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L’economia a un punto fermo (dal blog di Krugman, 20 agosto 2016)

 

The Gridlock Economy

 AUGUST 20, 2016 11:08 AM 

 

Duncan Weldon has a good think-piece on the peculiar circumstances that have brought negative interest rates to much of the advanced world. As he points out, it’s not just weak investment demand, with a strong whiff of secular stagnation; it’s also the choice of major economies to offer a response that

has been increasingly reliant on monetary policy to accelerate it with fiscal policy acting as brake (or at best staying neutral). This (and most of this post) applies especially in the Europe and to a lesser extent in the US.

He then points to what he considers a puzzle: given that very low interest rates hurt affluent (but not super-rich) older people, who tend to wield outsized political clout, why does this policy mix persist?

I agree that it’s a very good question, but not, I think, all that puzzling.

First of all, Weldon is presuming that older voters understand something about macroeconomic policies and what they do. No doubt there are some such people; but we know from polling that the general public is always and everywhere afraid of budget deficits and addicted to the household analogy. Furthermore, my impression — from watching CNBC now and then, looking at pop-up ads on web sites, overhearing conversations in barber shops, and other scientific methods — is that older people who do pay attention to economic debates are far more likely to say “Hyperinflation is coming! Ron Paul says so!” than they are to say, “I wish the government would increase the supply of safe assets.”

There’s also the role of Very Serious People, for whom deficit posturing is a signifier of identity; a posture that works in part because the public always thinks of deficits as a Bad Thing.

But beyond these cynical takes, it’s surely relevant that the two big advanced economies — the US and the eurozone — both have fiscal policy paralyzed by political gridlock, leaving the central banks as the only game in town.

In the U.S., it’s House Republicans who block spending on anything except weapons; they won’t even allocate funds for Zika! In Europe, nothing fiscal can happen without action by Germany, which is both self-satisfied with its situation and living in its own intellectual universe.

It’s true that the UK has some room for maneuver, yet under Cameron/Osborne it went all in for austerity, at least in rhetoric. On the other hand, that may be seen as a political maneuver to discredit the previous government by accusing it of profligacy, and may change quite a lot now that the disastrous duo are out and Theresa May is in.

Japan is, I think, an interesting case, because whatever else it may suffer from, it hasn’t faced US or EZ-type gridlock. It’s not as clean a case as I would like — Abe allowed himself to be talked by the Serious People into fiscal tightening early on, putting the whole burden on Kuroda. But if you look at the longer-term story since the 1990s, Japan actually has had a combination of deficit spending and relatively cautious monetary policy — more or less what Weldon thinks the political economy should be causing everywhere.

The problem now is that while advocates of more fiscal push seem to be winning the intellectual battle, the institutional arrangements that produce macro gridlock are likely to persist. It would take a yuuuge Democratic wave to break the gridlock here, and I have no idea what will unlock Europe.

 

L’economia a un punto fermo

Duncan Weldon ha un buon articolo di riflessione sulle circostanze peculiari che hanno portato tassi di interesse negativi a gran parte del mondo avanzato. Come egli sottolinea, non si tratta solo di una domanda per investimenti debole, con un forte sentore di stagnazione secolare; è anche la scelta delle economie più importanti di offrire una risposta che:

“si è basata sempre di più sulla politica monetaria per accelerare, utilizzando la politica della finanza pubblica come un freno (o nel migliore dei casi mantenendola neutrale). Questo (e gran parte di questo post) vale soprattutto per l’Europa, e in minore misura per gli Stati Uniti.”

Egli poi indica quello che considera un enigma: dato che i tassi di interesse molto bassi colpiscono le persone più anziane benestanti (ma non i ricchissimi), che tendono ad esercitare una smisurata influenza politica, come mai persiste questa miscela politica?

Sono d’accordo che è un’ottima domanda, ma non penso che sia un tale mistero.

Prima di tutto, Weldon presume che gli elettori più anziani capiscano qualcosa delle politiche macroeconomiche e di quello che provocano. È indubbio che ci siano alcune persone del genere; ma sappiamo dai sondaggi che l’opinione pubblica in generale è sempre e dappertutto impaurita dai deficit dei bilanci e dipendente dall’analogia con le famiglie. Inoltre, la mia impressione – che deriva dal guardare ogni tanto la CNBC, dal dare un’occhiata alle inserzioni sui siti web, dall’origliare le conversazioni dal barbiere e da altri metodi scientifici – è che le persone anziane che prestano attenzione ai dibattiti economici è molto più probabile che dicano “Sta arrivando l’iperinflazione! Lo dice Ron Paul!”, piuttosto che dire “Vorrei che il Governo aumentasse l’offerta di asset sicuri.”

Inoltre c’è il ruolo delle Persone Molto Serie, per le quali l’atteggiamento sul deficit è un indicatore di identità; un atteggiamento che funziona in parte perché l’opinione pubblica considera i deficit come il Male.

Ma oltre queste posizioni senza scrupoli, è certo rilevante che le due grandi economie avanzate – gli Stati Uniti e l’eurozona – abbiano entrambe una politica della finanza pubblica paralizzata dal punto di stallo della politica, lasciando le banche centrali da sole a svolgere una funzione.

Negli Stati Uniti, sono i repubblicani della Camera dei Rappresentanti che bloccano le spese su tutto, ad eccezione degli armamenti; non intendono consentire neppure gli stanziamenti dei fondi per l’epidemia della zanzara Zika! In Europa, non può accadere niente in materia di finanza pubblica senza l’iniziativa della Germania, che è pienamente appagata da questa situazione e vive nell’universo intellettuale suo proprio.

È vero che il Regno Unito ha qualche spazio di manovra, tuttavia con Cameron/Osborne esso, almeno nella retorica, si è interamente consegnato all’austerità. D’altra parte, quella può essere considerata come una manovra politica per screditare il precedente Governo accusandolo di sprechi, e potrebbe cambiare un bel po’ adesso che il duo disastroso [1] è uscito di scena ed è in carica Theresa May.

Il Giappone, penso, è un caso interessante, giacché per quante altre ragioni di sofferenza abbia, non si è trovato dinanzi ad un punto di stallo come gli Stati Uniti e l’Eurozona. Non è un caso così chiaro come mi sarebbe piaciuto – Abe si è adattato a interloquire con le Persone Molto Serie su una precoce restrizione della finanza pubblica, caricando l’intero peso su Kuroda [2].   Ma se guardate, a partire dagli anni ’90, alla storia a più lungo termine, il Giappone effettivamente ha avuto una combinazione di spesa in deficit e di politica monetaria relativamente cauta – più o meno ciò che Weldon pensa dovrebbe avvenire dappertutto per effetto della politica economica.

Il problema adesso è che mentre i sostenitori di una spinta maggiore della finanza pubblica sembra che stiano vincendo la battaglia intellettuale, gli equilibri istituzionali che producono il punto di stallo della macroeconomia è probabile persistano. Qua ci vorrebbe una grande ondata democratica, per interrompere quel punto di stallo, mentre non ho idea di cosa sbloccherà l’Europa.

 

 

[1] Cameron ed Osborne.

[2] Haruhiko Kuroda è l’attuale Governatore della Banca del Giappone.

 

 

 

 

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