Donald Trump won the electoral college at least in part by promising to bring coal jobs back to Appalachia and manufacturing jobs back to the Rust Belt. Neither promise can be honored – for the most part we’re talking about jobs lost, not to unfair foreign competition, but to technological change. But a funny thing happens when people like me try to point that out: we get enraged responses from economists who feel an affinity for the working people of the afflicted regions – responses that assume that trying to do the numbers must reflect contempt for regional cultures, or something.
So the other day I mused about the dilemmas of dealing with regional backlash, and noted that even lavishly funded attempts to shore up declining regions don’t seem to work very well. Here’s what I said:
[T]he track record of regional support policies in other countries, which spend far more on such things than we are likely to, is pretty poor. For example, massive aid to the former East Germany hasn’t prevented a large decline in population, much bigger than the population decline in Appalachia over the same period.
In response, I get a long, furious piece from Lyman Stone denouncing me:
Krugman and those who believe him want to believe that the fears of Appalachians (or Rust Belters, or what have you) are overblown, that life has not been so bad for them as it seems.
Wait; did I say that? I don’t think so. In fact, if I thought everything was OK in Appalachia, I wouldn’t have used it as a comparator for Eastern Germany. The point was precisely that Appalachia is a byword for regional decline, which makes it striking that East Germany, which has received the kind of aid Appalachia can only dream of, is suffering an even faster demographic decline.
And for what it’s worth, I’ve spent decades writing and talking about the problems of rising inequality and stagnant wages, so characterizing me as someone telling workers that their problems exist only in their heads is pretty strange.
Now, if we want to have a discussion of regional policies – an argument to the effect that my pessimism is unwarranted – fine. As someone who is generally a supporter of government activism, I’d actually like to be convinced that a judicious program of subsidies, relocating government departments, whatever, really can sustain communities whose traditional industry has eroded.
But what we get instead is an immediate attack on motives. Apparently even suggesting that the decline in some kinds of traditional employment can’t be reversed, and that sustaining regional economies can be hard, is a demonstration of elitist contempt for regular people. You might think that people like me are potential allies for those who want to help working families, wherever they are. But if we can’t say anything without facing the hair-trigger tempers of regional advocates, without being accused of insulting their culture, that pretty much forecloses useful discussion.
L’economia dell’autostima regionale
Donald Trump si è aggiudicato il collegio elettorale almeno in parte con la promessa di riportare negli Appalachi posti di lavoro nel carbone e di riportare posti di lavoro nel settore manifatturiero nella Rust Belt [1]. Entrambe le promesse non possono essere mantenute – soprattutto perché stiamo parlando di posti di lavoro persi non per la scorretta competizione di paesi esteri, ma per i mutamenti tecnologici. Eppure accade una cosa buffa quando persone come me cercano di mettere in evidenza quel punto: ci prendiamo risposte arrabbiate da economisti che sentono una affinità con i lavoratori delle regioni colpite – risposte che presuppongono che cercare di esporre i dati numerici rifletta un disprezzo per le culture regionali, o qualcosa del genere.
Così, l’altro giorno riflettevo sui dilemmi del misurarsi con le ripercussioni regionali, e notavo che persino i tentativi generosamente finanziati di sostenere le regioni in declino non sembrano funzionare granché bene. Ecco quello che affermavo:
“L’esperienza delle politiche di sostegno regionale in altri paesi, che spendono per tali oggetti molto di più di quello che è probabile si faccia noi, è molto modesta. Ad esempio, l’aiuto massiccio alla passata Germania dell’Est non ha impedito un ampio declino della popolazione, molto più ampio del declino della popolazione negli Appalachi nello stesso periodo.”
Per risposta, ho ricevuto un lungo articolo infuriato di denuncia di Lyman Stone:
“Krugman e coloro che gli danno retta vogliono credere che le paure degli Appalachiani (o degli abitanti della Rust Belt, o chi volete voi) siano esagerate, che per loro la vita non sia così cattiva come sembra.”
Un momento; io ho detto questo? Non è la mia opinione. Di fatto, se io pensassi che tutto va bene negli Appalachi, non avrei usato come riferimento la Germania dell’Est. Il punto era precisamente che gli Appalachi sono un sinonimo di declino regionale, il che rende impressionante che la Germania dell’Est, che ha ricevuto un genere di aiuto che gli Appalachi si possono sognare, stia soffrendo un declino demografico persino più rapido.
E per quello che vale, ho passato decenni scrivendo e parlando dei problemi della crescente diseguaglianza e dei salari stagnanti, cosicché dipingermi come qualcuno che racconta ai lavoratori che i loro problemi esistono soltanto nelle loro teste, è abbastanza strano.
Ora, se vogliamo avere una discussione sulle politiche regionali – un argomento secondo il quale il mio pessimismo sarebbe ingiustificato – va bene. Essendo in generale un sostenitore dell’attivismo del Governo, per la verità mi farebbe piacere essere convinto che un giudizioso programma di sussidi, di rilocalizzazione dei settori pubblici, o qualsiasi altra cosa, possa davvero sostenere le comunità le cui industrie tradizionali sono state erose.
Ma quello che invece si riceve sono attacchi sulle motivazioni. In apparenza anche il solo suggerire che il declino in alcuni settori dell’occupazione regionale non possa essere invertito, e che sostenere le economie regionali possa essere difficile, è la dimostrazione di un disprezzo elitario per le persone normali. Si potrebbe ritenere che individui come me siano potenziali alleati per coloro che vogliono aiutare le famiglie dei lavoratori, dovunque si trovino. Ma se non si può dire niente senza dover fronteggiare i caratterini irascibili dei sostenitori delle politiche regionali, senza essere accusati di insultare la loro cultura, il che impedisce praticamente un dibattito utile.
[1] Letteralmente la “Cintura della ruggine”, ovvero la grande area che comincia a New York e attraversa il settentrione passando per la Pennsylvania, la Virginia Occidentale, l’Ohio, l’Indiana e la parte più bassa della penisola del Michigan, per finire nella parte settentrionale dell’Illinois, in quella orientale dello Iowa e in quella sud orientale del Wisconsin. Ovvero, l’area che è stata caratterizzata maggiormente dai fenomeni della deindustrializzazione manifatturiera.
Tale ‘Cintura’ è ben visibile in questa cartina da Wikipedia, dove le aree con una perdita maggiore di posti di lavoro manifatturieri sono segnate dal color marrone (perdite superiori al 58%) e in rosso (perdite dal 46 al 53%); mentre le aree con maggiori guadagni sono segnate dai colori verde chiaro e verde (i dati sono relativi al periodo dal 1954 al 2002):
By mm
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