Paul Krugman OCT. 17, 2016
I’m a baby boomer, which means that I’m old enough to remember conservatives yelling “America — love it or leave it!” at people on the left who criticized racism and inequality. But that was a long time ago. These days, disdain for America — the America that actually exists, not an imaginary “real America” in which minorities and women know their place — is concentrated on the right.
To be sure, progressives still see a lot wrong with the state of our society, and seek change. But they also celebrate the progress we have made, and for the most part the change they seek is incremental: It involves building on existing institutions, not burning everything down and starting over.
On the right, however, you increasingly find prominent figures describing our society as a nightmarish dystopia.
This is obviously true for Donald Trump, who views the world through blood-colored glasses. In his vision of America — clearly derived largely from white supremacist and neo-Nazi sources — crime is running wild, inner cities are war zones, and hordes of violent immigrants are pouring across our open border. In reality, murder is at a historic low, we’re seeing a major urban revival and net immigration from Mexico is negative. But I’m only saying that because I’m part of the conspiracy.
Meanwhile, you find almost equally dark visions, just as much at odds with reality, among establishment Republicans, people like Paul Ryan, speaker of the House.
Mr. Ryan is, of course, a media darling. He doesn’t really command strong support from his own party’s base; his prominence comes, instead, from a press corps that decided years ago that he was the archetype of serious, honest conservatism, and clings to that story no matter how many times the obvious fraudulence and cruelty of his proposals are pointed out. If the past is any indication, he will quickly be forgiven for his moral spinelessness in this election, his unwillingness to break with Mr. Trump — even to condemn him for questioning the legitimacy of the vote — no matter how grotesque the G.O.P. nominee’s behavior becomes.
But for what it’s worth, consider the portrait of America Mr. Ryan painted last week, in a speech to the College Republicans. For it was, in its own way, as out of touch with reality as the ranting of Donald Trump (whom Mr. Ryan never mentioned).
Now, to be fair, Mr. Ryan claimed to be describing the future — what will happen if Hillary Clinton wins — rather than the present. But Mrs. Clinton is essentially proposing a center-left agenda, an extension of the policies President Obama was able to implement in his first two years, and it’s pretty clear that Mr. Ryan’s remarks were intended as a picture of what all such policies do.
According to him, it’s very grim. There will, he said, be “a gloom and grayness to things,” ruled by a “cold and unfeeling bureaucracy.” We will become a place “where passion — the very stuff of life itself — is extinguished.” And this is the kind of America Mrs. Clinton “will stop at nothing to have.”
Does today’s America look anything like that? No. We have many problems, but we’re hardly living in a miasma of despair. Leave government statistics (which almost half of Trump supporters completely distrust) on one side; Gallup finds that 80 percent of Americans are satisfied with their standard of living, up from 73 percent in 2008, and that 55 percent consider themselves to be “thriving,” up from 49 percent in 2008. And there are good reasons for those good feelings: recovery from the financial crisis was slower than it should have been, but unemployment is low, incomes surged last year, and thanks to Obamacare more Americans have health insurance than ever before.
So Mr. Ryan’s vision of America looks nothing like reality. It is, however, completely familiar to anyone who read Ayn Rand’s “Atlas Shrugged” as a teenager. Nowadays the speaker denies being a Rand devotee, but while you can at least pretend to take the boy out of the cult, you can’t take the cult out of the boy. Like Ms. Rand — who was basically writing about America in the Eisenhower years! — he sees the horrible world progressive policies were supposed to produce, not the flawed but hopeful nation we actually live in.
So why does the modern right hate America? There’s not much overlap in substance between Mr. Trump’s fear-mongering and Mr. Ryan’s, but there’s a clear alignment of interests. The people Mr. Trump represents want to suppress and disenfranchise you-know-who; the big-money interests that support Ryan-style conservatism want to privatize and generally dismantle the social safety net, and they’re willing to do whatever it takes to get there.
