Paul Krugman AUG. 8, 2016
The campaign still has three ugly months to go, but the odds — 83 percent odds, according to the New York Times’s model — are that it will end with the election of a sane, sensible president. So what should she do to boost America’s economy, which is doing better than most of the world but is still falling far short of where it should be?
There are, of course, many ways our economic policy could be improved. But the most important thing we need is sharply increased public investment in everything from energy to transportation to wastewater treatment.
How should we pay for this investment? We shouldn’t — not now, or any time soon. Right now there is an overwhelming case for more government borrowing.
Let me walk through this case, then address some of the usual objections.
First, we have obvious, pressing needs for public investment in many areas. In Washington, the aging Metro is in such bad shape that whole lines may have to be shut down for maintenance. In Florida, green slime infests beaches, in large part because failure to upgrade an 80-year-old dike or to purchase more land as a runoff area is forcing the Army Corps of Engineers to release polluted water from Lake Okeechobee. There are similar stories all across America.
So investing more in infrastructure would clearly make us richer. Meanwhile, the federal government can borrow at incredibly low interest rates: 10-year, inflation-protected bonds yielded just 0.09 percent on Friday.
Put these two facts together — big needs for public investment, and very low interest rates — and it suggests not just that we should be borrowing to invest, but that this investment might well pay for itself even in purely fiscal terms. How so? Spending more now would mean a bigger economy later, which would mean more tax revenue. This additional revenue would probably be larger than any rise in future interest payments.
And this analysis doesn’t even take into account the potential role of public investment in job creation: Despite a low headline unemployment rate, the U.S. economy is still probably short of full employment, and an investment agenda would also offer valuable insurance against possible future downturns.
So why aren’t we borrowing and investing? Here are some of the usual objections, and why they’re wrong.
We can’t borrow because we already have too much debt. People who say this usually like to cite big numbers — “Our debt is 19 trillion dollars,” they intone in their best Dr. Evil voice. But everything about the U.S. economy is huge, and what matters is the comparison between the cost of servicing our debt and our ability to pay. And federal interest payments are only 1.3 percent of G.D.P., low by historical standards.
Borrowing costs may be low now, but they might rise. Yes, maybe. But we’re talking about long-term borrowing that locks in today’s low rates. If 10 years isn’t long enough for you, how about 30-year, inflation-protected bonds? They’re only yielding 0.64 percent.
The government can’t do anything right. Solyndra! Solyndra! Benghazi! A large part of our political class is committed to the proposition that any and all government efforts to improve our lives are doomed to failure — a proposition that turns into a self-fulfilling prophecy when these people are actually in office. But to hold that view you have to turn your back on our own history: American greatness was in large part created by government investment or private investment shaped by public support, from the Erie Canal, to the transcontinental railroads, to the Interstate Highway System.
As for the constant harping on individual failures, all large organizations, private businesses very much included, engage in some projects that don’t work out. Yes, some renewable-energy investments went bad — but overall, the Obama administration’s promotion of solar and wind has been a huge success, with a rough quadrupling of production since 2008. Green energy should be seen as an inspiration, not a cautionary tale.
There is, in short, an overwhelming policy case for federal borrowing to pay for public investment. But will the next president be able to act on this case?
The good news is that elite discourse seems, finally, to be moving in the right direction. Five years ago the Beltway crowd was fixated on debt and deficits as the great evils. Today, not so much.
The bad news is that even if Hillary Clinton wins, she may well face the same kind of scorched-earth Republican opposition President Obama faced from day one. So it matters not just who wins in November, but by how much. Will there be a strong enough Democratic wave to give Mrs. Clinton the ability to act?
But while the politics remain uncertain, it’s clear what we should be doing. It’s time for the federal government to borrow and invest.
Tempo di indebitarsi, di Paul Krugman
New York Times 8 agosto 2016
La campagna elettorale durerà ancora tre brutti mesi, ma è probabile – l’83 per cento di probabilità, secondo il modello del New York Times – che si concluderà con l’elezione di una Presidentessa sana di mente e ragionevole. Cosa dovrebbe dunque ella fare per incoraggiare l’economia americana, che sta andando meglio di gran parte del mondo ma non è ancora affatto all’altezza delle sue potenzialità?
Naturalmente, ci sono molti modi nei quali la nostra politica economica potrebbe essere migliorata. Ma la cosa più importante di cui abbiamo bisogno è un deciso incremento dell’investimento pubblico in ogni settore, dall’energia ai trasporti, al trattamento delle acque di scarico.
Come dovremmo pagare questi investimenti? Non dovremmo farlo – non adesso o non nel breve periodo. In questo momento c’è uno schiacciante argomento per un maggiore indebitamento da parte del Governo.
Consentitemi di spiegare nel dettaglio questo argomento, rivolgendomi successivamente ad alcune obiezioni comuni.
In primo luogo, abbiamo bisogni evidenti e pressanti di investimento pubblico in molti settori. A Washington, una metropolitana invecchiata è in tali condizioni negative che tutte le linee dovrebbero essere chiuse per manutenzione [1]. In Florida, una fanghiglia verdastra infesta le spiagge, in gran parte perché il mancato rinnovamento di un canale vecchio di 80 anni, o di acquisizione di maggiore territorio come area di deflusso, sta costringendo i reparti di ingegneri dell’esercito a rilasciare acqua inquinata dal Lago Okeechobee. Ci sono storie simili dappertutto, in America.
