Paul Krugman OCT. 10, 2016
As many people are pointing out, Republicans now trying to distance themselves from Donald Trump need to explain why The Tape was a breaking point, when so many previous incidents weren’t. On Saturday, explaining why he was withdrawing his endorsement, Senator John McCain cited “comments on prisoners of war, the Khan Gold Star family, Judge Curiel and earlier inappropriate comments about women” — and that leaves out Mexicans as rapists, calls for a Muslim ban, and much more. So, Senator McCain, what took you so long?
One excuse we’re now hearing is that the new revelations are qualitatively different — that disrespect for women is one thing, but boasting about sexual assault brings it to another level. It’s a weak defense, since Mr. Trump has in effect been promising violence against minorities all along. His insistence last week that the Central Park Five, who were exonerated by DNA evidence, were guilty and should have been executed was even worse than The Tape, but drew hardly any denunciations from his party.
And even if you consider sexual predation somehow uniquely unacceptable, you have to ask where all these pearl-clutching Republicans were back in August, when Roger Ailes — freshly fired from Fox News over horrifying evidence that he used his position to force women into sexual relationships — joined the Trump campaign as a senior adviser. Were there any protests at all from senior G.O.P. figures?
Of course, we know the answer: The latest scandal upset Republicans, when previous scandals didn’t, because the candidate’s campaign was already in free fall. You can even see it in the numbers: The probability of a House Republican jumping off the Trump train is strongly related to the Obama share of a district’s vote in 2012. That is, Republicans in competitive districts are outraged by Mr. Trump’s behavior; those in safe seats seem oddly indifferent.
Meanwhile, the Trump-Ailes axis of abuse raises another question: Is sexual predation by senior political figures — which Mr. Ailes certainly was, even if he pretended to be in the journalism business — a partisan phenomenon?
Just to be clear, I’m not talking about bad behavior in general, which occurs among politicians (and people) of all political leanings. Yes, Bill Clinton had affairs; but there’s a world of difference between consensual sex, however inappropriate, and abuse of power to force those less powerful to accept your urges. That’s infinitely worse — and it happens more than we’d like to think.
Take, for example, what we now know about what was happening politically in 2006, a year that Nate Cohn, The Times’s polling expert, suggests offers some lessons for this year. As Mr. Cohn points out, as late as September of that year it looked as if Republicans might retain control of Congress despite public revulsion at the Bush administration. But then came the Foley scandal: A member of Congress, Representative Mark Foley, had been sending sexually explicit messages to pages, and his party had failed to take any action despite warnings. As Mr. Cohn points out, the scandal seems to have broken the dam, and led to a Democratic wave.
But think about how much bigger that wave might have been if voters had known what we know now: that Dennis Hastert, who had been speaker of the House since 1999, himself had a long history of molesting teenage boys.
Why do all these stories involve Republicans? One answer may be structural. The G.O.P. is, or was until this election, a monolithic, hierarchical institution, in which powerful men could cover up their sins much better than they could in the far looser Democratic coalition.
There is also, I’d suggest, an underlying cynicism that pervades the Republican elite. We’re talking about a party that has long exploited white backlash to mobilize working-class voters, while enacting policies that actually hurt those voters but benefit the wealthy. Anyone participating in that scam — which is what it is — has to have the sense that politics is a sphere in which you can get away with a lot if you have the right connections. So in a way it’s not surprising if a disproportionate number of major players feel empowered to abuse their position.
Which brings us back to the man almost all senior Republicans were supporting for president until a day or two ago.
Assuming that Mr. Trump loses, many Republicans will try to pretend that he was a complete outlier, unrepresentative of the party. But he isn’t. He won the nomination fair and square, chosen by voters who had a pretty good idea of who he was. He had solid establishment support until very late in the game. And his vices are, dare we say, very much in line with his party’s recent tradition.
Mr. Trump, in other words, isn’t so much an anomaly as he is a pure distillation of his party’s modern essence.
