Paul Krugman DEC. 26, 2016
Donald Trump got within striking distance of the White House — or, more precisely, Comey-and-Putin range — thanks to overwhelming support from white working-class voters. These voters trusted his promise to bring back good manufacturing jobs while disbelieving his much more credible promise to take away their health care. They have a rude shock coming.
But white workers aren’t alone in their gullibility: Corporate America is still in denial about the prospects for a global trade war, even though protectionism was a central theme of the Trump campaign. In fact, the only two causes about which Mr. Trump seems truly passionate are supposedly unfair trade deals and admiration for authoritarian regimes. It’s naïve to assume that he’ll let his signature policy issue slide.
Let’s talk means, motive and consequences.
You might imagine that a drastic change in U.S. trade policy would require congressional approval, and that Republicans — who claim to believe in free markets — would put on the brakes. But given G.O.P. spinelessness, that’s unlikely.
In any case, the relevant legislation gives the occupant of the White House remarkable leeway should he choose to go protectionist. He can restrict imports if such imports “threaten to impair the national security”; he can impose tariffs “to deal with large and serious United States balance-of-payments deficits”; he can modify tariff rates when foreign governments engage in “unjustifiable” policies. Who determines whether such conditions apply? The executive himself.
Now, these provisions weren’t intended to empower a president to reverse decades of U.S. trade policy, or engage in personal vendettas. You can guess, however, how much such niceties are likely to bother the incoming administration, which is already talking about using its powers. Which brings us to the question of motive.
Why would a Trump administration impose restrictions on imports? One answer is those working-class voters, whose supposed champion is set to pursue a radically antiworker domestic agenda. There’s an obvious incentive for Mr. Trump to make a big show of doing something to fulfill campaign promises. And if this creates international conflict, that’s actually a plus when it comes to diverting attention from collapsing health care and so on.
Beyond this, it’s clear that the incoming commander-in-chief really believes that international trade is a game in which nice guys finish last, and that America has been taken advantage of. Furthermore, he’s picking advisers who will confirm him in these beliefs.
Oh, and don’t expect attempts by experts to point out the holes in this view — to point out, in particular, that the image of a predatory China, running huge surpluses by keeping its currency undervalued, is years out of date — to make any impression. Members of the Trump team believe that all criticism of their economic ideas reflects a conspiracy among think tanks that are out to undermine them. Because of course they do.
So what will happen when the Trump tariffs come?
There will be retaliation, big time. When it comes to trade, America is not that much of a superpower — China is also a huge player, and the European Union is bigger still. They will respond in kind, targeting vulnerable U.S. sectors like aircraft and agriculture.
And retaliation isn’t the whole story; there’s also emulation. Once America decides that the rules don’t apply, world trade will become a free-for-all.
Will this cause a global recession? Probably not — those risks are, I think, exaggerated. No, protectionism didn’t cause the Great Depression.
What the coming trade war will do, however, is cause a lot of disruption. Today’s world economy is built around “value chains” that spread across borders: your car or your smartphone contain components manufactured in many countries, then assembled or modified in many more. A trade war would force a drastic shortening of those chains, and quite a few U.S. manufacturing operations would end up being big losers, just as happened when global trade surged in the past.
An old joke tells of a motorist who runs over a pedestrian, then tries to fix the damage by backing up — and runs over the victim a second time. Well, the effects of the Trumpist trade war on U.S. workers will be a lot like that.
Given these prospects, you might think that someone will persuade the incoming administration to rethink its commercial belligerence. That is, you might think that if you have paid no attention to the record and character of the protectionist in chief. Someone who won’t take briefings on national security because he’s “like, a smart person” and doesn’t need them isn’t likely to sit still for lessons on international economics.
No, the best bet is that the trade war is coming. Buckle your seatbelts.
E arrivò la guerra commerciale, di Paul Krugman
New York Times 26 dicembre 2016
Donald Trump è arrivato vicino in modo impressionante alla Casa Bianca – o, più precisamente, ad una distanza alla portata di Comey e di Putin – grazie al massiccio sostegno degli elettori della classe lavoratrice bianca. Quegli elettori hanno creduto alla sua promessa di riportare indietro i buoni posti di lavoro nel settore manifatturiero mentre non hanno creduto alla sua molto più credibile promessa di levar di torno la loro assistenza sanitaria. Per loro è in arrivo un duro colpo.
Ma gli elettori bianchi non sono gli unici ad essere creduloni: l’America delle imprese ancora si rifiuta di credere alle prospettive di una guerra commerciale globale, pur essendo il protezionismo un tema centrale della campagna elettorale di Trump. Di fatto, le uniche due cause alle quali il signor Trump sembra veramente appassionarsi sono i presunti accordi commerciali ingiusti e l’ammirazione per i regimi autoritari. È una ingenuità ritenere che trascurerà il suo tratto politico distintivo.
Parliamo dunque degli strumenti, del movente e delle conseguenze.
Potreste immaginare che un drastico cambiamento della politica commerciale degli Stati Uniti richiederebbe l’approvazione del Congresso, e che dai repubblicani – che sostengono di credere nei liberi mercati – verrebbe un freno. Ma, data la mancanza di spina dorsale del Partito Repubblicani, ciò è improbabile.