The big question is whether trash-talking America can actually be a winning political strategy. We’ll soon find out.
Le loro cupe fantasie, di Paul Krugman
New York Times 17 ottobre 2016
Io vengo dagli anni della esplosione demografica [1], il che significa che sono abbastanza vecchio da ricordare i repubblicani che urlavano “America, o la ami o la lasci!” alla gente di sinistra che criticava il razzismo e le ineguaglianze. Ma questo avveniva molto tempo fa. Di questi tempi, il disprezzo per l’America – l’America che esiste effettivamente, non una immaginaria “America vera” nelle quale le minoranze e le donne stanno al loro posto – è concentrato a destra.
È certo che i progressisti vedono tuttora molte cose sbagliate nella condizione della nostra società, e cercano di cambiarle. Ma riconoscono anche il progresso che abbiamo fatto, e per la maggior parte il progresso che cercano aumenta un po’ alla volta: riguarda il far crescere le istituzioni esistenti, non il ridurre in cenere ogni cosa e il ricominciare da capo.
A destra, tuttavia, si trovano sempre di più personaggi eminenti che descrivono la nostra società come uno squallore da incubo.
Questo naturalmente è vero per Donald Trump, che vede il mondo a tinte sanguinose. Nella sua visione dell’America – chiaramente derivata dal suprematismo bianco e da fonti neo-naziste – il crimine dilaga in modo selvaggio, i quartieri poveri delle città sono zone di guerra, e orde di emigranti violenti si rovesciano dai nostri confini aperti. In realtà, gli omicidi sono ai minimi storici, stiamo assistendo ad un importante rinascimento urbano e l’immigrazione netta dal Messico è negativa. Ma quello che io dico si spiega soltanto perché faccio parte della cospirazione.
Nel frattempo, trovate visioni quasi altrettanto cupe, altrettanto agli antipodi della realtà, tra i repubblicani del gruppo dirigente, individui come Paul Ryan, il Presidente della Camera dei Rappresentanti.
Il signor Ryan, come si sa, è il prediletto dei media. In realtà, egli non dispone di un forte sostegno alla base del suo stesso partito; il suo rilievo deriva, invece, da organi di stampa che anni orsono decisero che era l’emblema del conservatorismo serio ed onesto, e si afferrano a quel racconto a prescindere dalle volte che l’evidente natura ingannevole e priva di umanità delle sue proposte è stata messa in evidenza. Se il passato offre qualche indicazione, egli sarà rapidamente perdonato per la mancanza di spina dorsale in queste elezioni, per la sua indisponibilità a rompere con Trump – persino a condannarlo per il suo mettere in dubbio la legittimità del voto – e non conterà neppure quanto il comportamento del candidato del Partito Repubblicano sta diventando grottesco.
Ma, per quello che conta, considerate il ritratto dell’America che il signor Ryan ha dipinto la settimana scorsa, in un discorso agli universitari repubblicani. Perché esso è stato, alla sua maniera, altrettanto fuori dalla realtà delle farneticazioni di Trump (al quale Ryan non ha mai fatto riferimento).
Ora, per esser giusti, Ryan sosteneva di star descrivendo il futuro – quello che accadrà se Hillary Clinton vince – non il presente. Ma la Clinton sta essenzialmente proponendo un programma di centro-sinistra, una prosecuzione delle politiche che il Presidente Obama è stato capace di mettere in atto nei suoi primi due anni, ed è abbastanza chiaro che le osservazioni di Ryan venivano presentate come un quadro di quello che tutte quelle politiche comportano.
Secondo lui, quel quadro è miserrimo. Ci sarà, ha detto “tristezza e grigiore nelle cose”, determinate da “una burocrazia fredda e insensibile”. Diventeremo un posto “nel quale la passione – l’effettiva sostanza della vita stessa – è estinta”. Per una America di questo genere, la Clinton “non si fermerà dinanzi a niente”.
