Paul Krugman JULY 18, 2016
When Donald Trump began his run for the White House, many people treated it as a joke. Nothing he has done or said since makes him look better. On the contrary, his policy ignorance has become even more striking, his positions more extreme, the flaws in his character more obvious, and he has repeatedly demonstrated a level of contempt for the truth that is unprecedented in American politics.
Yet while most polls suggest that he’s running behind in the general election, the margin isn’t overwhelming, and there’s still a real chance that he might win. How is that possible? Part of the answer, I’d argue, is that voters don’t fully appreciate his awfulness. And the reason is that too much of the news media still can’t break with bothsidesism — the almost pathological determination to portray politicians and their programs as being equally good or equally bad, no matter how ludicrous that pretense becomes.
Just to be clear, I’m not arguing that distorted news coverage is the whole story, that nobody would support Trumpism if the media were doing their job. The presumptive Republican nominee wouldn’t have gotten this far if he weren’t tapping into some deep resentments. Furthermore, America is a deeply divided country, at least in its political life, and the great majority of Republicans will support their party’s nominee no matter what. Still, the fact is that voters who don’t have the time or inclination to do their own research, who get their news analysis from TV or regular news pages, are fed a daily diet of false equivalence.
This isn’t a new phenomenon. During the 2000 campaign George W. Bush was flatly dishonest about his policy proposals; his numbers didn’t add up, and he claimed repeatedly that his tax cuts, which overwhelmingly favored the 1 percent, were aimed at the middle class. Yet mainstream coverage never made this clear. In frustration, I wrote at the time that if a presidential candidate were to assert that the earth was flat, news analysis articles would have the headline “Shape of the planet: Both sides have a point.”
And Mr. Trump is far from being the only current political figure who benefits from the determination to find balance where none exists. Paul Ryan, the speaker of the House, has a reputation as a policy wonk, committed to fiscal responsibility, that is utterly incomprehensible if you look at the slapdash, fundamentally dishonest policy documents he actually puts out. But the cult of balance requires that someone on the Republican side be portrayed as a serious, honest fiscal expert, so Mr. Ryan gets slotted into that role no matter how much a con man he may be in reality.
Still, there are con men, and then there are con men. You might think that Donald Trump, who lies so much that fact-checkers have a hard time keeping up, who keeps repeating falsehoods even after they’ve been proved wrong, and who combines all of this with a general level of thuggishness aimed in part at the press, would be too much even for the balance cultists to excuse.
But you would be wrong.
To be fair, some reporters and news organizations try to point out Trump statements that are false, frightening, or both. All too often, however, they still try to maintain their treasured balance by devoting equal time — and, as far as readers and viewers can tell, equal or greater passion — to denouncing far less important misstatements from Hillary Clinton. In fact, surveys show that Mrs. Clinton has, overall, received much more negative coverage than her opponent.
And in the last few days we’ve seen a spectacular demonstration of bothsidesism in action: an op-ed article from the incoming and outgoing heads of the White House Correspondents’ Association, with the headline “Trump, Clinton both threaten free press.” How so? Well, Mr. Trump has selectively banned news organizations he considers hostile; he has also, although the op-ed didn’t mention it, attacked both those organizations and individual reporters, and refused to condemn supporters who, for example, have harassed reporters with anti-Semitic insults.
Meanwhile, while Mrs. Clinton hasn’t done any of these things, and has a staff that readily responds to fact-checking questions, she doesn’t like to hold press conferences. Equivalence!
Stung by criticism, the authors of the op-ed issued a statement denying that they had engaged in “false equivalency” — I guess saying that the candidates are acting “similarly” doesn’t mean saying that they are acting similarly. And they once again refused to indicate which candidate was behaving worse.
As I said, bothsidesism isn’t new, and it has always been an evasion of responsibility. But taking the position that “both sides do it” now, in the face of this campaign and this candidate, is an act of mind-boggling irresponsibility.
‘Ponziopilatismo’ [1] a questo punto? di Paul Krugman
New York Times 18 luglio 2016
Quando Donald Trump cominciò la sua corsa per la Casa Bianca, molte persone lo considerarono uno scherzo. Niente di quello che ha fatto o detto da allora lo ha messo in una luce migliore. Al contrario, la sua ignoranza politica è apparsa persino più sorprendente, le sue posizioni più estremiste, i difetti del suo carattere più evidenti, ed ha dimostrato un livello di disprezzo della verità senza precedenti nella politica americana.
Tuttavia, mentre la maggioranza dei sondaggi indica che nelle elezioni generali arranca, il margine non è schiacciante e c’è una reale possibilità che possa vincere. Come è possibile? Direi che in parte la risposta è che gli elettori non apprezzano pienamente quanto sia terribile. E la ragione è che gran parte dei servizi giornalistici ancora non possono smetterla di considerare i due schieramenti sullo stesso piano – la determinazione quasi patologica a ritrarre i politici ed i loro programmi egualmente buoni o egualmente cattivi, a prescindere da quanto questa pretesa sia sempre più comica. Per esser chiaro, non sto sostenendo che la distorta copertura dei notiziari spieghi tutto, che nessuno sosterrebbe il ‘trumpismo’ se i media facessero il loro lavoro. Il probabile candidato repubblicano non sarebbe arrivato a questo punto se non si fosse inserito in alcuni rancori profondi. L’America, inoltre, è un paese profondamente diviso, almeno nella sua vita politica, e la grande maggioranza dei repubblicani sosterrà il candidato del proprio partito, chiunque sia. Ciononostante, il fatto è che elettori che non hanno il tempo o l’attitudine a fare proprie ricerche, che prendono le loro analisi sulle novità dalla televisione o dai normali notiziari, sono alimentati con dosi quotidiane di quella falsa equivalenza.