Dunque, investire in maggiori infrastrutture ci renderebbe chiaramente più ricchi. Nello stesso tempo, il Governo Federale può indebitarsi a tassi di interesse incredibilmente bassi: venerdì i bond decennali protetti dall’inflazione rendevano appena lo 0,09 per cento.
Considerate assieme questi due fattori – grandi necessità di investimenti pubblici e tassi di interesse molto bassi – ed essi indicano che non solo dovremmo indebitarci per investire, ma che questi investimenti si ripagherebbero abbondantemente da soli persino in termini di pura finanza pubblica. Come è possibile? Spendere di più adesso comporterebbe una economia più forte successivamente, il che comporterebbe maggiori entrate fiscali. Questa entrata aggiuntiva sarebbe probabilmente più ampia di ogni crescita nei futuri pagamenti per gli interessi.
E questa analisi non considera neppure il ruolo potenziale dell’investimento pubblico nella creazione di posti di lavoro: nonostante un basso tasso di disoccupazione complessivo, l’economia degli Stati Uniti è ancora probabilmente distante dalla piena occupazione, ed un programma di investimenti offrirebbe anche una apprezzabile assicurazione contro futuri declini.
Perché dunque non ci stiamo indebitando e non stiamo facendo investimenti? Ecco alcune delle obiezioni più comuni, ed i motivi per i quali sono sbagliate.
Non possiamo indebitarci perché abbiamo già troppo debito. Chi lo dice di solito ama citare grandi cifre – “Il nostro debito è 19 mila miliardi di dollari”, recitano adottando nel modo migliore che gli riesce la voce del Dottor Male [2]. Ma l’economia americana è grande in tutti i sensi, e quello che conta è il confronto tra il costo del nostro servizio del debito e la nostra capacità di pagarlo. E gli interessi federali sui pagamenti sono soltanto l’1,3 per cento del PIL, bassi per le serie storiche.
I costi dell’indebitamento possono essere bassi in questo momento, ma possono crescere. Sì, forse. Ma stiamo parlando di prestiti a lungo termine che sono fissati ai bassi tassi odierni. Se dieci anni non vi sembrano abbastanza bassi, cosa direste dei bond trentennali protetti dall’inflazione? Essi stanno rendendo soltanto lo 0,64 per cento.
La Amministrazione pubblica non ne fa una giusta. Solyndra! Solyndra! Bengasi! [3]. Una larga parte della nostra classe politica si impegna in continuazione nel concetto secondo il quale ogni sforzo specifico del Governo per migliorare le nostre vite è destinato al fallimento – un concetto che si risolve in profezie che si auto avverano allorché costoro sono effettivamente in qualche posto di responsabilità. Ma per comprendere questo punto di vista si deve tornare alla nostra storia: la grandezza dell’America è stata in gran parte creata dall’investimento pubblico o dall’investimento privato modellato dal sostegno pubblico, dal Canale Erie, alle ferrovie transcontinentali, al sistema autostradale interstatale.
Quanto a battere il tasto dei singoli fallimenti, tutte le grandi organizzazioni, incluse moltissimo le imprese private, si impegnano in alcuni progetti che non vanno a buon esito. È vero, alcuni investimenti sulle energie rinnovabili non sono andati bene – ma nel complesso, la promozione da parte della Amministrazione Obama del solare e dell’eolico è stata un grande successo, che a partire dal 2008 ha all’incirca quadruplicato la produzione. L’energia verde dovrebbe essere considerata come una fonte di ispirazione, non come un racconto ammonitorio.
In poche parole, gli argomenti politici a favore dell’indebitamento federale come fonte di finanziamento degli investimenti pubblici sono schiaccianti. Ma il prossimo Presidente sarà nelle condizioni di agire, sulla base di tali argomenti?
La buona notizia è che il dibattito nelle classi dirigenti sembra si stia finalmente indirizzando nella direzione giusta. Cinque anni orsono la gente nella Capitale era fissata sul debito e sui deficit, i due grandi mali. Oggi non altrettanto.
La cattiva notizia è che anche se Hillary Clinton vincesse, ella si ritroverà dinanzi alla stessa opposizione da terra bruciata che il Presidente Obama ha affrontato dal primo giorno. Dunque, non conta solo chi vincerà a novembre, ma anche in quale misura. Ci sarà una forte ondata a favore dei democratici, sufficiente a dare alla Clinton la capacità di agire?
Ma se la politica resta incerta, è chiaro cosa dovremmo fare. Per il Governo Federale è il momento di prendere soldi a prestito e di investirli.
[1] L’affermazione è stata fatta di recente da un massimo dirigente delle linee metropolitane della Capitale, Jack Evans, che ha spiegato che tutte le linee hanno bisogno di alcuni mesi di chiusura per riparazioni. Altrimenti, l’intero sistema tra una decina d’anni non sarà più nelle condizioni di funzionare.
[2] Il dottor Male (nell’originale inglese Dr. Evil) è il diabolico e spietato personaggio delle serie di film basati sulle avventure del fotografo e investigatore britannico Austin Powers. Il personaggio, interpretato dal comico Mike Myers[1], rappresenta una parodia del personaggio di Ernst Stavro Blofeld impersonato da Donald Pleasence in film come Si vive solo due volte e Licenza di uccidere e più in generale del cliché dello scienziato pazzo. (Wikipedia)
[3] Sono due episodi della generale propaganda anti pubblicistica della destra. Solyndra era il nome di una azienda di pannelli solari che ricevette finanziamenti pubblici e poi fallì; Bengasi – che con i difetti della amministrazione pubblica c’entra obiettivamente molto poco – fu la vicenda di un attacca terrorista in Libia al consolato americano.
By mm
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