L’America di oggi assomiglia in qualche modo a quel quadro? No. Abbiamo molti problemi, ma non stiamo vivendo in un miasma di disperazione. Lasciamo pure da parte le statistiche del Governo (alle quali quasi la metà dei sostenitori di Trump non credono affatto); Gallup scopre che l’80 per cento degli americani è soddisfatto del suo standard di vita, rispetto al 73 per cento del 2008, e che il 55 per cento si considera in condizioni “floride”, rispetto ad un 49 per cento nel 2008. E ci sono buone ragioni per questo stato d’animo: la ripresa dalla crisi finanziaria è stata più lenta di quanto avrebbe dovuto essere, ma la disoccupazione è bassa, l’anno scorso i redditi sono saliti, e grazie alla riforma di Obama un numero maggiore che mai di americani hanno l’assicurazione sanitaria.
Dunque, la visione di Ryan pare che non abbia niente a che fare con la realtà. Ciononostante, essa è del tutto familiare per uno che, da adolescente, leggeva il romanzo “Atlante scrollò le spalle” di Ayn Rand [2]. Oggi il Presidente nega di essere stato un cultore della Rand, ma se si può almeno far finta di tenere il ragazzo fuori da quella infatuazione, non si può pensare che quel culto sia estraneo al ragazzo. Come la signorina Rand – che stava scrivendo sull’America negli anni di Eisenhower! – egli vede il mondo orribile che le politiche progressiste si supponeva producessero, non la nazione con i difetti ma con le speranze nella quale viviamo effettivamente.
Perché dunque la destra odierna odia l’America? Non c’è una piena sovrapposizione tra i modi nei quali Trump e Ryan seminano paure, ma c’è un chiaro allineamento di interessi. Gli individui che Trump rappresenta vogliono tacitare e togliere il diritto di voto alle minoranze [3]; gli interesse del grande capitale che sostengono il conservatorismo del genere di Ryan vogliono privatizzare e in generale smantellare le reti della sicurezza sociale, e sono disponibili a fare qualunque cosa pur di arrivarci.
La grande questione è se tutto questo parlar male dell’America, alla fine, sarà una strategia politica vincente. Lo scopriremo presto.
[1] “Baby-boomer” è il termine con il quale si indicano coloro che sono nati nel periodo successivo alla Seconda Guerra Mondiale, quando negli Stati Uniti l’indice della natalità crebbe vistosamente, sia per la fine del conflitto che per la diffusione di un discreto benessere nella popolazione.
[2] Ayn Rand, è lo pseudonimo di Alisa Zinov’yevna Rosenbaum O’Connor (San Pietroburgo, 2 febbraio 1905 – New York, 6 marzo 1982); scrittrice,filosofa e sceneggiatrice statunitense di origine russa. La sua filosofia e la sua narrativa insistono sui concetti di individualismo, egoismo razionale (“interesse razionale”) e ed etica del capitalismo, nonché sulla sua opposizione al comunismo ed a ogni forma di collettivismo socialista e fascista. Il pensiero cosiddetto “oggettivista” della Rand ha – come anche tutto il “libertarianism” – molteplici origini liberali, anarchiche, antitotalitarie ed anche, più singolarmente, capitalistiche; spesso con esiti irreligiosi. Ma il mito dell’industriale creativo soffocato dalla burocrazia e costretto ad una resistenza addirittura “militante” – che è il tema del suo romanzo “Atlas Shrugged” – è certamente una passione americana, nel senso almeno che sarebbe arduo immaginarlo come tema di un romanzo, altrove. Più recentemente, il libro della Rand è stato indicato come riferimento favorito da parte di molti repubblicani americani. (Wikipedia)
[3] In genere “you-know-who” (“voi-sapete-chi”) è un modo per riferirsi ad un cliché, che in questo caso è il cliché razzista della destra americana.
By mm
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