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É in arrivo la recessione di Trump? Di Paul Krugman (New York Times 14 novembre 2016)

 

Trump Slump Coming?

Paul Krugman NOV. 14, 2016

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Let’s be clear: Installing Donald Trump in the White House is an epic mistake. In the long run, its consequences may well be apocalyptic, if only because we have probably lost our last, best chance to rein in runaway climate change.

But will the extent of the disaster become apparent right away? It’s natural and, one must admit, tempting to predict a quick comeuppance — and I myself gave in to that temptation, briefly, on that horrible election night, suggesting that a global recession was imminent. But I quickly retracted that call. Trumpism will have dire effects, but they will take time to become manifest.

In fact, don’t be surprised if economic growth actually accelerates for a couple of years.

Why am I, on reflection, relatively sanguine about the short-term effects of putting such a terrible man, with such a terrible team, in power? The answer is a mix of general principles and the specifics of our current economic situation.

First, the general principles: There is always a disconnect between what is good for society, or even the economy, in the long run, and what is good for economic performance over the next few quarters. Failure to take action on climate may doom civilization, but it’s not clear why it should depress next year’s consumer spending.

Or take the signature Trump issue of trade policy. A return to protectionism and trade wars would make the world economy poorer over time, and would in particular cripple poorer nations that desperately need open markets for their products. But predictions that Trumpist tariffs will cause a recession never made sense: Yes, we’ll export less, but we’ll also import less, and the overall effect on jobs will be more or less a wash.

We’ve already had a sort of dress rehearsal for this disconnect in the case of Brexit, Britain’s vote to leave the European Union. Brexit will make Britain poorer in the long run; but widespread predictions that it would cause a recession were, as some of us pointed out at the time, not really based on careful economic thinking. And sure enough, the Brexit recession doesn’t seem to be happening.

Beyond these general principles, the specifics of our economic situation mean that for a time, at least, a Trump administration might actually end up doing the right thing for the wrong reasons.

Eight years ago, as the world was plunging into financial crisis, I argued that we’d entered an economic realm in which “virtue is vice, caution is risky, and prudence is folly.” Specifically, we’d stumbled into a situation in which bigger deficits and higher inflation were good things, not bad. And we’re still in that situation — not as strongly as we were, but we could still very much use more deficit spending.

Many economists have known this all along. But they have been ignored, partly because much of the political establishment has been obsessed with the evils of debt, partly because Republicans have been against anything the Obama administration proposes.

Now, however, power has fallen into the hands of a man who definitely doesn’t suffer from an excess of either virtue or prudence. Donald Trump isn’t proposing huge, budget-busting tax cuts for the wealthy and corporations because he understands macroeconomics. But those tax cuts would add $4.5 trillion to U.S. debt over the next decade — about five times as much as the stimulus of the early Obama years.

True, handing out windfalls to rich people and companies that will probably sit on a lot of the money is a bad, low-bang-for-the-buck way to boost the economy, and I have my doubts about whether the promised surge in infrastructure spending will really happen. But an accidental, badly designed stimulus would still, in the short run, be better than no stimulus at all.

In short, don’t expect an immediate Trump slump.

Now, in the longer run Trumpism will be a very bad thing for the economy, in a couple of ways. For one thing, even if we don’t face a recession right now, stuff happens, and a lot depends on the effectiveness of the policy response. Yet we’re about to see a major degradation in both the quality and the independence of public servants. If we face a new economic crisis — perhaps as a result of the dismantling of financial reform — it’s hard to think of people less prepared to deal with it.

And Trumpist policies will, in particular, hurt, not help, the American working class; eventually, promises to bring back the good old days — yes, to make America great again — will be revealed as the cruel joke they are. More on that in future columns.

But all of this will probably take time; the consequences of the new regime’s awfulness won’t be apparent right away. Opponents of that regime need to be prepared for the real possibility that good things will happen to bad people, at least for a while.

 

É in arrivo la recessione di Trump? Di Paul Krugman

New York Times 14 novembre 2016

 Siamo chiari: aver messo Donald Trump alla Casa Bianca è stato uno sbaglio colossale. Nel lungo periodo, si può ben dire che le sue conseguenze potranno essere apocalittiche, se non altro perché abbiamo probabilmente perso la nostra ultima e migliore possibilità di tenere a freno un cambiamento climatico fuori controllo.

Ma la misura del disastro diventerà evidente subito? La tentazione di prevedere un immediato castigo è naturale, lo devo ammettere – io stesso sono caduto per un attimo in quella tentazione, durante quella tremenda notte elettorale, suggerendo che una recessione globale era imminente. Ma ho rapidamente ritrattato quel giudizio. Il trumpismo avrà effetti terribili, ma ci vorrà tempo perché diventino manifesti.

Di fatto, non sarei sorpreso se la crescita dell’economia per un paio d’anni avesse una accelerazione.

