Altri Economisti » Project Syndicate » Selezione del Mese

Le tendenze economiche ci sono amiche, di J. Bradford DeLong (da Project Syndicate, 31 agosto 2016)

 

AUG 31, 2016

The Economic Trend Is Our Friend

By J. Bradford DeLong

z 963

 

BERKELEY – These are days of grave disillusionment with the state of the world. Sinister forces of fanatical, faith-based killing – something that we in the West, at least, thought had largely ended by 1750 – are back. And they have been joined by and are reinforcing forces of nationalism, bigotry, and racism that we thought had been largely left in the ruins of Berlin in 1945.

In addition, economic growth since 2008 has been profoundly disappointing. There is no reasoned case for optimistically expecting a turn for the better in the next five years or so. And the failure of global institutions to deliver ever-increasing prosperity has undermined the trust and confidence which in better times would serve to suppress the murderous demons of our age.

Pessimism understandably comes easy these days – perhaps too easy. In fact, enthusiastic and positive contrarianism is in order: if we look at global economic growth not just five years out, but over the next 30-60 years, the picture looks much brighter.

The reason is simple: the large-scale trends that have fueled global growth since World War II have not stopped. More people are gaining access to new, productivity enhancing technologies, more people are engaging in mutually beneficial trade, and fewer people are being born, thus allaying any continued fears of a so-called population bomb.

Moreover, innovation, especially in the global north, has not ceased, even if it has possibly slowed since the 1880s. And while war and terror continue to horrify us, we are not witnessing anything on the scale of the genocides that were a hallmark of the twentieth century.

Fortunately, these major trends are likely to continue, according to data from the Penn World Table research project, the best source for summary information on global economic growth. The PWT data on average real (inflation-adjusted) per capita GDP show that the world in 1980 was 80% better off than it was in 1950, and another 80% better off in 2010 than it was in 1980. In other words, our average material wellbeing is three times what it was in 1950.

Tripling global material wellbeing may sound like a lot, but if anything it’s a low estimate. The way we measure real GDP accounts for all the goods and services being produced, but it doesn’t properly account for value that exists but cannot be measured – such as the immense benefits that accrue to social-media users from services that cost them nothing.

More than ever before, we are producing commodities that contribute to social welfare through use value rather than market value. Some would argue that this is nothing new, but that argument is unpersuasive, given the sheer bulk of time we now spend interacting with information-technology systems where the revenue flow is, at most, a tiny trickle tied to ancillary advertising.

The PWT data also allow us to sort by country, so let’s consider the cases of China and India, which comprise 30% of humanity. China’s real per capita GDP in 1980 was 60% lower than the world average, but today it is 25% above it. India’s real per capita GDP in 1980 was more than 70% below the world average, but India has since closed that gap by half.

This is indisputable progress of one kind; but, to avoid painting too rosy a picture, we should also consider global inequality. The world’s countries have shown no sign since 1950 of converging at a shared level of prosperity. According to the PWT data, two-thirds of all countries in 1950 had real per capita GDP veering above or below the global average by at least 45%, and by as much as 225%. By 1980, that spread had widened to at least 33% and as much as 300%; and today it is 28% and 360%, respectively.

Still, all told, the world economy is a more equal place for the average individual today than it was in 1980. This is partly thanks to a series of strong leaders, such as those in China since Deng Xiaoping, and in India since Rajiv Gandhi. But there are no more countries as big as China and India to stand up and make significant leaps in development, and few observers are confident that Chinese President Xi Jinping and Indian Prime Minister Narendra Modi will match their predecessors’ growth legacies.

Indeed, such episodes of prolonged, rapid growth may become a thing of the past if the world economy has no more opportunities to accelerate technology transfer, and if more countries continue to mature from high-growth developing economies to more steady-state developed economies.

It may well be true that the engine of innovation itself will run more slowly. But it will still run, and people will still adopt new technologies, and the world economy will still grow. Short of a nightmare scenario like terror-driven nuclear war, you can expect my successors in 2075 to look back and relish that, once again, their world is three times better off than ours is today.

Beyond that, things are harder to predict. If we fail to act now to slow and reverse global temperature trends, climate change will be the specter stalking the post-2080 world. In that case, our great-grandchildren will have little to thank us for.

 

Le tendenze economiche ci sono amiche,

di J. Bradford DeLong

BERKELEY – Questi sono giorni di grande disincanto sulle condizioni del mondo. Sono tornate forze cupe e fanatiche, che uccidono sulla base della fede – qualcosa che, almeno in Occidente, avevamo pensato fosse in gran parte terminato col 1750 [1]. E ad esse si sono aggiunte rafforzandole le forze del nazionalismo, dell’intolleranza e del razzismo che pensavamo fossero state in gran parte sepolte nelle rovine di Berlino nel 1945.

In aggiunta, la crisi economica a partire dal 2008 è stata profondamente deludente. Non c’è alcuna ragionevole ipotesi per aspettarsi ottimisticamente una svolta positiva, all’incirca per i prossimi cinque anni. E l’insuccesso delle istituzioni globali nel promuovere una prosperità in continua crescita ha minato la fiducia e la sicurezza che, in tempi migliori, si utilizzerebbe per reprimere i demoni sanguinari del nostro tempo.

Comprensibilmente, il pessimismo è facile di questi tempi – forse troppo facile. Di fatto, uno spirito controcorrente basato sull’entusiasmo e positivo è corretto: se guardiamo alla crescita economica globale non riducendoci soltanto a cinque anni, ma nel corso dei prossimi 30-60 anni, il quadro sembra molto più brillante.

