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Note sulla Brexit (dal blog di Krugman, 12 giugno 2016)

 

Notes on Brexit

JUNE 12, 2016 1:13 PM

 

I guess it’s time to weigh in on an issue I have mostly been avoiding: Britain’s vote on whether to leave the EU, aka Brexit.

Not to keep you in suspense: if I had a vote, I’d vote “remain.” But I wouldn’t be as enthusiastic as I’d like – and if “remain” wins, as I hope it does, I’ll still feel a sense of dread about what the future holds.

Why? Some notes on the issue:

1.Conventional trade analysis says that unless Britain can make a deal that essentially preserves full access to the EU – which seems unlikely given what a “leave” vote would do to relations — Brexit would make Britain poorer, on a sustained basis, than it would otherwise have been. I’ve done my own back of the envelope calculation, and come up with a sustained 2 percent of GDP loss; this is in the same range as other calculations. The number isn’t at all a hard fact – it could be smaller, but it could also be bigger — but the direction is completely clear.

2.On top of these conventional losses, there’s the special issue of the City of London, which looms very large in the British economy thanks to huge exports of financial services to the rest of Europe. The City’s role, like that of other financial centers, rests on hard-to-model agglomeration economies. Would the frictions and extra costs of Brexit hurt the City sufficiently to undermine its role, at big cost to the UK? Nobody knows, but if so that could add a lot to the economic costs.

3.Pay no attention to claims that Britain, freed from EU rules, could achieve spectacular growth via deregulation. You say to-mah-to, I say voodoo, and it’s no better than the US version.

4.On the other hand, I would greatly discount claims about dramatic financial crisis or whatever. Maybe the pound would fall – but for a country that borrows in its own currency and has an excessive current account deficit, that’s a good thing.

5.It’s also true that the economic impact of Brexit would fall quite differently on different groups within Britain. The City and those whose incomes are tied to its fortunes would probably lose badly, but some regions of the country might actually benefit from a weaker pound.

6.Despite such distributional issues, the straight economics is pretty clearly on the side of Remain. Why, then, am I at all ambivalent? Because the EU is so dysfunctional, and seems utterly resistant to improvement.

7.The euro is the most obvious case: it was a mistake in the first place, and this mistake was greatly compounded by the handling of the post-2009 crisis. A big technical problem of adjustment after a sudden stop in capital flows was turned into a morality play requiring destructive austerity. And there is no hint outside the ECB that any of the major players have learned anything from the debacle.

8.But it’s not just the euro. The EU seems unable to come to grips with migration issues – not just the refugee crisis, but the interaction among extensive welfare states, large internal income disparities, and open borders. I’m sure anti-European forces are exaggerating the burden created for Britain by migrants from eastern Europe, but it’s a flash point to which the EU doesn’t seem able to respond.

9.So something has to give. I’d like to imagine that a close Brexit vote in favor of Remain would be a wake-up call – but there have been many such calls in recent years, and nothing seems to happen.

10.And yet, and yet – the European project has been a source of tremendous good in the world, and it’s still very important. The EU has historically been a key force, not just for increased trade, but for democratization. Even when it falls short, as it has when dealing with the rise of authoritarianism in Hungary and now Poland, the EU and its institutions are an important restraint. If Brexit greatly damages the European project, it would open the door to a lot of ugliness.

11.So I would vote Remain, but with some feelings of despair, because what I’d be voting to remain with is a system that desperately needs reform but shows little sign of reforming.

 

Note sulla Brexit

Suppongo sia venuto il momento di intervenire su un tema che sto quasi del tutto evitando: il voto britannico sull’uscita dall’UE, anche detto Brexit.

Per non tenervi in suspense: se potessi votare, voterei per ‘restare’. Ma non sarei così entusiasta come mi piacerebbe essere – e se il rimanere nell’UE vince, come spero accada, manterrò una sensazione di paura su ciò che ci riserva il futuro.

Perché? Alcuni appunti sul tema:

1 – Una convenzionale analisi commerciale dice che, a meno che l’Inghilterra non possa fare un accordo che sostanzialmente preservi un accesso completo all’UE – che sembra improbabile dati gli effetti di un voto per l’uscita provocherebbe sulle relazioni – la Brexit renderebbe l’Inghilterra più povera di quello che altrimenti sarebbe, per un periodo prolungato. Ho fatto alcuni calcoli su due piedi, e sono pervenuto ad una prolungata perdita del 2 per cento del PIL; che è nella stessa dimensione di altri calcoli. Il dato non è affatto così pesante – potrebbe essere più piccolo, ma anche più grande – ma la direzione è del tutto chiara.

