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Politica macroeconomica prudenziale (dal blog di Krugman, 7 agosto 2016)

 

Prudential Macro Policy

AUGUST 7, 2016 5:33 PM 

 

A few years ago, it was easy to say what U.S. monetary and fiscal policy should be doing. The economy was still obviously depressed, so the indicated demand policy was pedal to the metal all the way – no need to worry about inflation, no reason to believe that deficit spending would cause any crowding out (in fact it would almost surely crowd in private investment, because such investment depends on demand.)

It’s true that the right kept warning about a debased dollar, while the Very Serious People were obsessed with debt and deficits, so that in practice we didn’t do the obvious. But it was obvious.

Now, however, we’re arguably not too far from full employment. No inflation problem is visible yet, but it’s not crazy to suggest that inflation might go above the Fed’s target in the not-too-distant future. So has the macro case for strongly stimulative policy gone away?

We’ve had an extensive discussion of this question when it comes to monetary policy, in which uncertainty plays the central role. Maybe we’re at or close to full employment, and will continue in that direction; but maybe not, either because there’s more slack than we think or because adverse shocks will send the economy down again. This means that there’s a risk of getting it wrong in either direction – not raising rates soon enough to head off some rise in inflation, on one side, versus raising them too soon on the other.

And the decisive argument, it seems to me and others – although not, alas, to the Fed – is that these risks are asymmetric. Waiting too long risks embarrassment and some cost of wringing out the extra inflation, but moving too soon risks long-term stagnation. Wait until you see the whites of inflation’s eyes! (I coined that phrase, by the way.)

But what about fiscal policy? I found myself trying to clarify my thoughts here in aid of tomorrow’s column. And while I’m sure I’m not the first to say this, a similar argument applies. Think in particular about infrastructure investment, which takes a long time to get going.

Suppose we were to launch a program of deficit-financed public investment now, which would play out over the next few years. The truth is that we don’t know what the macro environment would be when the spending took place. We might be more or less at full employment, which means that the spending would cause higher interest rates and crowd out some private investment. But we also might be in a depressed state, either because of a slump in some part of domestic demand or because we’re importing secular stagnation from abroad, in which case fiscal stimulus would be just what the doctor ordered.

The point is that these are, again, asymmetric risks. A little crowding out wouldn’t kill us, given how badly we need infrastructure investment. On the other hand, if we do slide back into a liquidity trap we would be badly hurt by not having the public investment we could have had, helping to prop up demand as well as serving other purposes.

Or to put it another way, given where we are in the macro situation public investment, in addition to its usual benefits, would provide valuable insurance against the all too possible return of the zero lower bound. It’s not quite as slam-dunk a case as it was in, say, 2013, but it’s still very strong. It’s still time to borrow and spend.

 

Politica macroeconomica prudenziale

Pochi anni fa, era facile dire quale politica monetaria e di finanza pubblica si sarebbe dovuto fare. L’economia era ancora evidentemente depressa, dunque l’appropriata politica della domanda era spingere in ogni modo a fondo l’acceleratore – senza bisogno di preoccuparsi dell’inflazione, senza alcuna ragione per credere che la spesa in deficit provocasse un qualche spiazzamento [1] (di fatto avrebbe quasi certamente  dato spazio all’investimento privato, dato che tale investimento dipende dalla domanda).

È vero che la destra continuava a preoccuparsi su una riduzione del valore del dollaro, mentre le Persone Molto Serie erano ossessionate dal debito e dai deficit, cosicché in pratica non si fece quello che era ovvio. Eppure era ovvio.

Oggi, tuttavia, probabilmente non siamo molto lontani dalla piena occupazione. Non è ancora visibile alcun problema di inflazione, ma non è folle suggerire che l’inflazione potrebbe, in un futuro non troppo distante, superare l’obbiettivo della Fed. Dunque, è scomparso l’argomento macroeconomico per una politica di forte stimolazione?