La ragione è semplice: le tendenze su larga scala che hanno alimentato la crescita globale dopo la Seconda Guerra mondiale non si sono interrotte. Un numero maggiore di persone sta ottenendo accesso a nuove tecnologie che promuovono la produttività e si sta impegnando in scambi reciprocamente benefici, ed un numero minore di persone vengono messe al mondo, di conseguenza attenuando i timori della cosiddetta bomba demografica.

Inoltre, l’innovazione, specialmente nel Nord del pianeta, non si è interrotta, anche se probabilmente è rallentata rispetto ai decenni della fine dell’Ottocento. E mentre la guerra e il terrorismo continuano a inorridirci, non siamo testimoni di niente quanto a dimensioni dei genocidi che somigli ai tratti distintivi del Ventesimo Secolo.

Fortunatamente, queste importanti tendenze è probabile che continuino, secondo i dati che vengono dal progetto di ricerca del Penn World Table [2], la migliore fonte di informazione sintetica sulla crescita economica globale. I dati del PWT sul PIL medio reale (corretto per l’inflazione) pro capite mostra che il mondo nel 1980 era dell’80% migliore di quanto fosse nel 1950, e nel 2010 dell’80% migliore di quanto fosse nel 1980. In altre parole, il nostro benessere materiale medio è tre volte quello che era nel 1950.

Può sembrare molto una triplicazione del benessere materiale globale, ma è semmai una stima modesta. Il modo in cui misuriamo il PIL reale considera tutti i beni ed i servizi che vengono prodotti, ma non considera in modo appropriato il valore che esiste ma non può essere misurato – come gli immensi benefici che derivano agli utilizzatori dei social-media da servizi che non comportano loro alcun costo.

Più che mai in precedenza, stiamo producendo merci che contribuiscono al benessere sociale attraverso il loro valore d’uso, piuttosto che il loro valore di mercato. Alcuni direbbero che in questo non c’è niente di nuovo, ma quell’argomento non è persuasivo, dato che la vera e propria mole di tempo che adesso spendiamo per interagire con i sistemi della tecnologia informativa laddove scorre il reddito è, in massima parte, una minuscola goccia collegata con la pubblicità di supporto.

I dati del PWT ci mostrano anche una classificazione per paese, dunque ci consentono di apprezzare i casi della Cina e dell’India, che comprendono il 30% dell’umanità. Il PIL reale procapite della Cina del 1980 era del 60% più basso della media mondiale, ma oggi è del 25% superiore. Il PIL reale procapite dell’India nel 1980 era del 70% inferiore alla media mondiale, ma da allora l’India ha ridotto della metà quel divario.

Nel suo genere, questo è un progresso indiscutibile; ma, per evitare un quadro troppo roseo, dovremmo anche considerare l’ineguaglianza globale. A partire del 1950 i paesi del mondo non hanno mostrato alcun segno di convergenza attorno ad un livello condiviso di prosperità. Secondo i dati del PWT, nel 1950 due terzi di tutti i paesi avevano un PIL reale procapite divergevano al di sopra o al di sotto della media globale per almeno un 45%, e come massimo per un 225%. Nel 1980, quella differenza si era ampliata come minimo per un 33% e come massimo per un 300%; ed oggi, rispettivamente, per un 28% e per un 360%.

Eppure, in conclusione, l’economia globale è oggi un luogo più eguale per le medie individuali di quanto fosse nel 1980. Questo in parte è dipeso da una serie di rilevanti dirigenti, come Den Xiaoping in Cina e Rajiv Gandhi in India. Ma non ci sono altri paesi altrettanto grandi della Cina e dell’India ad alzarsi in piedi ed a fare balzi significativi nello sviluppo, e pochi osservatori hanno fiducia che il Presidente cinese XI Jinping e il Primo Ministro indiano Narendra Modi eguaglieranno in materia di crescita l’eredità dei loro predecessori.

In effetti, tali episodi di prolungata, rapida crescita possono diventare una cosa del passato se l’economia mondiale non avrà maggiori opportunità di accelerare il trasferimento delle tecnologie, e se altri paesi continueranno ad evolversi dallo stato di economie in sviluppo ad alta crescita, allo stato di economie sviluppate più stabili.

Può essere certamente vero che il motore stesso dell’innovazione procederà più lentamente. Ma procederà, e le persone faranno ancora uso di nuove tecnologie, e il mondo continuerà a crescere. A meno di uno scenario da incubo come una guerra nucleare provocata dal terrorismo, ci si può aspettare che nel 2075 i miei successori si guardino indietro e, ancora una volta, apprezzino che il loro mondo sia diventato tre volte migliore di quello nostro odierno

Oltre a ciò, ci sono cose più ardue da prevedere. Se non assumiamo adesso una iniziativa per rallentare ed invertire le tendenze globali della temperatura, il cambiamento climatico sarà lo spettro che perseguiterà il mondo successivo al 2080. In quel caso, i nostri pronipoti avranno poco da ringraziarci.

 

 

 

[1] Non capisco perché il 1750 sarebbe un a data significativa per le violenze fanatiche o le guerre di religione. Forse c’è un errore nel testo, a meno che non ci si riferisca ad un anno centrale nella produzione intellettuale di Voltaire e dell’illuminismo più in generale.

[2] Un Istituto di ricerca e di documentazione presso l’Università olandese di Groningen.

 

 

 

 

By


Commenti dei Lettori (0)


E' possibile commentare l'articolo nell'area "Commenti del Mese"