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Chi ha sfasciato la politica? di Paul Krugman (New York Times 4 novembre 2016)

Who Broke Politics?

Paul Krugman NOV. 4, 2016

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As far as anyone can tell, Paul Ryan, the speaker of the House — and the leader of what’s left of the Republican establishment — isn’t racist or authoritarian. He is, however, doing all he can to make a racist authoritarian the most powerful man in the world. Why? Because then he could privatize Medicare and slash taxes on the wealthy.

And that, in brief, tells you what has happened to the Republican Party, and to America.

This has been an election in which almost every week sees some longstanding norm in U.S. political life get broken. We now have a major-party candidate who refuses to release his tax returns, despite huge questions about his business dealings. He constantly repeats claims that are totally false, like his assertion that crime is at record highs (it’s actually just a bit off historic lows). He stands condemned by his own words as a sexual predator. And there’s much, much more.

Any one of these things would in the past have been considered disqualifying in a presidential candidate. But leading Republicans just shrug. And they celebrated when James Comey, the director of the F.B.I., broke with policy to lay a heavy thumb on the election scales; if Hillary Clinton wins nonetheless, they have made it clear that they will try to block any Supreme Court nomination, and there’s already talk of impeachment hearings. About what? They’ll find something.

So how did all our political norms get destroyed? Hint: It started long before Donald Trump.

On one side, Republicans decided long ago that anything went in the effort to delegitimize and destroy Democrats. Those of us old enough to remember the 1990s also remember the endless series of accusations hurled against the Clintons.

Nothing was too implausible to get on talk radio and get favorable mention in Congress and in conservative media: Hillary killed Vince Foster! Bill was a drug smuggler!

Nothing was too trivial to trigger congressional hearings: 140 hours of testimony on potential abuse of the White House Christmas card list. And, of course, seven years of investigations into a failed real estate deal.

When Mrs. Clinton famously spoke of a “vast right-wing conspiracy” out to undermine her husband’s presidency, she wasn’t being hyperbolic; she was simply describing the obvious reality.

And since accusations of Democratic scandal, not to mention congressional “investigations” that started from a presumption of guilt, had become the norm, the very idea of bad behavior independent of politics disappeared: The flip side of the obsessive pursuit of a Democratic president was utter refusal to investigate even the most obvious wrongdoing by Republicans in office.

There were multiple real scandals during the administration of George W. Bush, ranging from what looked like a political purge in the Justice Department to the deceptions that led us into invading Iraq; nobody was ever held accountable.

The erosion of norms continued after President Obama took office. He faced total obstruction at every turn; blackmail over the debt ceiling; and now, a refusal even to hold hearings on his nominee to fill a vacancy on the Supreme Court.

What was the purpose of this assault on the implicit rules and understandings that we need to make democracy work? Well, when Newt Gingrich shut down the government in 1995, he was trying to, guess what, privatize Medicare. The rage against Bill Clinton partly reflected the fact that he raised taxes modestly on the wealthy.

In other words, Republican leaders have spent the past couple of decades doing exactly what the likes of Mr. Ryan are doing now: trashing democratic norms in pursuit of economic benefits for their donor class.

So we shouldn’t really be too surprised that Mr. Comey, who turns out to be a Republican first and a public servant, well, not so much, decided to politically weaponize his position on the eve of the election; that’s what Republicans have been doing across the board. And we shouldn’t be surprised at all that Mr. Trump’s lurid personal failings haven’t caused a break with the leaders of his party’s establishment: They decided long ago that only Democrats have scandals.

Despite Mr. Comey’s abuse of power, Mrs. Clinton will probably win. But Republicans won’t accept it. When Mr. Trump rages about a “rigged election,” expect muted disagreement at best from a party establishment that in a fundamental sense never accepts the legitimacy of a Democrat in the White House. And no matter what Mrs. Clinton does, the barrage of fake scandals will continue, now with demands for impeachment.

Can anything be done to limit the damage? It would help if the media finally learned its lesson, and stopped treating Republican scandal-mongering as genuine news. And it would also help if Democrats won the Senate, so that at least some governing could get done.

 

Chi ha sfasciato la politica? di Paul Krugman

New York Times 4 novembre 2016

Per quanto se ne sa, Paul Ryan, lo speaker della Camera dei Rappresentanti – e il leader di quello che è rimasto del gruppo dirigente repubblicano – non è razzista e non ha simpatie autoritarie. Tuttavia, sta facendo tutto il possibile per mettere al posto dell’uomo più potente al mondo un razzista con simpatie autoritarie. Perché lo fa? Perché quell’individuo potrebbe privatizzare Medicare e abbattere le tasse sui ricchi.

E questo ci dice, in poche parole, quello che è successo al Partito Repubblicano e all’America.

Questa è stata una campagna elettorale nella quale si sono viste alcune regole di vecchia data andare in pezzi, quasi ogni settimana. Adesso abbiamo un candidato di un principale partito che rifiuta di render pubbliche le sue dichiarazioni al fisco, nonostante enormi dubbi sulle sue operazioni affaristiche. Ripete in continuazione argomenti che sono totalmente falsi, come il suo giudizio per il quale il crimine sarebbe ai suoi livelli più alti (è effettivamente appena un po’ più basso dei suoi minimi storici). È un manifesto maniaco sessuale, stando alle sue stesse parole. E c’è altro, molto altro.

