AUG 15 4:26 PM
So, there’s a new conservative take on who’s to blame for Donald Trump — and the answer, it turns out, is liberal commentators, and me in particular. Yep, by denouncing the dishonesty of people like Mitt Romney, I was crying wolf, so that voters paid no attention to warnings about Trump.
Actually, even if you leave aside the substance, this is bizarre. Do you really think that the fraction of the Republican primary electorate that selected Trump cares what New York Times columnists, me in particular, have to say — that they would have been warned off if only I had been nicer to establishment Republicans? That doesn’t even rise to the level of a joke.
But anyway, let’s talk about what I said about Romney. (By the way, I don’t think I referred to him as a “charlatan” — I used that word to refer to supply-side economists, because that’s what Greg Mankiw, who was advising his campaign, called them.) Here’s a key passage:
Every one of the Romney campaign’s major themes, from the attacks on President Obama for going around the world apologizing for America (he didn’t), to the insistence that Romneycare and Obamacare are very different (they’re virtually identical), to the claim that Mr. Obama has lost millions of jobs (which is only true if you count the first few months of his administration, before any of his policies had taken effect), is either an outright falsehood or deeply deceptive. Why the nonstop mendacity?
Is there anything wrong with that passage? The “apology tour” thing was a constant refrain, even though Politifact declared it pants on fire. So were the Romneycare not Obamacare and job loss things, which were equally false. So what is the assertion here? That I should not have called Romney out on lies, because that would undermine my authority when a much bigger liar came along?
How about a different hypothesis: the foundations for Trumpism were laid in part by conservatives who made dishonesty about policy a routine part of Republican politics, and also both-sides-do-it journalists who enabled that culture of lying. This left the Republican establishment helpless in the fact of someone who lied as much in a day as they did in a week, because they couldn’t credibly make the case that policy dishonesty was disqualifying.
Actually, I don’t fully believe in this hypothesis either; mainly, Trumpism is the GOP’s id triumphing over its weak superego, which was probably destined to happen regardless. But it’s a lot more plausible than blaming little old me.
Bugie, bugiardi che mentono e Donald Trump
C’è dunque una nuova posizione dei conservatori su chi incolpare per Donald Trump – e viene fuori che la risposta sono i commentatori progressisti, e il sottoscritto in particolare. Per la miseria, denunciando la disonestà di persone come Mitt Romney, ho creato allarmismo, cosicché gli elettori non hanno prestato attenzione agli ammonimenti su Trump.
In effetti, anche se lasciate da parte la sostanza, è una cosa bizzarra. Davvero si ritiene che la parte dell’elettorato repubblicano delle primarie che ha scelto Trump si curi di quello che hanno da dire gli articolisti del New York Times, e il sottoscritto in particolare – al punto che sarebbero stati dissuasi soltanto se fossi stato più gentile con il gruppo dirigente repubblicano? È un ragionamento che non sembra neppure uno scherzo.
Ma, in ogni modo, parliamo di quello che ho detto su Romney (per inciso, non penso di essermi riferito a lui come ad un “ciarlatano” – ho usato quel termine per riferirmi agli economisti ‘dal lato dell’offerta’, giacché in quel modo li aveva chiamati George Mankiw, che in quella campagna era suo consigliere). Ecco un passaggio chiave:
“Tutti i temi principali della campagna di Romney, dagli attacchi al Presidente Obama per essere andato in giro per il mondo a scusarsi per conto dell’America (cosa che non ha fatto), alla insistenza secondo la quale la riforma sanitaria di Romney e quella di Obama sarebbero diversissime (sono virtualmente identiche [1]), alla pretesa secondo la quale Obama avrebbe perso milioni di posti di lavoro (che è vero soltanto se si mettono nel conto i primissimi mesi della sua Amministrazione, prima che ognuna delle sue politiche entrasse in funzione), sono o apertamente false, oppure profondamente strumentali. Perché questa menzogna senza limiti?”
C’è qualcosa di sbagliato in questo passaggio? Il “tour delle scuse” è stato un ritornello costante, anche se Politifact [2] aveva dichiarato che si trattava di menzogne assolute [3]. Altrettanto erano falsi gli argomenti sulle differenze tra i due modelli di riforma sanitaria e sulla perdita di posti di lavoro. Dunque, cosa si pretende di affermare in questo caso? Che io non avrei dovuto chieder conto a Romney per quelle bugie, giacché avrei messo a repentaglio la mia autorità quando fosse comparsa una bugia più grande?
Che ne direste di una ipotesi diversa: che i fondamenti per il trumpismo sono in parte stati gettati dai conservatori che hanno reso la disonestà nella politica un aspetto consueto della politica repubblicana, ed anche dai giornalisti per i quali ‘sono tutti uguali’, che in tal modo rendono possibile la cultura della menzogna? È questo che ha lasciato disarmato il gruppo dirigente repubblicano dinanzi al fenomeno di qualcuno che in un giorno solo ha detto altrettante bugie di quelle che loro dicevano in una settimana, giacchè essi non hanno potuto credibilmente usare l’argomento secondo il quale la disonestà è qualcosa che squalifica.
Per la verità, io non credo neanche interamente in questa seconda ipotesi; principalmente perché il Trumpismo costituisce l’Es del Partito Repubblicano che trionfa sul loro debole Superego, il che probabilmente era destinato ad accadere a prescindere. Ma ciò è molto più plausibile che dar la colpa ad un vecchietto come me.
[1] Si ricorderà che questo argomento venne molto ripetuto da Krugman nel corso delle presidenziali del 2012. Egli si riferiva al fatto che nello Stato governato da Romney era stata approvata una riforma sanitaria secondo un modello che sarebbe poi risultato assai simile a quello della riforma di Obama. Ma a Romney quella somiglianza, nella campagna elettorale, provocava solo imbarazzo, perché la riforma obamiana era al centro degli attacchi repubblicani.
[2] Una agenzia informativa che basa la propria attività su una costante analisi di corrispondenza alla realtà delle affermazioni degli uomini politici. Per effetto della sua sistematicità ed indipendenza è assai autorevole.
[3] L’espressione (“Liar, liar, pants on fire”) è una specie di ritornello di fanciulli, che letteralmente significa “Bugiardo, bugiardo, ti vanno a fuoco i pantaloni!”. Noi potremmo dire “Ti si allunga il naso!”.
By mm
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