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Perché Hillary vince, di Paul Krugman (New York Times 21 ottobre 2016)

 

Why Hillary Wins

Paul Krugman OCT. 21, 2016

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Hillary Clinton is a terrible candidate. Hey, that’s what pundits have been saying ever since this endless campaign began. You have to go back to Al Gore in 2000 to find a politician who faced as much jeering from the news media, over everything from claims of dishonesty (which usually turn out to be based on nothing) to matters of personal style.

Strange to say, however, Mrs. Clinton won the Democratic nomination fairly easily, and now, having pummeled her opponent in three successive debates, is an overwhelming favorite to win in November, probably by a wide margin. How is that possible?

The usual suspects are already coalescing around an answer — namely, that she just got lucky. If only the Republicans hadn’t nominated Donald Trump, the story goes, she’d be losing badly.

But here’s a contrarian thought: Maybe Mrs. Clinton is winning because she possesses some fundamental political strengths — strengths that fall into many pundits’ blind spots.

First of all, who was this other, stronger candidate that the G.O.P. might have chosen? Remember, Mr. Trump won the nomination because he gave his party’s base what it wanted, channeling the racial antagonism that has been the driving force for Republican electoral success for decades. All he did was say out loud what his rivals were trying to convey with dog whistles, which explains why they were so ineffective in opposing him.

And those establishment candidates were much more Trumpian than those fantasizing about a different history — say, one in which the G.O.P. nominated Marco Rubio — acknowledge. Many people remember Mr. Rubio’s brain glitch: the canned lines about “let’s dispel with this fiction” that he kept repeating in a disastrous debate performance. Fewer seem aware that those lines actually enunciated a crazy conspiracy theory, essentially accusing President Obama of deliberately weakening America. Is that really much better than the things Mr. Trump says? Only if you imagine that Mr. Rubio didn’t believe what he was saying — yet his insincerity, the obvious way he was trying to play a part, was surely part of his weakness.

That is, in fact, a general problem for establishment Republicans. How many of them really believe that tax cuts have magical powers, that climate change is a giant hoax, that saying the words “Islamic terrorism” will somehow defeat ISIS? Yet pretending to believe these things is the price of admission to the club — and the falsity of that pretense shines through.

And one more point about Mr. Rubio: why imagine that a man who collapsed in the face of childish needling from Mr. Trump would have triumphed over the woman who kept her cool during 11 hours of grilling over Benghazi, and made her interrogators look like fools? Which brings us to the question of Mrs. Clinton’s strengths.

When political commentators praise political talent, what they seem to have in mind is the ability of a candidate to match one of a very limited set of archetypes: the heroic leader, the back-slapping regular guy you’d like to have a beer with, the soaring orator. Mrs. Clinton is none of these things: too wonky, not to mention too female, to be a regular guy, a fairly mediocre speechifier; her prepared zingers tend to fall flat.

Yet the person tens of millions of viewers saw in this fall’s debates was hugely impressive all the same: self-possessed, almost preternaturally calm under pressure, deeply prepared, clearly in command of policy issues. And she was also working to a strategic plan: Each debate victory looked much bigger after a couple of days, once the implications had time to sink in, than it may have seemed on the night.

Oh, and the strengths she showed in the debates are also strengths that would serve her well as president. Just thought I should mention that. And maybe ordinary citizens noticed the same thing; maybe obvious competence and poise in stressful situations can add up to a kind of star quality, even if it doesn’t fit conventional notions of charisma.

Furthermore, there’s one thing Mrs. Clinton brought to this campaign that no establishment Republican could have matched: She truly cares about her signature issues, and believes in the solutions she’s pushing.

I know, we’re supposed to see her as coldly ambitious and calculating, and on some issues — like macroeconomics — she does sound a bit bloodless, even when she clearly understands the subject and is talking good sense. But when she’s talking about women’s rights, or racial injustice, or support for families, her commitment, even passion, are obvious. She’s genuine, in a way nobody in the other party can be.

So let’s dispel with this fiction that Hillary Clinton is only where she is through a random stroke of good luck. She’s a formidable figure, and has been all along.

 

Perché Hillary vince, Di Paul Krugman

New York Times 21 0ttobre 2016

Hillary Clinton è una candidata tremenda. Non è questo che i commentatori sono venuti dicendo, dal momento che questa infinita campagna elettorale è cominciata? Si deve tornare ad Al Gore nel 2000, per trovare un politico che abbia sopportato tanto scherno da parte dei media delle informazioni, a partire, oltre a tutto il resto, dalle pretese di disonestà (che normalmente si è scoperto erano basate su niente) sino alle faccende dello stile personale.

Strano a dirsi, tuttavia, la signora Clinton ha vinto abbastanza agevolmente la candidatura alle primarie democratiche, e adesso, avendo sbaragliato il suo avversario in tre successivi dibattiti, è in modo schiacciante favorita della vittoria a novembre, probabilmente con un ampio margine. Come è possibile?

I soliti noti si stanno già ricompattandosi attorno ad una risposta – precisamente che sarebbe solo stata fortunata. Se soltanto i repubblicani non avessero scelto Donald Trump, questo è il racconto, lei starebbe perdendo alla grande.

