OCT 4 3:06
So, now we’re supposed to feel sorry for Paul Ryan?
For years, Ryan has cultivated a reputation on both sides of the aisle as a paragon of decency, earnestness, and principle; that rare creature of D.C. who seems genuinely guided by good faith. To many in Washington — including no small number of reporters — Ryan’s support for Trump is not merely a political miscalculation, but a craven betrayal.
Ugh. Ryan is not, repeat not, a serious, honest man of principle who has tainted his brand by supporting Donald Trump. He has been an obvious fraud all along, at least to anyone who can do budget arithmetic. His budget proposals invariably contain three elements:
Taking (1) and (2) together — that is, looking at the policies he actually specifies — his proposals have always increased the deficit, while transferring income from the have-nots to the haves. Only by invoking (3), which involves nothing but unsupported and implausible assertion, does he get to claim to reduce the deficit.
Yet he poses as an icon of fiscal probity. That is, he is, in his own way, every bit as much a fraud as The Donald.
So how has he been able to get away with this? The main answer is that he has been a huge beneficiary of false balance. The media narrative requires that there be serious, principled policy wonks on both sides of the aisle; Ryan has become the designated symbol of that supposed equivalence, even though actual budget experts have torn his proposals to shreds on repeated occasions.
And my guess is that the media will quickly forgive him for the Trump episode too. They need him for their bothsidesism. After all, it’s not as if there are any genuine honest policy wonks left in the party that nominated Donald Trump.
Il Re della falsa equivalenza
Dunque, adesso dovremmo essere dispiaciuti per Paul Ryan?
Per anni Ryan ha coltivato considerazione su entrambi gli schieramenti politici come un esempio di moralità, serietà e buoni principi; quella rara creatura della Capitale che sembra genuinamente guidata dalla buona fede. Per molti in Washington – incluso un numero non piccolo di giornalisti – il sostegno di Ryan a Trump non è stato un mero errore politico, ma un vile tradimento.
Per l’ennesima volta, Ryan non è, ridiciamolo, un serio ed onesto uomo di principi che ha macchiato il suo stile sostenendo Donald Trump. È stato sin dall’inizio un evidente inganno, almeno per coloro che si intendono della matematica dei bilanci. Le sue proposte di bilancio contengono inesorabilmente tre elementi:
1 – Grandi sgravi fiscali per i ricchi;
2 – tagli selvaggi alla assistenza verso i poveri;
3 – paccottiglia di dubbia provenienza – la pretesa che avrebbe riscosso migliaia di miliardi eliminando scappatoie fiscali non specificate e che avrebbe risparmiato migliaia di miliardi tagliando spese discrezionali non specificate.
Mettete insieme il numero 1 e 2 – vale a dire fatte attenzione alle politiche che egli indica nello specifico – e le sue proposte avrebbero in ogni caso incrementato il deficit, con trasferimenti di reddito da i non abbienti ai benestanti. Solo facendo ricorso al 3, che non riguarda altro se non una asserzione prova di sostegno e non plausibile, egli arriva a sostenere di ridurre il deficit.
Tuttavia, si atteggia a icona della onesta gestione della finanza pubblica. Ovvero, è, a suo modo, altrettanto ingannevole de ‘Il Donald’.
Dunque, come è stato capace di scrollarsi tutto questo di dosso? La risposta principale è che è stato un grande beneficiario del falso equilibrismo. Il racconto dei media richiede che ci siano in entrambi gli schieramenti politici esperti di politica seri e di principi; Ryan è diventato il simbolo designato di quella presunta equivalenza, anche se in ripetute occasioni i veri esperti di bilanci hanno fatto a brandelli le sue proposte.
E la mia impressione è che i media lo perdoneranno rapidamente anche per l’episodio di Trump. Hanno bisogno di lui per il loro equilibrismo. Dopo tutto, non è che ci siano rimasti, nel Partito che ha candidato Trump, altri genuini onesti esperti di politica.
By mm
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