In ogni caso, la legislazione su tale materia dà all’occupante della Casa Bianca una considerevole libertà d’azione, se dovesse scegliere il protezionismo. Egli può ridurre le importazioni se le importazioni “minacciano di compromettere la sicurezza nazionale”; può imporre tariffe “per misurarsi con deficit della bilancia dei pagamenti degli Stati Uniti ampi e seri”; può modificare le aliquote delle tariffe quando i governi stranieri si impegnano in politiche “ingiustificabili”. Chi determina se si applicano tali condizioni? Il Governo stesso.
Ora, queste previsioni non erano state pensate per dare ad un Presidente il potere di capovolgere decenni di politica commerciale degli Stati Uniti, o per dedicarsi a faide personali. Vi potete, tuttavia, immaginare quanto sia probabile che tali sottigliezze impressionino l’Amministrazione in arrivo, che sta già parlando di usare i propri poteri. Il che mi porta alla questione del movente.
Perché l’Amministrazione Trump imporrebbe restrizioni sulle importazioni? Una risposta sono quegli elettori della classe lavoratrice, il supposto campione dei quali è pronto a perseguire una agenda interna radicalmente ostile ai lavoratori. C’è un evidente incentivo per il signor Trump ad organizzare una grande sceneggiata per fare qualcosa che soddisfi le promesse della campagna elettorale. E se questo crea un conflitto internazionale, ciò effettivamente costituisce un vantaggio quando accade per distrarre l’attenzione dal collasso della assistenza sanitaria o da cose del genere.
Oltre a ciò, è chiaro che il prossimo ‘comandante in capo’ crede realmente che il commercio internazionale sia un gioco nel quale i ‘bravi ragazzi’ hanno l’ultima parola [1], e che di ciò si sia abusato ai danni dell’America. Inoltre, sta scegliendo consiglieri che lo confermeranno in questi convincimenti.
Infine, non vi aspettate che i tentativi degli esperti di mettere in evidenza le smagliature di questo punto di vista facciano alcuna impressione – in particolare di mettere in evidenza che l’immagine di una Cina predatoria, che realizza grandi surplus tenendo sottovalutata la sua moneta, sia datata di anni. I componenti della squadra di Trump credono che tutte le critiche alle loro concezioni economiche riflettano una cospirazione tra i gruppi di ricercatori che hanno intenzione di creare scompiglio a loro danno. Perché è evidente che è così.
Dunque, cosa accadrà quando verranno le tariffe di Trump?
Ci saranno ritorsioni, con assoluta certezza. Quando si parla di commercio, l’America non è una superpotenza così grande – anche la Cina è un protagonista importante, e l’Unione Europea è più grande ancora. Essi risponderanno con la stessa moneta, prendendo di mira settori vulnerabili degli Stati Uniti come l’aeronautica e l’agricoltura.
E il racconto non finisce con le ritorsioni; c’è anche l’emulazione. Una volta che l’America decida che le regole non si applicano, il commercio mondiale diventerà una bolgia.
Questo provocherà una recessione globale? Probabilmente no – quei rischi sono, a mio parere, esagerati. Non fu il protezionismo a provocare la Grande Depressione.
Quello che la guerra commerciale in arrivo, tuttavia, provocherà sarà una grande disgregazione. Oggi l’economia mondiale è costruita attorno a “catene del valore” che si estendono oltre le frontiere: la vostra macchina o il vostro telefonino contengono componenti da manifatture di molti paesi, che poi vengono assemblate o modificate in molti modi. Una guerra commerciale costringerebbe ad una drastica restrizione di queste catene, e numerose operazioni manifatturiere negli Stati Uniti finirebbero per avere la maggiore rimessa, proprio come avvenne quando il commercio globale crebbe nel passato.
Un vecchio detto racconta di un automobilista che schiaccia un pedone, poi tenta di rimediare al danno tornando indietro – e schiaccia la vittima una seconda volta. Ebbene, gli effetti della guerra commerciale trumpista sui lavoratori degli Stati Uniti saranno qualcosa del genere.
Date queste prospettive, potreste ritenere che qualcuno convincerà la prossima Amministrazione a ripensare alla sua belligeranza commerciale. Ovvero, potreste pensarlo se non avete riflettuto abbastanza alla storia e al carattere del ‘protezionista in capo’. Un individuo che non terrà riunioni di esperti sulla sicurezza nazionale, giacché è “per dir così, una persona sveglia” [2] e non ha bisogno di loro, non è probabile che resti seduto immobile a lezioni di economia internazionale.
No, la scommessa migliore è che la guerra commerciale ci sarà. Allacciate le cinture di sicurezza.
[1] L’espressione può sembrare inappropriata, ma probabilmente è usata perché è anche il titolo di una canzone: “Nice guys finish last” (“I bravi ragazzi finiscono per ultimi”).
[2] Sono le parole usate di recente da Trump per spiegare la ragione per la quale non terrà quelle riunioni con esperti, al massimo le farà fare al suo vice. Non mi farò raccontare le stesse cose, con le stesse parole, dalle stesse persone per otto anni di fila, perché, ha detto, sono una persona sveglia e non ne ho bisogno.
By mm
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