Perché, riflettendoci, sono così quasi spensierato sugli effetti a breve termine dell’aver collocato al potere un soggetto così angosciante, con una squadra di collaboratori così inaffidabile? La risposta sta in una combinazione di principi generali e di aspetti specifici della nostra attuale situazione economica.

Partiamo dai principi generali: c’è sempre un divario tra quello che è giusto per la società, o anche per l’economia, nel lungo periodo, e quello che è positivo per le prestazioni economiche nei prossimi pochi trimestri. Non assumere iniziative sul clima può condannare la civiltà, ma non è chiaro perché dovrebbe deprimere le spese dei consumi nel prossimo anno.

Oppure si consideri il tema distintivo di Trump sulla politica commerciale.  Un ritorno al protezionismo e alle guerre commerciali renderebbero l’economia mondiale più povera nel corso del tempo, e in particolare indebolirebbero le nazioni più povere che hanno disperatamente bisogno di mercati aperti per i loro prodotti. Ma le previsioni secondo le quali le tariffe volute da Trump provocheranno una recessione, non hanno mai avuto senso: sì, esporteremo meno, ma anche importeremo meno. E gli effetti complessivi sui posti di lavoro saranno più o meno come acqua che scorre.

Abbiamo già avuto una prova generale di questo divario nel caso della Brexit, il voto degli inglesi per lasciare l’Unione Europea. La Brexit, nel lungo periodo, impoverirà il Regno Unito: ma le diffuse previsioni secondo le quali avrebbe provocato una recessione, come alcuni di noi misero in evidenza in quel momento, non erano effettivamente basate su un ragionamento economico scrupoloso. E come previsto, la recessione della Brexit non sembra sia in atto.

Oltre a questi principi generali, gli aspetti specifici della nostra situazione economica comportano che, almeno per un certo periodo di tempo, una Amministrazione Trump potrebbe effettivamente finire col fare le cose giuste per le ragioni sbagliate.

Otto anni fa, quando il mondo stava crollando nella crisi finanziaria, io sostenni che eravamo entrati in un contesto economico nel quale “la virtù è il vizio, la cautela è rischiosa e la prudenza è una follia”. In particolare, eravamo precipitati in una situazione nella quale deficit maggiori ed una inflazione più elevata erano cose positive, non negative. E siamo ancora in quella situazione – non così gravemente come allora, ma ancora potremmo fare un largo utilizzo di una maggiore spesa in deficit.

Molti economisti hanno riconosciuto questo fatto da tempo. Ma sono stati ignorati, in parte perché gran parte dei gruppi dirigenti politici sono stati ossessionati dai mali del debito, in parte perché i repubblicani si sono opposti ad ogni proposta della Amministrazione Obama.

Adesso, tuttavia, il potere è finito nelle mani di una persona che senz’altro non soffre di eccessi, né di virtù né di prudenza. Donald Trump non sta proponendo ampi sgravi fiscali destinati a scassare i bilanci a favore dei ricchi e delle grandi società perché comprende l’economia. Ma quegli sgravi fiscali aumenterebbero di 4.500 miliardi di dollari il debito statunitense nel prossimo decennio – circa cinque volte le misure di sostegno dei primi anni di Obama.

È vero, distribuire questa manna dal cielo a persone ricche e a grandi società che probabilmente ci si siederanno sopra, è un modo negativo di incoraggiare l’economia, una grande spesa per un risultato miserabile, ed ho i miei dubbi che ci sarà per davvero la crescita della spesa sulle infrastrutture. Ma misure di sostegno accidentali e mal architettate potranno sempre, nel breve periodo, essere meglio che nessuno stimolo.

In breve, non mi aspetto nell’immediato una immediata recessione a causa di Trump.

Di contro, nel più lungo periodo Trump avrà effetti molto negativi per l’economia, in due sensi. Anzitutto, anche se non ci troveremo subito dinanzi ad una recessione, ci sono gli eventi, e molto dipende dalla efficacia delle risposte politiche. Per giunta, ci troveremo dinanzi ad un importante degrado sia della qualità che dell’indipendenza dei pubblici ufficiali. Se dovremo affrontare una nuova crisi economica – forse come una conseguenza dello smantellamento della riforma del sistema finanziario – è difficile immaginare persone meno adatte di loro a misurarsi con essa.

E le misure di Trump, in particolare, danneggeranno, non aiuteranno, la classe lavoratrice americana; alla fine, le promesse di riportarci ai bei tempi andati – sì, di tornare a fare grande l’America – si riveleranno come un perfido scherzo. Su questo tornerò in prossimi articoli.

Ma tutto questo probabilmente richiederà tempo; le conseguenze della tragedia del nuovo regime non saranno immediatamente evidenti. Gli oppositori di quel regime devono essere preparati alla reale possibilità che, almeno per un po’, gente inqualificabile abbia qualche successo.

 

 

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