Ma c’è un pensiero fuori dal coro: forse la Clinton sta vincendo perché possiede alcuni fondamentali punti di forza politici – punti di forza invisibili a molti commentatori.

Prima di tutto, chi era quest’altro candidato più forte che il Partito Repubblicano avrebbe dovuto scegliere? Si ricordi che Trump si è aggiudicato la nomina perché ha dato alla base del suo partito quello che voleva, incanalando l’antagonismo razziale che era stata la forza trinante del successo elettorale repubblicano per decenni. Tutto quello che ha detto a squarciagola è stato quello che i suoi rivali cercavamo di comunicare per accenni, il che spiega perché sono stati così inefficaci nel contrastarlo.

E i candidati del gruppo dirigente repubblicano erano molto più ‘trumpiani’ di quanto riconoscano coloro che fantasticano su un’altra storia – ad esempio cosa sarebbe accaduto nel caso di una nomina di Marco Rubio.  Molte persone si ricordano della faccenda di quell’inconveniente intellettivo di Rubio: quelle frasi preconfezionate sullo “sfatare il mito di questa invenzione” che egli continuò a ripetere in una disastrosa prestazione nel corso di un dibattito. In molti meno sembrano consapevoli che quelle frasi enunciavano effettivamente una pazzesca teoria cospirativa, fondamentalmente accusando il Presidente Obama di indebolire deliberatamente l’America. Sono davvero cose molto migliori di quelle che sostiene Trump? Soltanto se vi immaginate che Rubio non credesse a quello che stava dicendo – tuttavia la sua insincerità, il modo evidente nel quale si sforzava di recitare una parte, era certamente una componente della sua debolezza.

Di fatto, questo è un problema generale per i repubblicani del gruppo dirigente.  Quanti di loro credono veramente che gli sgravi fiscali abbiano poteri magici, che il cambiamento climatico sia una bufala gigantesca, che pronunciare le parole “terrorismo islamico” in qualche modo sconfiggerà l’ISIS? Tuttavia, fingere di credere a cose del genere è il prezzo per essere ammessi al club – e la falsità di quella finzione si vede.

E un altro aspetto a proposito di Rubio: perché immaginarsi che un individuo che crollò di fronte alle infantili punzecchiature da parte di Trump avrebbe trionfato su una donna che si è mantenuta fredda durane 11 ore di torchiatura sulla faccenda di Bengasi, facendo apparire i suoi interlocutori come degli sciocchi? La qual cosa mi riporta alla questione dei punti di forza della Clinton.

Quando i commentatori elogiano il talento politico, quello che sembrano avere in mente e l’abilità della candidata nel mettere assieme una serie di archetipi molto modesti: la leader eroica, la persona normale che dà pacche sulle spalle con la quale vi piacerebbe bere una birra, l’oratrice che prende quota. La signora Clinton non è nessuna di queste cose: troppo preparata, per non dire troppo femminile, per essere una persona normale, una oratrice abbastanza mediocre; le sue predisposte battute taglienti di solito fanno fiasco.

Tuttavia la persona che milioni di spettatori hanno visto nei dibattiti di quest’autunno era comunque assai impressionante: padrona di sé, dotata di una calma fuori dal comune dinanzi alle provocazioni, profondamente preparata, chiaramente a suo agio sui temi della politica. E stava anche lavorando ad un piano strategico: ogni vittoria in un dibattito è sembrata molto più grande dopo un paio di giorni, una volta che le implicazioni avevano avuto il tempo di essere assimilate, rispetto a quello che potevano essere sembrate nel corso dei dibattiti notturni.

Inoltre, i punti di forza che metteva in evidenza nei dibattiti erano anche punti di forza che potrebbero esserle molto utili da Presidente. Dovrei forse fare un esempio, visto che ci ho pensato. E forse i cittadini normali hanno notato la stessa cosa: forse l’evidente competenza e la compostezza nelle situazioni impegnative potrebbero risultare equivalenti ad una sorta di attitudine da protagonista, seppure non si adattano ai concetti convenzionali di carisma.

Inoltre, c’è una cosa che la Clinton ha introdotto in questa campagna elettorale che nessun repubblicano del gruppo dirigente poteva eguagliare: ella ha effettivamente a cuore i suoi temi distintivi, e crede nelle soluzioni che sostiene.

Capisco che si pensava di trovare in lei una persona freddamente ambiziosa e calcolatrice, e su qualche tema – come la macroeconomia – ella sembra effettivamente un po’ anemica, anche quando chiaramente comprende le questioni e parla in termini di buon senso. Ma quando parla dei diritti delle donne, o dell’ingiustizia razziale, o degli aiuti alle famiglie, il suo impegno, persino la sua passione, sono evidenti. È una persona genuina, come nessun potrebbe essere nell’altro schieramento.

Si metta dunque da parte questo cliché secondo il quale la Clinton è quello che è solo per un colpo casuale di fortuna. È una figura di tutto rilievo, e lo è stata da sempre.

 

 

 

 

 

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