Abbiamo avuto un vasto dibattito su questa domanda nel caso della politica monetaria, nella quale l’incertezza gioca il ruolo centrale. Può darsi che si sia in una condizione di piena occupazione, o almeno vicini, e che si prosegua in quella direzione; ma può darsi di no, sia perché abbiamo una fiacchezza maggiore di quella che riteniamo, sia perché traumi negativi potrebbero nuovamente spingere l’economia verso il basso. Questo significa che c’è il rischio di fare la cosa sbagliata in entrambi i modi – non elevando i tassi abbastanza velocemente da sbarrare la strada a qualche crescita dell’inflazione, oppure elevandoli troppo rapidamente.

E l’argomento decisivo, sembra a me e ad altri – seppure, ahimè, non alla Fed – è che questi rischi sono asimmetrici. Attendere troppo a lungo rischia l’imbarazzo e qualche costo di dover dare una stretta ad una inflazione supplementare, ma muoversi troppo presto rischia una stagnazione a lungo termine. Aspettate, finché non vedete l’inflazione nelle palle degli occhi (una frase, per inciso, che ho coniato io stesso) [2].

Ma cosa dire della poltica della finanza pubblica [3]? Mi sono trovato a cercar di chiarire i miei pensieri a questo proposito a sostegno del mio articolo di oggi [4]. E se sono certo di non essere il primo a sostenere una cosa come questa, si può usare un argomento simile. Si pensi in particolare all’investimento in infrastrutture, che richiede tempi lunghi per essere avviato.

Supponiamo di stare lanciando in questo momento un programma di investimenti pubblici finanziato in deficit, che produrrebbe effetti nel corso dei prossimi anni. La verità è che non sappiamo quale sarebbe il contesto macroeconomico, una volta che la spesa entrasse in funzione. Potremmo essere più o meno in condizioni di piena occupazione, il che significa che la spesa provocherebbe tassi di interesse più elevati che ridurrebbero lo spazio a qualche investimento privato. Ma potremmo anche essere in una condizione depressa, sia a causa di un calo in qualche settore della domanda interna, che a causa di una importazione dall’estero della stagnazione secolare, nel qual caso lo stimolo della finanza pubblica sarebbe la ricetta più appropriata.

Il punto è che questi sono, ancora una volta, rischi asimmetrici. Un piccolo ‘spiazzamento’ non ci ammazzerebbe, dato il bisogno così grave che abbiamo di investimenti in infrastrutture. D’altra parte, se riscivoliamo in una trappola di liquidità potremmo essere seriamente danneggiati dal non avere l’investimento pubblico che avremmo potuto avere, che avrebbe aiutato a sostenere la domanda così come sarebbe servito agli altri scopi.

Oppure, per dirla altrimenti, dato il punto a cui siamo nella situazione macroeconomica, l’investimento pubblico, in aggiunta ai suoi benefici consueti, fornirebbe una apprezzabile assicurazione contro l’anche troppo possibile ritorno al limite inferiore dello zero (nei tassi di interesse). Non è un argomento risolutivo [5] come era, ad esempio, nel 2013, ma è ancora molto forte. È ancora tempo di indebitarsi e di spendere.

 

 

[1] Si intende: dell’investimento privato. “Crowd out” si traduce spesso con “spiazzare”, in questo contesto; del resto significa “togliere spazio”.

[2] In lingua inglese l’espressione è “guardare il bianco degli occhi”; ovvero loro intendono osservare la ‘sclera’ – la parte posteriore del bulbo oculare – mentre noi intendiamo osservare le pupille. Krugman non l’ha inventata, ma sostiene di averla applicata per primo all’economia.

[3] A proposito della traduzione – laboriosa ma secondo me giusta – di “fiscal” con “della finanza pubblica”, vedi alle Note sulla Traduzione.

[4] Il riferimento è all’articolo “Tempo di indebitarsi”, New York Times 8 agosto 2016, qua tradotto.

[5] “Slum-dunk” significa, con termine sportivo, “schiacciata”.

 

 

 

 

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