Paul Krugman AUG. 5, 2016
All the experts tell us not to pay too much attention to polls for another week or two. Still, it does look as if Hillary Clinton got a big bounce from her convention, swamping her opponent’s bounce a week earlier. Better still, from the Democrats’ point of view, the swing in the polls appears to be doing what some of us thought it might: sending Donald Trump into a derp spiral, in which his ugly nonsense gets even uglier and more nonsensical as his electoral prospects sink.
As a result, we’re finally seeing some prominent Republicans not just refusing to endorse Mr. Trump, but actually declaring their support for Mrs. Clinton. So how should she respond?
The obvious answer, you might think, is that she should keep doing what she is doing — emphasizing how unfit her rival is for office, letting her allies point out her own qualifications and continuing to advocate a moderately center-left policy agenda that is largely a continuation of President Obama’s.
But at least some commentators are calling on her to do something very different — to make a right turn, moving the Democratic agenda toward the preferences of those fleeing the sinking Republican ship. The idea, I guess, is to offer to create an American version of a European-style grand coalition of the center-left and the center-right.
I don’t think there’s much prospect that Mrs. Clinton will actually do that. But if by any chance she and those around her are tempted to take this recommendation seriously: Don’t.
First of all, let’s be clear about what she’s running on. It’s an unabashedly progressive program, but hardly extreme. We’re talking about higher taxes on high incomes, but nowhere near as high as those taxes were for a generation after World War II; expanded social programs, but nothing close to those of European welfare states; stronger financial regulation and more action on climate change, but aren’t the cases for both overwhelming?
And no, the program doesn’t need to be more “pro-growth.”
There’s absolutely no evidence that tax cuts for the rich and radical deregulation, which is what right-wingers mean when they talk about pro-growth policies, actually work, or that strengthening the social safety net does any harm. Bill Clinton presided over a bigger boom than Ronald Reagan; the Obama years have seen much more private job creation than the Bush era, even before the crash, with job growth actually accelerating after taxes went up and Obamacare went into effect.
It’s true that there are things we could do to boost the U.S. economy. The most important of these things, however, would be to take advantage of very low government borrowing costs to greatly expand public investment — which is something progressives support but conservatives oppose. So enough already with the notion that being on the center-left somehow means being anti-growth.
Now let’s talk about the politics.
The Trumpification of the G.O.P. didn’t come out of nowhere. On the contrary, it was the natural outcome of a cynical strategy: long ago, conservatives decided to harness racial resentment to sell right-wing economic policies to working-class whites, especially in the South.
This strategy brought many electoral victories, but always at the risk that the racial resentment would run out of control, leaving the economic conservatives — whose ideas never had much popular support — stranded. And that is what has just happened.
So now the strategy that rightists had used to sell policies that were neither popular nor successful has blown up in their faces. And the Democratic response should be to adopt some of those policies? Say what?
Also, I can’t help but notice a curious pattern in the recommendations of some self-proclaimed centrists. When Republicans were in the ascendant, centrists urged Democrats to adapt by moving right. Now that Republicans are in trouble, with some feeling that they have no choice except to vote Democratic, these same centrists are urging Democrats to … adapt by moving right. Funny how that works.
Back to the main theme: Grand coalitions do sometimes have a place in politics, as a response to crises that are neither party’s fault — external threats to national security, economic disaster. But that’s not what is happening here. Trumpism is basically a creation of the modern conservative movement, which used coded appeals to prejudice to make political gains, then found itself unable to rein in a candidate who skipped the coding.
If some conservatives find this too much and bolt the party, good for them, and they should be welcomed into the coalition of the sane. But they can’t expect policy concessions in return. When Dr. Frankenstein finally realizes that he has created a monster, he doesn’t get a reward. Mrs. Clinton and her party should stay the course.
Nessuna svolta a destra, di Paul Krugman
New York Times 5 agosto 2016
Tutti gli esperti ci dicono di non prestare troppa attenzione ai sondaggi, per un’altra settimana o due. Eppure, sembra che Hillary Clinton abbia fatto un bel balzo dopo la sua Convenzione, sommergendo il progresso del suo avversario della settimana scorsa. Meglio ancora, dal punto di vista dei democratici, l’oscillazione nei sondaggi sembra stia provocando quello che alcuni di noi si aspettavano: spedisce Donald Trump in una spirale dell’ottusità [1], per la quale la sua preoccupante insensatezza diventa ancora più minacciosa e insensata quando le sue prospettive elettorali vanno a picco.
Come risultato, stiamo finalmente vedendo alcuni eminenti repubblicani non solo rifiutare l’appoggio a Trump, ma dichiarare il loro effettivo sostegno alla Clinton. Dunque, quale dovrebbe essere la sua risposta?
Si potrebbe pensare che la risposta ovvia sia che dovrebbe continuare a fare quello che sta facendo – enfatizzare quanto il suo rivale sia inadatto alla carica, lasciando che i suoi sostenitori mettano in evidenza i suoi punti di forza e continuando a pronunciarsi per un programma politico moderatamente di centro sinistra, che in buona parte è una prosecuzione d quello del Presidente Obama.
