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Note sulla situazione macroeconomica (dal blog di Krugman, 14 dicembre 2016)

DEC 14 3:26 PM

 

Notes on the Macroeconomic Situation

 

So the Fed has raised rates. It was, I’d argue, a mistake, although not as severe a mistake as it would have been a year ago. Anyway, it seems like a good time to review where I think the economy stands, and what it means for monetary and fiscal policy.

At this point, the evidence does suggest that we’re close to full employment. It’s not so much the headline unemployment rate, which is questionable given low labor force participation. But wage growth has accelerated, and the quit rate is back more or less to pre-crisis levels, suggesting that workers feel pretty good about job prospects.

Does this mean that the case for easy monetary and fiscal policies is over? No, but it’s subtler now: it hinges mainly on the precautionary motive. Right now the economy looks OK, but things may change. Of course they could get better, but they could also get worse — and the costs of weakness are much greater than those of unexpected strength, because we won’t have a good policy response if it happens.

What I mean is that because interest rates are still near zero, a bout of economic weakness can’t be met with strong monetary expansion; and discretionary fiscal stimulus is politically hard, especially given who’ll be running things. This strongly suggests that you want to build up some momentum, get further away from a lee shore, pick your metaphor; that means letting the economy build strength, inflation rise modestly. So as I said, I believe the Fed made a mistake, and would welcome a modest (1 or 2 point? maybe more?) rise in budget deficits, especially if it involved infrastructure spending.

But what if we are about to get significant fiscal stimulus from Trump? Well, it won’t be well-targeted, in terms of either demand or supply; that infrastructure build looks ever less likely, so we’re talking high-end tax cuts with low multipliers and little supply-side payoff. Such a policy might vindicate the Fed’s rate hike, but it should still wait and see.

Meanwhile, Trump deficits won’t actually do much to boost growth, because rates will rise and there will be lots of crowding out. Also a strong dollar and bigger trade deficit, like Reagan’s morning after Morning in America.

So, the probable outlook is for not too great growth and deindustrialization. Not quite what people expect.

 

Note sulla situazione macroeconomica

Dunque la Fed ha alzato i tassi. Direi che è stato un errore, anche se non così grave come sarebbe stato un anno fa. In ogni modo, sembra il momento giusto per esaminare a che punto sta secondo me l’economia, e cosa comporta per la politica della finanza pubblica e monetaria.

A questo punto, le prove indicano che siamo vicini alla piena occupazione. Non si tratta tanto del tasso di disoccupazione complessivo, che è discutibile data la bassa partecipazione della forza lavoro. Ma la crescita dei salari si è accelerata [1], e il tasso delle uscite dal lavoro è tornato più o meno ai livelli precedenti la crisi, suggerendo che i lavoratori hanno percezioni abbastanza positive sulle prospettive dei posti di lavoro [2].

Questo significa che gli argomenti per politiche di finanza pubblica e monetarie permissive sono superati? No, ma sono divenuti più sottili: dipendono principalmente da ragioni cautelative. In questo momento sembra che l’economia vada bene, ma le cose potrebbero cambiare. Naturalmente, potrebbero cambiare in meglio, ma potrebbero anche peggiorare – ed i costi della debolezza sarebbero maggiori di quelli di una forza inaspettata, perché se accadesse non avremmo una adeguata risposta politica.

Quello che intendo è che poiché i tassi di interesse sono ancora vicini allo zero, un periodo di debolezza economica non potrebbe essere affrontato con una forte espansione monetaria; e uno stimolo della finanza pubblica discrezionale è politicamente arduo, in particolare considerato che gestirà la situazione. Questo indica fortemente che si vuole realizzare un qualche slancio, tenersi ulteriormente lontani da una costa sottovento, scegliete voi la metafora; il che comporta fare in modo che l’economia si irrobustisca e che l’inflazione cresca modestamente. Dunque, come ho detto, credo che la Fed abbia fatto un errore, e sarebbe benvenuto un modesto incremento nei deficit di bilancio (un punto o due? Forse di più?), in particolare se esso comportasse spesa pubblica per le infrastrutture.

Ma cosa accade se siamo prossimi ad ottenere uno stimolo significativo da parte di Trump? Ebbene, esso non sarebbe bene indirizzato, in termini sia di domanda che di offerta; quella costruzione di infrastrutture sembra sempre meno probabile, dunque stiamo parlando di sgravi fiscali per i più ricchi con bassi moltiplicatori e modesti vantaggi dal lato dell’offerta. Una tale politica potrebbe confermare la scelta del rialzo dei tassi della Fed, ma si doveva ancora stare a guardare.

Nel frattempo, i deficit di Trump in sostanza non faranno molto per incoraggiare la crescita, perché i tassi saliranno e ci saranno molte riduzioni di spazi per investimenti. Ci sarà anche un dollaro forte e un deficit commerciale più grande, come nel ‘mattino’ reaganiano dopo l’epoca del “Buongiorno America” [3].

Dunque, il risultato probabile è quello di una crescita non grande e di una deindustrializzazione. Non esattamente quello che la gente si aspetta.

 

 

[1] Nella connessione compare una Tabella che mostra i salari medi orari del settore privato, che erano poco sopra i 22 dollari nel 2009 e sono quasi 26 dollari adesso.

[2] Anche in questo caso non riesco, purtroppo, a scaricare la statistica dell’Ufficio del Lavoro degli Stati Uniti, che del resto si può vedere cliccando sul testo inglese. Essa mostra il totale delle uscite dai posti di lavoro nei settori non agricoli, dal 2000 al 2016. Quando le uscite (che non sono i licenziamenti, ma le uscite volontarie) sono basse, esse indicano il timore a lasciare il lavoro che si ha per quello che si potrebbe non trovare; quando sono più alte indicano maggiore ottimismo. La curva precipitò a seguito della Grande Recessione, ed oggi è tornata ai livelli dei primi anni 2000. Nel 2010 era ad un tasso dell’1,2, oggi è ad un tasso del 2,1.

[3] L’intera frase richiede alcune spiegazioni (e potrei aver fatto sbagli). Intanto il “crowding out” che in genere significa, o viene tradotto in economia, con “spiazzamento”. Vale a dire che i tassi che salgono comporterebbero limiti agli investimenti privati, che appunto ‘farebbero posto’ a maggiori rendite finanziarie.

In secondo luogo: la trasmissione radiofonica “(Buon) giorno America” segnò un ulteriore periodo di fortuna politica per Reagan, che la inventò e la realizzò con indubbio successo. Da lì venne anche la vittoria elettorale di Reagan nelle elezioni per il secondo mandato del 1984. La traduzione più esatta della trasmissione è: “È di nuovo giorno, America”, e lo slogan si riferiva al fatto che la gente era tornata al lavoro in modo massiccio, dopo il primo mandato presidenziale del Presidente repubblicano. Ma il giorno dell’America non fu esattamente la stessa cosa del ‘nuovo giorno’ di Reagan (questo, almeno, pare a me il senso).

 

 

 

 

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