Non è un fenomeno nuovo. Durante la campagna elettorale del 2000 George W. Bush fu completamente disonesto nelle sue proposte politiche; i suoi numeri non tornavano ed egli sostenne ripetutamente che i suoi sgravi fiscali, che favorivano di gran lunga l’uno per cento dei più ricchi, fossero indirizzati alla classe media. Tuttavia, i resoconti prevalenti non fecero mai chiarezza. Scrissi allora, in piena frustrazione, che se il candidato repubblicano avesse sostenuto che la terra era piatta, gli articoli dei notiziari avrebbero avuto per titolo: “La forma del Pianeta: ambedue gli schieramenti hanno il loro punto di vista”.
E il signor Trump non è certo l’unico personaggio che attualmente trae vantaggio dalla insistenza a vedere somiglianze dove non ci sono. Paul Ryan, il Presidente della Camera dei Rappresentanti, ha una reputazione di uomo politico competente, devoto alla responsabilità nella finanza pubblica, reputazione che è completamente incomprensibile se si guarda ai documenti politici abborracciati, fondamentalmente disonesti che effettivamente mette in circolazione. Ma il culto dell’equilibrio richiede che qualcuno dal lato dei repubblicani venga ritratto come un serio, onesto esperto finanziario, dunque il signor Ryan si è infilato in quel ruolo a prescindere da quanto sia nei fatti un imbroglione. Eppure, ci sono imbroglioni e imbroglioni. Potreste pensare che Donald Trump, che dice così tante bugie che coloro che verificano le affermazioni [2] degli uomini politici fanno fatica a seguirlo, che continua a ripetere falsità anche dopo che si sono dimostrate sbagliate, e che combina tutto questo con un livello generale di aggressività in parte rivolto alla stampa, sia troppo per giustificare persino i seguaci dell’equilibrismo. Ma avreste torto.
A dire il vero, alcuni giornalisti e componenti delle redazioni cercano di mettere in evidenza le affermazioni di Trump che sono non veritiere, minacciose, o entrambe le cose. Tuttavia, troppo spesso essi cercano ancora di mantenere il loro prezioso equilibrio nel dedicare lo stesso tempo – e, per quanto possano distinguere i lettori e gli spettatori, una eguale se non maggiore passione – nel denunciare molto meno importanti affermazioni inesatte da parte di Hillary Clinton. Di fatto, i sondaggi dimostrano che la Clinton ha ricevuto, nel complesso, molta maggiore attenzione negativa del suo rivale.
E negli ultimi giorni abbiamo assistito ad una dimostrazione spettacolare di questo ‘ponziopilatismo’ in azione: un articolo della pagina dei commenti da parte del Presidente e del Vicepresidente [3] della Associazione dei corrispondenti della Casa Bianca, con il titolo “Trump e la Clinton minacciano entrambi la libera stampa”. Cosa è accaduto? Ebbene, Trump ha selettivamente espulso associazioni redazionali che considera ostili; egli ha anche attaccato, sebbene il commento non ne faccia menzione, sia quelle associazioni che i singoli giornalisti, ed ha rifiutato di condannare i sostenitori che, ad esempio, hanno offeso i giornalisti con insulti anti semiti.
Nello stesso tempo, mentre la Clinton non ha fatto niente del genere, ed ha uno staff che risponde prontamente alle domande di coloro che sono addetti alle verifiche di correttezza, a lei non piace tenere conferenze stampa. Dunque: equivalenza!
Punti dalle critiche, gli autori del commento hanno distribuito una dichiarazione nella quale negano di essersi resi responsabili di “falsa equivalenza” – suppongo che dire che i candidati agiscono “similmente” non voglia dire che agiscono in modo simile. E ancora una volta si sono rifiutati di indicare quale candidato si sia comportato in modo peggiore.
Come ho detto, il ‘ponziopilatismo’ non è nuovo, ed ha sempre costituito una fuga dalla responsabilità. Ma prendere a questo punto la posizione secondo la quale “lo fanno entrambi gli schieramenti’, di fronte a questa campagna elettorale e a questo candidato, è un atto di stupefacente irresponsabilità.
[1] Mi pare che non sia il caso di inventare un neologismo che indichi la tendenza a distribuire le responsabilità in modo uguale tra i due schieramenti, dato che nel nostro linguaggio già esiste l’efficacissimo riferimento a Ponzio Pilato. Ovvero, ad un caso nel quale non poteva esserci proprio nessun pretesto di “simmetria”, tra Cristo e il ladrone.
[2] “Fact-checkers” – i ‘controllori del fatto’ – è una espressione precisa, che si riferisce cioè ad una precisa funzione redazionale che consiste nel compiere accertamenti ‘di verità’ sulle affermazioni degli uomini politici.
[3] Questo è il loro ruolo, da quanto comprendo da una breve ricerca. Può darsi che di recente si siano avvicendati nelle funzioni di guida dell’Associazione, il che spiega perché vengano definiti “subentrante e uscente” (“incoming and outgoing”).
By mm
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