Sessisti in fasce [1], di Paul Krugman
New York Times 10 ottobre 2016
Come in molti stanno mettendo in evidenza, cercando di prendere le distanze da Donald Trump, adesso i repubblicani devono spiegare perché la ‘registrazione’ [2] è stata un punto di rottura, quando c’erano stati molti precedenti incidenti. Sabato, spiegando perché stava ritirando il suo appoggio, il Senatore John McCain ha citato “i commenti sui prigionieri di guerra, il caso dei Kahn, una famiglia musulmana ‘Gold Star’ [3], il caso del Giudice Curiel [4] e i precedenti inappropriati commenti sulle donne” – e questa lista lascia fuori i messicani che sarebbero stupratori, le richieste di messa al bando dei musulmani, e molto altro. Dunque, Senatore McCain, perché ha avuto bisogno di così tanto tempo?
Una scusa in circolazione è che le nuove rivelazioni sarebbero qualitativamente diverse – la mancanza di rispetto per le donne è una cosa, ma vantarsi di assalti sessuali alle donne porterebbe tutto ad un altro livello. È un argomento difensivo debole, dal momento che il signor Trump sta promettendo dall’inizio violenza contro le minoranze. La sua insistenza della settimana scorsa sul fatto che il gruppo dei cosiddetti Central Park Five [5], che furono scagionati dalla prova del Dna, sarebbero colpevoli e meriterebbero di essere giustiziati, è anche peggiore del caso della registrazione, ma non ha provocato alcuna denuncia dal suo partito.
E anche se considerate la pratica della aggressione sessuale come qualcosa di singolarmente deplorevole, si può chiedere dove erano tutti questi repubblicani che si strappano i capelli [6] nello scorso agosto, quando Roger Ailes – da poco licenziato da Fox News sulla base delle prove orripilanti sull’utilizzo della sua posizione per costringere donne a relazioni sessuali – aveva aderito alla campagna elettorale di Trump come consigliere esperto. Ci furono forse proteste da parte dei personaggi più eminenti del Partito Repubblicano?
Naturalmente, conosciamo la risposta: l’ultimo scandalo ha turbato i repubblicani, mentre non era successo con quelli precedenti, perché la campagna elettorale del candidato era già in caduta libera. Potete persino constatarlo nei dati: la probabilità di un repubblicano della Camera di saltar giù dal treno di Trump è in stretta relazione con le quote dei voti di Obama nei distretti del 2012. Ovvero, i repubblicani nei distretti dove c’è competizione sono oltraggiati dal comportamento di Trump; quelli nei posti sicuri sembrano stranamente indifferenti.
Allo stesso tempo, l’asse dell’abuso Trump-Ailes solleva un’altra questione: per i personaggi politici più eminenti – quale certamente era il signor Ailes, anche se fingeva di essere in una impresa di giornalismo – la mania dell’aggressione sessuale è un fenomeno di parte?
Per chiarezza, non sto parlando in generale di condotte disdicevoli, che accadono agli uomini politici (e alle persone) di tutti gli orientamenti politici. È vero, Bill Clinton ha avuto i suoi episodi; ma c’è una differenza gigantesca tra il sesso consensuale, per quanto inappropriato, e l’abuso di potere per costringere chi ha meno potere ad accettare i vostri bisogni. È una situazione infinitamente peggiore – ed accade molto più frequentemente di quanto siamo portati a pensare.
Si prenda per esempio quello che adesso sappiamo su quanto stava accadendo da un punto di vista politico nel 2006, un anno che Nate Cohn, l’esperto di sondaggi di The Times, suggerisce che offra alcune lezioni sull’anno in corso. Come mette in evidenza Cohn, non più tardi che a settembre di quell’anno i repubblicani potevano mantenere il controllo del Congresso, nonostante il disgusto dell’opinione pubblica per la Amministrazione Bush. Ma a quel punto intervenne lo scandalo Foley: un membro del Congresso, il Rappresentante Mark Foley, aveva pubblicato espliciti messaggi sessuali, ed il suo Partito non aveva assunto alcuna iniziativa, nonostante gli ammonimenti. Come mette in evidenza Cohn, quello scandalo sembra abbia rotto gli argini, e portò a un’ondata democratica.
Ma pensate a quanto sarebbe stata più grande quell’ondata se gli elettori avessero conosciuto quello che adesso sappiamo: che lo stesso Dennis Hastert, che era stato Presidente della Camera a partire dal 1999, aveva avuto una lunga storia di molestie verso ragazzi adolescenti.