Ognuna di queste cose nel passato sarebbe stata considerata squalificante, per un candidato alla Presidenza. Ma i dirigenti repubblicani scrollano le spalle. E hanno fatto festa quando James Comey, il Direttore dell’FBI, ha rotto con le regole della politica per poggiare il suo pesante dito pollice sulla bilancia degli equilibri elettorali; se Hillary Clinton comunque vincesse, hanno messo in chiaro che cercheranno di bloccare qualsiasi nomina alla Corte Suprema, e ci sono già discorsi su istruttorie di impeachment. Su cosa? Qualcosa troveranno.

Dunque, com’è accaduto che tutte le nostre regole politiche siano andate in pezzi? Un suggerimento: è accaduto molto tempo prima di Donald Trump.

Intanto, i repubblicani decisero molto tempo fa che si dovesse fare di tutto nel tentativo di delegittimare e distruggere i Democratici. Chi tra di noi è abbastanza anziano da ricordare gli anni ’90, ricorderà anche la serie infinita di accuse scagliate contro i Clinton.

Non c’era niente di troppo inverosimile che impedisse di guadagnarsi una intervista radiofonica e di ottenere un riconoscimento favorevole nel Congresso e nei media conservatori: Hillary ha ammazzato Vince Foster [1]! Bill è un trafficante di droga!

Niente era troppo banale per provocare audizioni congressuali: 140 ore di testimonianze su un possibile abuso sulle liste di cartoline natalizie della Casa Bianca. E, naturalmente, sette anni di indagini su un affare immobiliare finito male.

Quando la Clinton pronunciò la famosa espressione su una “vasta cospirazione della destra” per sovvertire la Presidenza del suo consorte, non era una esagerazione; stava soltanto descrivendo un fatto evidente.

E dal momento in cui le accuse sugli scandali democratici, per non parlare delle “indagini” congressuali che prendevano le mosse da una presunzione di colpevolezza, diventarono la norma, l’idea di una cattiva condotta indipendente dalla politica letteralmente scomparve: il rovescio della medaglia della ossessiva persecuzione di un Presidente democratico fu il completo rifiuto di indagare persino sulle più evidenti malefatte da parte di repubblicani in carica.

Durante la Amministrazione di George W. Bush ci furono molteplici veri scandali, che andarono da quella che sembrò una epurazione politica al Dipartimento della Giustizia [2], agli inganni che ci portarono all’invasione dell’Iraq; nessuno fu mai chiamato a renderne conto.

L’erosione delle norme continuò dopo che il Presidente Obama entrò in carica. Ad ogni passaggio, egli dovette fronteggiare un ostruzionismo completo: il ricatto del tetto del debito [3]; e adesso persino il rifiuto a tenere audizioni su una sua nomina per riempire un posto vacante alla Corte Suprema.

Quale fu il proposito di questo attacco alle regole ed alle intese che sono implicite e necessarie per il funzionamento della democrazia?  Ebbene, quando Newt Gingrich [4] voleva costringere il Governo a chiudere bottega, la sua intenzione era quella, provate a indovinare, di privatizzare Medicare. La rabbia contro Bill Clinton, in parte rifletteva il fatto che egli aveva leggermente aumentato le tasse sui più ricchi.

In altre parole, i dirigenti repubblicani hanno passato gli ultimi due decenni facendo esattamente quello che individui come il signor Ryan stanno facendo adesso: fare strame delle regole democratiche per perseguire benefici economici per la classe dei loro finanziatori.

Dunque, non dovremmo essere troppo sorpresi che il signor Comey, che scopre di essere anzitutto un repubblicano e poi un funzionario pubblico (pubblico, si fa per dire), abbia deciso di militarizzare il suo ruolo alla vigilia delle elezioni; è quello che i repubblicani sono venuti facendo a tutto campo. E non dovremmo essere affatto sorpresi che gli impressionanti fallimenti di Donald Trump come persona non abbiano provocato una rottura con i responsabili del gruppo dirigente del suo partito: da molto tempo essi avevano deciso che soltanto i democratici hanno scandali.

Nonostante l’abuso di potere del signor Comey, probabilmente la Clinton vincerà. Ma i repubblicani non l’accetteranno. Quando Trump si infuria su “elezioni truccate”, aspettatevi al massimo un tenue disaccordo da un gruppo dirigente di un Partito che in sostanza non ha mai riconosciuto la legittimità di un democratico alla Casa Bianca. E non è importante quello che fa la Clinton, il fuoco di fila dei falsi scandali continuerà, a quel punto con le richieste di impeachment.

Si può fare qualcosa per limitare i danni? Un aiuto potrebbe venire dai media, se finalmente imparassero la lezione e la smettessero di considerare lo scandalismo dei repubblicani alla stregua di vere notizie. E aiuterebbe anche una vittoria dei Democratici al Senato, in modo tale, almeno, da poter realizzare alcune iniziative di governo.

 

 

[1] Si tratta della vicenda della morte di un collega della Clinton. Al tempo della sua professione avvocatizia. Secondo le indagini si trattò di un suicidio, e si cercò in sostanza di mettere in mezzo la Clinton esclusivamente perché avevano lavorato assieme.

[2] Nel dicembre del 2006 otto Procuratori del Dipartimento furono licenziati in blocco; avevano in comune indagini a carico di repubblicani.

[3] Ovvero, la minaccia più volte utilizzata dai repubblicani alla Camera di non votare gli aggiornamenti annuali sul debito, con il rischio di bloccare le spese ordinarie della Amministrazione e addirittura di provocare un ‘default’ nel pagamento dei debiti. Per avere un quadro di queste storie, è sufficiente una ricerca sul blog al termine “debt ceiling”; appariranno vari articoli, soprattutto relativi agli anni 2013 e seguenti.

[4] Era il dirigente repubblicano di maggior rilievo presso la Camera dei Rappresentanti.

 

 

 

 

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