Paul Krugman OCT. 31, 2016
The cryptic letter James Comey, the F.B.I. director, sent to Congress on Friday looked bizarre at the time — seeming to hint at a major new Clinton scandal, but offering no substance. Given what we know now, however, it was worse than bizarre, it was outrageous. Mr. Comey apparently had no evidence suggesting any wrongdoing by Hillary Clinton; he violated longstanding rules about commenting on politically sensitive investigations close to an election; and he did so despite being warned by other officials that he was doing something terribly wrong.
So what happened? We may never know the full story, but the best guess is that Mr. Comey, like many others — media organizations, would-be nonpartisan advocacy groups, and more — let himself be bullied by the usual suspects. Working the refs — screaming about bias and unfair treatment, no matter how favorable the treatment actually is — has been a consistent, long-term political strategy on the right. And the reason it keeps happening is because it so often works.
You see this most obviously in news coverage. Reporters who find themselves shut up in pens at Trump rallies while the crowd shouts abuse shouldn’t be surprised: constant accusations of liberal media bias have been a staple of Republican rhetoric for decades. And why not? The pressure has been effective.
Part of this effectiveness comes through false equivalence: news organizations, afraid of being attacked for bias, give evenhanded treatment to lies and truth. Way back in 2000 I suggested that if a Republican candidate said that the earth was flat, headlines would read, “Views differ on shape of planet.” That still happens.
The desire to get right-wing critics off one’s back may also explain why the news media keep falling for fake scandals. There’s a straight line from the Whitewater investigation — which ran for seven years, was endlessly hyped in the press, but never found any wrongdoing on the part of the Clintons — to the catastrophically bad coverage of the Clinton Foundation a couple of months ago. Remember when The Associated Press suggested scandalous undue influence based on a meeting between Hillary Clinton and a donor who just happened to be both a Nobel Prize winner and an old personal friend?
Sure enough, much of the initial coverage of the Comey letter was based not on what the letter said, which was very little, but on a false, malicious characterization of the letter by Jason Chaffetz, the Republican chairman of the House Committee on Oversight and Government Reform. You might think reporters would have learned by now not to take what people like Mr. Chaffetz say at face value. Apparently not.
Nor is it just the news media. A few years ago, during the peak of deficit-scold influence, it was striking to see the various organizations demanding deficit reduction pretend that Democrats who were willing to compromise and Republicans who insisted on slashing taxes for the wealthy were equally at fault. They even gave a “fiscal responsibility” award to Paul Ryan, whose budget proposals gave smoke and mirrors a bad name.
And as someone who still keeps a foot in the academic world, I’ve been watching pressure build on universities to hire more conservatives. Never mind the way climate denial, attacks on the theory of evolution, and all that may have pushed academics out of the G.O.P. The fact that relatively few conservatives teach, say, physics, is supposed to be grossly unfair. And you know some schools will start hiring less qualified people in response.
Which brings us back to Mr. Comey. It seemed obvious from the start that Mrs. Clinton’s decision to follow Colin Powell’s advice and bypass State Department email was a mistake, but nothing remotely approaching a crime. But Mr. Comey was subjected to a constant barrage of demands that he prosecute her for … something. He should simply have said no. Instead, even while announcing back in July that no charges would be filed, he editorialized about her conduct — a wholly inappropriate thing to do, but probably an attempt to appease the right.
It didn’t work, of course. They just demanded more. And it looks as if he tried to buy them off by throwing them a bone just a few days before the election. Whether it will matter politically remains to be seen, but one thing is clear: he destroyed his own reputation.
The moral of the story is that appeasing the modern American right is a losing proposition. Nothing you do convinces them that you’re being fair, because fairness has nothing to do with it. The right long ago ran out of good ideas that can be sold on their own merits, so the goal now is to remove merit from the picture.
Or to put it another way, they’re trying to create bias, not end it, and weakness — the kind of weakness Mr. Comey has so spectacularly displayed — only encourages them to do more.
Lavorarsi gli arbitri, di Paul Krugman
New York Times 31 ottobre 2016
La lettera criptica che James Comey, il Direttore del FBI, ha spedito venerdì al Congresso, sul momento è parsa bizzarra – sembrando alludere ad un importante nuovo scandalo della Clinton, ma non offrendo alcuna sostanza. Considerato quello che sappiamo adesso, tuttavia, essa è stata peggio che bizzarra, è stata scandalosa. Il signor Comey non sembra avere alcuna prova che indichi una qualche malefatta di Hillary Clinton; ha violato regole di lunga data relative a commenti su inchieste politicamente sensibili nell’imminenza di elezioni, e l’ha fatto nonostante che fosse stato messo in guardia da altre autorità sulla gravissima ingiustizia che stava commettendo.
Perché è successo, dunque? Non avremo mai l’intera spiegazione, ma l’ipotesi migliore è che Comey, al pari di molti altri – organizzazioni dei media, gruppi di sostegno presunti indipendenti, ed altri ancora – si sia lasciato intimidire dai soliti noti. Lavorarsi gli arbitri – gridare alla tendenziosità e al trattamento ingiusto, a prescindere da quanto sia effettivamente favorevole quel trattamento – è stata per la destra una coerente strategia politica da molto tempo. E la ragione per la quale continua a succedere, è che spesso funziona.