2 – In cima a queste perdite convenzionali, ci sarebbe la questione specifica della City di Londra, che incombe in modo assai ampio sull’economia inglese grazie alla vasta esportazione di servizi finanziari nel resto dell’Europa. Il ruolo della City, come quello di altri centri finanziari, si fonda su economie di agglomerazione [1] difficili da modellare. Le frizioni ed i costi aggiuntivi della Brexit danneggerebbero la City a tal punto da mettere in crisi in suo ruolo, con un grande costo per il Regno Unito? Nessuno lo sa, ma se così fosse i costi economici crescerebbero di molto.

3 – Non tenete in nessun conto gli argomenti secondo i quali, liberata dalle regole dell’UE, l’Inghilterra potrebbe ottenere una crescita straordinaria attraverso la deregolamentazione. Voi potete dire “se non è zuppa è pan bagnato”, io la chiamo economia ‘voodoo’, e non è meglio della versione americana [2].

4 – D’altra parte, ridimensionerei di molto le pretese su una spettacolare crisi finanziaria o cose simili. Forse la sterlina potrebbe calare – ma per un paese che si indebita nella propria valuta ed ha un deficit di conto corrente eccessivo, quella è una cosa positiva.

5 – È anche vero che l’impatto economico della Brexit produrrebbe effetti abbastanza diversi sui differenti gruppi sociali all’interno dell’Inghilterra. La City e coloro i cui redditi sono collegati alle sue fortune probabilmente perderebbero pesantemente, ma alcune regioni del paese potrebbero in effetti trarre vantaggio da una sterlina più debole.

6 – Nonostante tali aspetti distributivi, una analisi economica normale è abbastanza chiaramente a favore del ‘rimanere’. Perché, dunque, sono del tutto ambivalente? Perché l’UE è talmente disfunzionale, e sembra del tutto impermeabile al miglioramento.

7 – L’euro è l’esempio più evidente: anzitutto è stato un errore, e questo errore venne grandemente aggravato dalla gestione della crisi successiva al 2009. Un grande problema tecnico dopo un blocco improvviso nei flussi dei capitali venne trasformato in un racconto moraleggiante che richiedeva una austerità distruttiva. E, ad eccezione della BCE, non c’è alcun cenno che nessuno dei principali protagonisti abbia imparato niente dal disastro.

8 – Ma non si tratta solo dell’euro. L’Unione Europea sembra incapace di fare i conti con i temi dell’emigrazione – non solo la crisi dei rifugiati, ma l’interazione tra ampi stati assistenziali, grandi disparità di reddito all’interno e i confini aperti. Sono certo che le forze antieuropee stanno esagerando il peso creato all’Inghilterra dagli emigranti provenienti dall’Europa dell’Est, ma esso è un punto critico al quale non sembra che l’UE sia capace di rispondere.

9 – Dunque, qualcosa si deve concedere. Mi piacerebbe immaginare che un risultato di misura a favore del ‘rimanere’ possa essere un campanello di allarme – ma negli anni recenti ci sono stati molti allarmi del genere, e sembra che non sia successo niente.

10 – E tuttavia, e tuttavia – il progetto europeo è stato una grande sorgente di cose positive nel mondo, ed è ancora importantissimo. L’UE è stata storicamente una forza fondamentale, non solo per la crescita dei commerci, ma per la democratizzazione. Persino quando essa non è all’altezza, come nel modo i cui si misura con la crescita dell’autoritarismo in Ungheria e adesso in Polonia, l’Unione Europea e le sue istituzioni sono un vincolo importante. Se la Brexit danneggiasse grandemente il progetto europeo, aprirebbe la porta ad una gran quantità di brutte cose.

11 – Dunque, io voterei per restare, ma con un certo senso di angoscia, giacché quello in cui voterei di restare è un sistema che ha disperatamente bisogno di essere riformato, ma mostra pochi segni di riforma.

 

[1] Si tratta dei benefici che le imprese traggono dall’operare una vicina all’altra, in sistemi di rete.

[2] “To-mah-to” è una espressione inglese (viene dalle parole di una canzone di George Gershwin) ed ha il significato di indicare due modi leggermente diversi per riferirsi alla stessa cosa; nel caso, per indicare due diverse pronunce della parola ‘pomodoro’. In Krugman, ‘economia voodoo’ è piuttosto riferita alle impossibili magie delle economie conservatrici reaganiane di taglio delle tasse ai più ricchi.

 

 

 

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