Ma almeno alcuni commentatori le stanno chiedendo di fare una cosa molto diversa – una svolta a destra, spostando il programma democratico nella direzione di coloro che sono in fuga dalla barca dei repubblicani che va a fondo. Suppongo che l’idea sia quella di offrire una versione americana di una grande coalizione tra centro sinistra e centro destra sul modello europeo.
Non credo che ci siano effettivamente molte possibilità che la Clinton faccia una cosa del genere. Ma ce ne fosse alcuna, ed ella fosse tentata, assieme a quelli che le stanno attorno, di prendere sul serio quella raccomandazione: ebbene, non lo fate.
Prima di tutto, nell’interesse della chiarezza di tutto ciò per cui si sta impegnando. Si tratta di un evidente programma progressista, ma tutt’altro che estremista. Stiamo parlando di tasse più elevate sugli alti redditi, ma niente di lontanamente simile a quelle che furono le tasse per una generazione dopo la Seconda Guerra Mondiale; di ampliare i programmi sociali, ma niente di vicino a quelli degli stati assistenziali dell’Europa; di una più forte regolamentazione finanziaria e di maggiore iniziativa sul cambiamento climatico, ma non sono entrambi argomenti di tutta evidenza?
Si deve aggiungere che il programma non ha alcun bisogno di essere maggiormente “a favore della crescita”.
Non c’è assolutamente alcuna prova che gli sgravi fiscali per i ricchi e una deregolamentazione radicale, che è quello che intende la destra quando parla di politiche a favore della crescita, funzionino effettivamente, oppure che il rafforzamento delle reti della protezione sociale provochi alcun danno. La Presidenza di Bill Clinton conobbe una espansione più grande di quella di Ronald Reagan; gli anni di Obama hanno conosciuto una più grande creazione di posti di lavoro privati dell’epoca di Bush, anche prima del crollo, con la crescita di posti di lavoro che effettivamente ha avuto una accelerazione, dopo che erano aumentate le tasse e che la riforma dell’assistenza sanitaria di Obama era entrata in funzione.
È vero che ci sono cose che incoraggerebbero l’economia degli Stati Uniti. La più importante di queste cose, tuttavia, consisterebbe nel trarre vantaggio dai costi dell’indebitamento statale molto bassi per espandere notevolmente l’investimento pubblico – ovvero qualcosa che i progressisti sostengono, ma a cui si oppongono i conservatori. Tutto questo è già sufficiente per l’idea che essere di centro sinistra in qualche modo significherebbe essere contro la crescita.
Parliamo adesso degli aspetti politici.
La ‘trumpificazione’ del Partito Repubblicano non è venuta dal nulla. Al contrario, è stato il risultato naturale di una strategia cinica: molto tempo fa i conservatori decisero di sfruttare i rancori razzisti per rivendere le politiche economiche della destra ai lavoratori bianchi, particolarmente nel Sud.
Questa strategia portò a molte vittorie elettorali, ma sempre col pericolo che l’astio razziale finisse fuori controllo, lasciando che le idee economiche dei conservatori – che non sono mai state molto popolari – finissero coll’incagliarsi. Ed è quello che è appena successo.
A questo punto, dunque, la strategia che la destra aveva usato per far passare politiche che non erano né popolari né di successo, gli è scoppiata in mano. E la risposta dei democratici dovrebbe essere quella di far proprie alcune di quelle politiche? Si intende questo?
Inoltre, non posso fare a meno di notare uno schema curioso nelle raccomandazioni di qualche sedicente centrista. Quando i repubblicani erano in ascesa, i centristi spingevano i democratici ad adeguarsi spostandosi a destra. Ora che i repubblicani sono nei guai, e qualcuno sente di non avere altra possibilità se non quella di votare democratico, questi stessi centristi spingono i democratici … ad adeguarsi spostandosi a destra. È curioso come funziona.
Tornando al tema principale: le grandi coalizioni hanno effettivamente un ruolo nella politica, come risposta a crisi delle quali non ha responsabilità nessuno dei principali partiti – minacce esterne alla sicurezza nazionale, disastri economici. Ma non è quello che sta accadendo in questo momento. Il Trumpismo è fondamentalmente una creatura del movimento conservatore contemporaneo, che ha utilizzato appelli in codice per ottenere vantaggi politici, per poi ritrovarsi incapace di tenere a freno un candidato che ha fatto saltare il codice.
Se alcuni conservatori trovano che questo sia troppo e prendono le distanze dal Partito, buon per loro, e siano i benvenuti nella coalizione delle persone sensate. Ma non si possono aspettare concessioni politiche in cambio. Quando il Dottor Frankenstein finalmente si accorge di aver dato vita ad un mostro, non ottiene un premio. La Clinton ed il suo Partito dovrebbero mantenere salda la rotta.
[1] Sulla traduzione di “derp” – che è una esclamazione un po’ scemacchiotta di un personaggio di South Park, diventata un modo per caratterizzare personaggi ottusi – si possono trovare tra le note in queste traduzioni varie spiegazioni.
By mm
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