Perché tutte queste storie riguardano repubblicani? Una risposta può essere strutturale. Il Partito Repubblicano è, o era sino a queste elezioni, una istituzione monolitica, gerarchica, nella quale uomini potenti potevano coprire i loro peccati molto meglio di quello che avrebbero potuto nella molto più blanda coalizione democratica.
Direi anche che c’è un cinismo di fondo che pervade l’élite repubblicana. Stiamo parlando di un partito che ha a lungo sfruttato il rigurgito razziale dei bianchi per chiamare a raccolta gli elettori delle classi lavoratrici, nel mentre metteva in atto politiche che effettivamente danneggiavano quegli elettori, a beneficio dei ricchi. Chiunque partecipi ad un imbroglio del genere – ed altro non era – deve avere la sensazione che la politica sia una sfera nella quale potete farla franca su una infinità di cose, se avete i collegamenti giusti. Dunque, in un certo senso, non è sorprendente se un numero sproporzionato di principali protagonisti si sente investito del potere di abusare della propria posizione.
Il che mi riporta all’individuo che quasi tutti i repubblicani eminenti stavano sostenendo come Presidente sino a due giorni orsono.
Nell’ipotesi che Trump perda, molti repubblicani cercheranno di far finta che egli fosse una eccezione assoluta, non rappresentativa del Partito. Ma egli non lo è. Ha ottenuto la candidatura in modo pieno e trasparente, scelto da elettori che avevano un’idea abbastanza precisa di chi fosse. Aveva un sostegno robusto dal gruppo dirigente sino agli ultimi passaggi. E i suoi vizi sono, oseremmo dire, molto in linea con la tradizione recente del suo Partito.
In altre parole, il signor Trump non è una anomalia così grande, è piuttosto un distillato puro dell’essenza moderna del suo Partito
[1] ‘Predator’ significa ‘predatore, predone’ – ad esempio, nel caso di animali carnivori – ma spesso è riferito a comportamenti sessuali caratterizzati da un atteggiamento compulsivo ‘predone’ verso l’altro sesso. Non si può tradurre con ‘stupratore’, come alcuni dizionari suggeriscono, ma non sarebbe preciso neanche ‘donnaiolo’, che probabilmente indica una compulsione più lieve. Il termine più recente ‘sessista’ in parte risolve il problema, anche se indicativo più del dispregio verso l’altro sesso che non del comportamento aggressivo.
Quanto a “in arms”, potrei sbagliare ma mi pare che non si dovrebbe tradurre “in armi” – come possibile – ma piuttosto “in fasce”, come nell’espressione “babies in arms” (“bambini in fasce”). Il senso dell’articolo si riferisce tutto al potenziale ‘sessismo’ dei repubblicani americani.
[2] Ovvero, la famigerata registrazione resa nota in questi giorni con le dichiarazioni di Trump sulle donne.
[3] Durante la Prima Guerra Mondiale, le madri di combattenti americani deceduti nel conflitto fondarono una associazione denominata ‘Gold Star mothers’. Il termine derivava dalla consuetudine di appendere alle finestre delle bandiere per onorare i figli e le figlie in servizio militare; le stelle blu indicavano i militari in servizio, le stelle d’oro quelli deceduti.
Kahn è il cognome di un genitore di un soldato di una famiglia musulmana, deceduto nel 2004 nella guerra in Iraq. Quel genitore nelle settimane passate aveva polemizzato aspramente con le posizioni di Trump sulla comunità musulmana.
[4] Un’altra vicenda che concerne inchieste giudiziarie a carico di Trump, in particolare a proposito della sua gestione della Trump University.
[5] Se capisco bene, è la denominazione di un gruppo di giovani afroamericani e latini che erano stati accusati di un caso di violenza contro una donna nel parco centrale di New York. In realtà furono scagionati molti anni fa, ma questo non ha impedito a Trump di continuare ad usarli come un argomento.
[6] Il termine “pearl-clutching” indica letteralmente il gesto di afferrare la propria catena di perle, significando una condizione di paura-panico-indignazione etc. Noi più modestamente ci strapperemmo i capelli.
By mm
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