Lo potete constatare nel modo più evidente nei resoconti giornalistici. I giornalisti che si ritrovano chiusi nei recinti ai raduni di Trump mentre le folle urlano ingiurie non dovrebbero essere sorpresi: le accuse continue sulla tendenziosità dei media progressisti sono da decenni l’elemento fondamentale della propaganda repubblicana. E perché no? La pressione ha dato risultati.
In parte, questa efficacia deriva dalla falsa equivalenza: le organizzazioni dei notiziari, per la paura di essere accusate di tendenziosità, trattano in modo equanime le bugie e le verità. Nel passato anno 2000 io suggerì che se il candidato avesse detto che la Terra era piatta, si sarebbero letti titoli di questo genere: “Opinioni diverse sulla forma del Pianeta”. E continua ad accadere.
Il desiderio di togliersi di dosso le critiche della destra può anche spiegare perché i media dell’informazione continuano a farsi ingannare dai falsi scandali. C’è una linea diretta dalle indagini sul Whitewater [1] – che sono durate sette anni e sono state ininterrottamente alimentate sulla stampa, ma non hanno mai scoperto una malefatta da parte dei Clinton – ai resoconti catastroficamente negativi sulla Fondazione Clinton di due mesi orsono. Vi ricordate quando la Associated Press suggerì una scandalosa scorretta influenza basata su un incontro tra Hillary Clinton e un donatore, che per combinazione era anche un vincitore di un Premio Nobel, oltre ad essere un vecchio amico personale?
Come previsto, gran parte dei resoconti iniziali sulla lettera di Comey non erano basati su quello che diceva la lettera, bensì su una falsa e maliziosa interpretazione della lettera da parte di Jason Chaffetz, il Presidente repubblicano della Commissione della Camera sul Controllo e la Riforma del Governo. Potevate pensare che i giornalisti avessero ormai imparato a non prendere per oro colato quello che dicono persone come il signor Chaffetz, ma sembra non sia così.
Né si tratta soltanto dei media delle informazioni. Pochi anni orsono, al culmine dell’influenza delle Cassandre del deficit, ero impressionato dal constatare come varie organizzazioni che chiedevano una riduzione del deficit pretendessero che i Democratici, che erano disponibili ad un compromesso, e i Repubblicani, che insistevano sull’abbattimento delle tasse sui ricchi, fossero egualmente responsabili. Dettero anche un premio per la “responsabilità in materia di finanza pubblica” a Paul Ryan, rispetto alle cui proposte di bilancio, la fumosità e l’uso di trucchetti impallidivano.
E come una persona che ancora tiene un piede nel mondo universitario, sto osservando le spinte crescenti per assumere un maggior numero di conservatori. Non conta la circostanza del negazionismo in materia di clima, gli attacchi sulla teoria dell’evoluzione, e tutto che può aver allontanato gli universitari dal Partito Repubblicano. Il fatto che pochi conservatori insegnino, ad esempio, fisica, si pensa sia una volgare ingiustizia. E, per risposta, si conoscono alcune università che cominceranno ad assumere meno persone qualificate.
La qual cosa mi riporta al signor Comey. Sembrava evidente sin dagli inizi che la decisione della Clinton di seguire il consiglio di Colin Powell e di aggirare la email del Dipartimento di Stato era stato un errore, ma niente di lontanamente assimilabile ad un reato. Ma Comey era soggetto ad un continuo fuoco di fila di richieste di portarla in processo per …. qualcosa. Avrebbe dovuto semplicemente rifiutarsi. Invece, persino nel momento in cui, nel luglio passato, annunciò che le accuse sarebbero state archiviate, egli si diffondeva in scritti sulla sua condotta – una cosa completamente scorretta, ma probabilmente un tentativo di conciliarsi con la destra.
Ovviamente, non fece effetto. Loro semplicemente continuarono a chiedere di più. E a quanto pare egli ha provato a dar loro un contentino gettandogli un osso proprio pochi giorni prima delle elezioni. Se questo sarà importante da un punto di vista politico resta da vedere, ma una cosa è chiara: egli ha distrutto la sua stessa reputazione.
La morale di questa storia è che cercar di soddisfare la destra americana contemporanea è un’idea perdente. Niente li può convincere che state facendo la cosa giusta, perché la giustizia non c’entra. Da molto tempo la destra ha esaurito le buone idee che possono essere convincenti per i loro meriti, dunque adesso l’obbiettivo è rimuovere il merito dalla rappresentazione.
O, per dirla altrimenti, stanno cercando di costruire una faziosità, non di interromperla, e la debolezza – quella stessa debolezza che Comey ha mostrato in modo così spettacolare – li incoraggia soltanto a proseguire.
[1] Durante la campagna per le elezioni presidenziali del 1992 un articolo del New York Times diede la notizia dell’investimento fallimentare dei Clinton nella società. Nel novembre 1992 il banchiere David Hale sostenne che Bill Clinton, quando era governatore dell’Arkansas, gli aveva chiesto di concedere illegalmente un prestito di 300.000 dollari a Susan McDougal. I sostenitori di Clinton obiettarono però che le dichiarazioni di Hale erano discutibili, perché non aveva fatto alcun riferimento a Clinton nelle sue dichiarazioni sul prestito messe a verbale durante le indagini del Federal Bureau of Investigation del 1989, salvo cambiare la sua versione dopo essere stato messo sotto accusa. (Wikipedia)
By mm
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