Paul Krugman AUG. 19, 2016
More than two and a half years have gone by since the Affordable Care Act, a.k.a. Obamacare, went fully into effect. Most of the news about health reform since then has been good, defying the dire predictions of right-wing doomsayers. But this week has brought some genuine bad news: The giant insurer Aetna announced that it would be pulling out of many of the “exchanges,” the special insurance markets the law established.
This doesn’t mean that the reform is about to collapse. But some real problems are cropping up. They’re problems that would be relatively easy to fix in a normal political system, one in which parties can compromise to make government work. But they won’t get resolved if we elect a clueless president (although he’d turn to terrific people, the best people, for advice, believe me. Not.). And they’ll be difficult to resolve even with a knowledgeable, competent president if she faces scorched-earth opposition from a hostile Congress.
The story so far: Since Obamacare took full effect in January 2014, two things have happened. First, the percentage of Americans who are uninsured has dropped sharply. Second, the growth of health costs has slowed sharply, so that the law is costing both consumers and taxpayers less than expected.
Meanwhile, the bad things that were supposed to happen didn’t. Health reform didn’t cause the budget deficit to soar; it didn’t kill private-sector jobs, which have actually grown more rapidly since Obamacare went into effect than at any time since the 1990s. Evidence also is growing that the law has meant a significant improvement in both health and financial security for millions, probably tens of millions, of Americans.
So what’s the problem?
Well, Obamacare is a system that relies on private insurance companies to provide much of its expanded coverage (not all, because expanded Medicaidis also a big part of the system). And many of these private insurers are now finding themselves losing money, because previously uninsured Americans who are signing up turn out to have been sicker and more in need of costly care than we realized.
Some insurers are responding by hiking premiums, which were initially set well below what the law’s framers expected. And some insurers are simply pulling out of the system.
In Aetna’s case there’s reason to believe that there was also another factor: vindictiveness on the part of the insurer after antitrust authorities turned down a proposed merger. That’s an important story, but not central to the broader issue of health reform.
So how bad is the problem?
Much of the new system is doing pretty well — not just the Medicaid expansion, but also private insurer-based exchanges in big states that are trying to make the law work, California in particular. The bad news mainly hits states that have small populations and/or have governments hostile to reform, where the exit of insurers may leave markets without adequate competition. That’s not the whole country, but it would be a significant setback.
But it would be quite easy to fix the system. It seems clear that subsidies for purchasing insurance, and in some cases for insurers themselves, should be somewhat bigger — an affordable proposition given that the program so far has come in under budget, and easily justified now that we know just how badly many of our fellow citizens needed coverage. There should also be a reinforced effort to ensure that healthy Americans buy insurance, as the law requires, rather than them waiting until they get sick. Such measures would go a long way toward getting things back on track.
Beyond all that, what about the public option?
The idea of allowing the government to offer a health plan directly to families was blocked in 2010 because private insurers didn’t want to face the competition. But if those insurers aren’t actually interested in providing insurance, why not let the government step in (as Hillary Clinton is in fact proposing)?
The trouble, of course, is Congress: If Republicans control one or both houses, it’s all too likely that they’ll do what they do best — try to sabotage a Democratic president through lack of cooperation. Unless it’s such a wave election that Democrats take the House, or at least can claim an overwhelming mandate, the obvious fixes for health reform will be off the table.
That said, there may still be room for action at the executive level. And I’m hearing suggestions that states may be able to offer their own public options; if these proved successful, they might gradually become the norm.
However this plays out, it’s important to realize that as far as anyone can tell, there’s nothing wrong with Obamacare that couldn’t be fairly easily fixed with a bit of bipartisan cooperation. The only thing that makes this hard is the blocking power of politicians who want reform to fail.
La riforma sanitaria di Obama batte un colpo, di Paul Krugman
New York Times 19 agosto 2016
Sono passati due anni e mezzo da quando la Legge sulla Assistenza Sostenibile, anche nota come Obamacare, entrò pienamente in funzione. Da allora, gran parte delle notizie sulla riforma sanitaria sono state positive, sfidando le terrificanti previsioni dei profeti di sventura della destra. Ma questa settimana ha portato qualche effettiva cattiva notizia: il gigante delle assicurazioni Aetna ha annunciato che starebbe per ritirarsi da molti dei cosiddetti “borsini” [1], gli speciali mercati assicurativi introdotti dalla legislazione.
Questo non significa che la riforma sia al collasso. Ma stanno spuntando alcuni problemi reali. Sono problemi che si potrebbero risolvere facilmente in un normale sistema politico, nel quale i partiti possono accordarsi su compromessi per consentire al Governo di funzionare. Ma non saranno risolti se eleggiamo un Presidente inetto (anche se egli si rivolgesse per i consigli a persone magnifiche, le migliori persone, credetemi. Come no?). E saranno difficili da risolvere persino con un Presidentessa esperta e competente, se fronteggia una opposizione da terra bruciata da parte di un Congresso ostile.
La storia sino a questo punto: dal momento che la legge di riforma è entrata in funzione nel gennaio del 2014, sono accadute due cose. La prima, la percentuale degli americani non assicurati è calata bruscamente. La seconda, la crescita dei costi della sanità è rallentata nettamente, cosicché la legge sta costando ai consumatori e ai contribuenti meno di quelle che ci si aspettava.
