JUL 18 2:38 PM
Norm Ornstein has a piece in Vox laying out, once again, his (and Mann’s) thesis that the GOP went off the rails, becoming a radical party with little regard for truth, a long time ago. He’s right, of course; I’ve been saying much the same thing since the early 2000s, notably in the introduction to my book The Great Unraveling.
My reward, by the way, was to be labeled “shrill”; and at the risk — actually not the risk, the certainty — of sounding whiny, I’m still generally treated as having overstepped the boundaries even though everything I said back then is now becoming more or less conventional wisdom. I guess I was a premature anti-GOPist. In fact, can’t help noticing something about this graf from Norm himself:
We came to our blunt conclusions from perches inside the belly of the beast, observing, analyzing, and interacting with the top political figures in Congress and the executive branch since 1969. Other scholars and journalists, including Jonathan Chait, James Fallows, Jacob Hacker, and Paul Pierson had paved the way with observations and analyses similar to ours.
OK, whining over. What I want to talk about is when, exactly, the GOP went over the edge. Obviously it didn’t happen all at once. But I think the real watershed came in 1980-81, when supply-side economics became the party’s official doctrine.
I’m not sure, even now, whether people who aren’t involved in economic policy discussion understand that supply-side wasn’t a doctrine like monetarism or even real business cycles — ideas I may think are wrong, but which had and to some extent still have significant support from professionals in the field. Supply-side economics never had any evidence behind it; it never had any support in academic research; it barely even had any support among economic researchers and forecasters in the business world. It was and remains crank economics pure and simple, with nothing going for it except political convenience.
Yet 35 years ago the GOP was already willing to embrace this doctrine because it was politically convenient, and could be used to justify tax cuts for the rich, which have always been the priority.
And given this, why should anyone be surprised at all the reality denial and trashing of any kind of evidence that followed? You say economics is a pseudo-science? Fine. First they came for the economists; then they came for the climate scientists and the evolutionary biologists.
Now comes Trump, and the likes of George Will, climate denier, complain that he isn’t serious. Well, what did you think was going to happen?
Il peccato originale del Partito Repubblicano
Norm Ornstein ha un articolo su Vox nel quale espone ancora una volta la sua tesi (e quella di Mann) secondo la quale il Partito Repubblicano è uscito dai binari, diventando un partito radicale con poco riguardo per la verità, molto tempo fa. Ha ragione, naturalmente; vengo dicendo la stessa cosa dagli inizi degli anni 2000, in particolare nella introduzione del mio libro “The Great Unraveling” [1].
La mia ricompensa, per inciso, fu di essere etichettato come “fastidioso”; e a rischio di apparire lamentoso – per la verità non il rischio, la certezza – sono ancora in generale trattato come se fossi andato oltre i limiti, anche se ogni cosa che dissi allora sta ora diventando più o meno un punto di vista convenzionale. Suppongo di essere stato un republicanista prematuro. Di fatto, può non posso fare a meno di osservare questo passo dallo stesso articolo di Norm:
“Siamo arrivati alle nostre brusche conclusioni dopo esserci installati nella tana del lupo, osservando, analizzando e interagendo con i principali personaggi poliitci del Congresso e i dirigenti del ramo esecutivo a partire dal 1969. Altri studiosi e giornalisti, come Jonathan Chait, James Fallaws, Jacob Hacker e Paul Pierson hanno preparato la strada con osservazioni e analisi simili alle nostre”.
Va bene, andiamo oltre le lamentele. Quello di cui viglio ragionare è quando, esattamente, il Partito Repubblicano ha superato questo limite. Naturalmente, non accadde tutto a un tratto. Ma io credo che il vero spartiacque fu nel 1980-1981, quando l’economia dal lato dell’offerta divenne la dottrina ufficiale del Partito [2].
Non sono sicuro, persino a questo punto, se le persone che non sono coinvolte nel dibattito di politica economica capiscano che l’economia dal lato dell’offerta non fu una dottrina come il monetarismo o anche come i cicli reali dell’economia – idee che possono essere sbagliate, ma che hanno avuto e in qualche misura hanno un sostegno significativo tra i professionisti della disciplina. L’economia dal lato dell’offerta non ha mai avuto alcuna prova alle sue spalle; non ha mai avuto alcun sostegno nella ricerca accademica: ha appena avuto un qualche sostegno tra i ricercatori economici e i previsori del mondo delle imprese. È stata e rimane una pura e semplice economia da ciarlatani, con niente che la incoraggiava se non la convenienza politica.
Tuttavia, 35 anni orsono il Partito Repubblicano era già disponibili ad abbracciare questa dottrina perché era politicamente conveniente, e poteva essere usata per giustificare gli sgravi fiscali verso i ricchi, che sono sempre stati la priorità.
Dato questo, perché chiunque dovrebbe affatto sorprendersi del negazionismo della realtà e del rigetto di ogni genere di prova che ne è seguito? Si dice che l’economia è una pseudoscienza. Bene. Anzitutto accadde agli economisti; poi accadde agli scienziati del clima e ai biologi dell’evoluzionismo.
Ora arriva Trump, e i soggetti come Geroge Will, un negazionista del riscaldamento climatico, si lamentano che non è serio. Ebbene, cosa vi aspettavate che accadesse?
[1] In italiano tradotto da Laterza con il titolo “La deriva americana”.
[2] Il 1981 è l’anno in cui Ronald Reagan diventa per la prima volta Presidente degli Stati Uniti (otterrà un secondo mandato e durerà in carica sino al 1989). Nonostante che talora la “economia dal lato dell’offerta” venga presentata per le sue originarie connessioni con i teorici della scuola ‘austriaca’, e con studiosi come Schumpeter, negli anni ’80 essa coincide con la prima aperta formulazione dell’idea che l’unica politica economica efficace sia quella degli sgravi fiscali sui più ricchi. In un certo senso, l’idea abbastanza antica che gli unici fattori che contano nella evoluzione economica siano quelli ‘reali’ (tecnologie, demografia, grandi sconvolgimenti etc.), viene confezionata in un nuovo modo radicalmente semplicistico: l’unica politica economica utile è favorire i redditi ed i profitti delle classi abbienti, unico orizzonte reale dell’economia.
By mm
E' possibile commentare l'articolo nell'area "Commenti del Mese"