza stessa di tale ufficio o rifugio in un ambiente naturale, nonché per una questione di multe sgradite per le sostanze inquinanti (vedi “Irritazioni fatali” del 5 gennaio 2016, qua tradotto).
By mm
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