Nel frattempo le cose negative che ci si aspettava accadessero, non ci sono state. La riforma sanitaria non ha fatto salire alle stelle deficit del bilancio; essa non ha distrutto posti di lavoro nel settore privato, che sono cresciuti più rapidamente da quando la legge è entrata in funzione rispetto ad ogni periodo dagli anni ’90. C’è anche la prova che la legge ha comportato un significativo miglioramento nella sicurezza sia sanitaria che economica per milioni, probabilmente per decine di milioni, di americani.
Qual è, dunque, il problema?
Ebbene, la riforma di Obama è un sistema che si basa sulle società assicurative private per fornire una buona parte della sua aumentata copertura (non tutta, perché anche l’espansione di Medicaid è una gran parte del sistema). E molti di questi assicuratori privati stanno adesso scoprendo che stanno perdendo soldi, perché si scopre che gli americani precedentemente non assicurati che si iscrivono erano più ammalati ed avevano bisogno di cure più costose di quello che si pensava.
Alcuni assicuratori stanno rispondendo elevando le polizze, che inizialmente si erano collocate ben al di sotto di quello che i legislatori si aspettavano. Mentre alcuni assicuratori stanno semplicemente ritirandosi dal sistema.
Nel caso di Aetna ci sono ragioni per credere che ci sia un altro fattore: una reazione vendicativa da parte dell’assicuratore, dopo che le autorità dell’antitrust hanno respinto una proposta di fusione. Si tratta di una storia importante, ma non è centrale nella più ampia tematica della riforma sanitaria.
Dunque, quanto è grave il problema?
Gran parte del nuovo sistema sta funzionando abbastanza bene – non solo l’espansione di Medicaid, ma anche le ‘borse’ sanitarie basate su assicurazioni nei grandi Stati che stanno cercando di far funzionare la legge, la California in particolare. Le notizie negative principalmente riguardano Stati che hanno un numero modesto di cittadini e/o Governi ostili alla riforma, dove l’uscita di assicuratori può lasciare i mercati privi di adeguata competizione. Non si tratta dell’intero paese, ma sarebbe un intoppo significativo.
Eppure sarebbe abbastanza semplice correggere il sistema. Sembra chiaro che i sussidi per acquistare le assicurazioni, e in qualche caso per gli stessi assicuratori, dovrebbero essere in qualche modo maggiori – un concetto sostenibile, dato che sinora il programma è risultato disponibile al di sotto delle previsioni di bilancio, e facilmente giustificabile, ora che sappiamo quanto fosse grave il bisogno di una copertura assicurativa per molti nostri concittadini. Ci dovrebbe anche essere uno sforzo aggiuntivo per fare in modo che gli americani in salute acquistino l’assicurazione, anziché aspettare finché non si ammalano. Tali misure produrrebbero un notevole effetto nel rimettere le cose in carreggiata.
Oltre tutto ciò, che dire della opzione pubblica?
L’idea di consentire al Governo di offrire direttamente un programma sanitario alle famiglie venne bloccata nel 2010, perché gli assicuratori privati non volevano affrontare la concorrenza. Ma se quegli assicuratori non sono effettivamente interessati a fornire assicurazione, perché non consentire che la amministrazione pubblica si faccia avanti (come Hillary Clinton sta in sostanza proponendo)?
Il problema, naturalmente, è il Congresso: se i repubblicani avranno il controllo di uno o di entrambi i rami del Congresso, è anche troppo probabile che faranno quello che riesce loro meglio – cercare di sabotare un Presidente democratico negando ogni collaborazione. Senza un tale ondata elettorale che consenta ai democratici il controllo della Camera dei Rappresentanti, o almeno che possano sostenere un mandato schiacciante, i rimedi ovvi per la riforma sanitaria saranno indisponibili.
Ciò detto, c’è ancora spazio per una iniziativa al livello esecutivo. Si sentono suggerimenti secondo i quali gli Stati potrebbero essere nelle condizioni di offrire loro opzioni pubbliche; se queste avessero successo, potrebbero gradualmente diventare la norma.
Comunque vada a finire, è importante comprendere che qualunque cosa si dica, non c’è niente di sbagliato nella riforma sanitaria di Obama che non possa essere rimediato con un po’ di collaborazione bipartisan. La sola cosa che rende tutto questo difficile sono gli uomini politici che vogliano che la riforma fallisca.
[1] Nel senso di “borse”, che è un significato possibile di “Exchange”, ovvero di mercati nei quali si incontra la domanda e l’offerta sanitaria. Sono fondamentalmente siti, introdotti dalla legislazione di Obama, nei quali coloro che sono alla ricerca della soluzione assicurativa più adatta vengono a conoscenza delle condizioni, ed anche delle possibilità di ottenere sussidi da parte dello Stato in base alle condizioni di reddito, sino a contrattare le assicurazioni preferite. Possono identificarsi con il sito ‘federale’, che agli inizi funzionò piuttosto male per problemi tecnici, o anche con siti ‘statali’.
By mm
E' possibile commentare l'articolo nell'area "Commenti del Mese"