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Utili idioti in abbondanza, di Paul Krugman (New York Times 16 dicembre 2016)

 

Useful Idiots Galore

Paul Krugman DEC. 16, 2016

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On Wednesday an editorial in The Times described Donald Trump as a “useful idiot” serving Russian interests. That may not be exactly right. After all, useful idiots are supposed to be unaware of how they’re being used, but Mr. Trump probably knows very well how much he owes to Vladimir Putin. Remember, he once openly appealed to the Russians to hack Hillary Clinton’s emails.

Still, the general picture of a president-elect who owes his position in part to intervention by a foreign power, and shows every sign of being prepared to use U.S. policy to reward that power, is accurate.

But let’s be honest: Mr. Trump is by no means the only useful idiot in this story. As recent reporting by The Times makes clear, bad guys couldn’t have hacked the U.S. election without a lot of help, both from U.S. politicians and from the news media.

Let me explain what I mean by saying that bad guys hacked the election. I’m not talking about some kind of wild conspiracy theory. I’m talking about the obvious effect of two factors on voting: the steady drumbeat of Russia-contrived leaks about Democrats, and only Democrats, and the dramatic, totally unjustified last-minute intervention by the F.B.I., which appears to have become a highly partisan institution, with distinct alt-right sympathies.

Does anyone really doubt that these factors moved swing-state ballots by at least 1 percent? If they did, they made the difference in Michigan, Wisconsin and Pennsylvania — and therefore handed Mr. Trump the election, even though he received almost three million fewer total votes. Yes, the election was hacked.

By the way, people who respond to this observation by talking about mistakes in Clinton campaign strategy are missing the point, and continuing their useful idiocy. All campaigns make mistakes. Since when do these mistakes excuse subversion of an election by a foreign power and a rogue domestic law enforcement agency?

So why did the subversion work?

It’s important to realize that the postelection C.I.A. declaration that Russia had intervened on behalf of the Trump campaign was a confirmation, not a revelation (although we’ve now learned that Mr. Putin was personally involved in the effort).

The pro-Putin tilt of Mr. Trump and his advisers was obvious months before the election — I wrote about it in July. By midsummer the close relationship between WikiLeaks and Russian intelligence was also obvious, as was the site’s growing alignment with white nationalists.

Did Republican politicians, so big on flag waving and impugning their rivals’ patriotism, reject this foreign aid to their cause? No, they didn’t. In fact, as far as I can tell, no major Republican figure was even willing to criticize Mr. Trump when he directly asked Russia to hack Mrs. Clinton.

This shouldn’t come as a surprise. It has long been obvious — except, apparently, to the news media — that the modern G.O.P. is a radical institution that is ready to violate democratic norms in the pursuit of power. Why should the norm of not accepting foreign assistance be any different?

The bigger surprise was the behavior of the news media, and I don’t mean fake news; I mean big, prestigious organizations. Leaked emails, which everyone knew were probably the product of Russian hacking, were breathlessly reported as shocking revelations, even when they mostly revealed nothing more than the fact that Democrats are people.

Meanwhile, the news media dutifully played up the Clinton server story, which never involved any evidence of wrongdoing, but merged in the public mind into the perception of a vast “email” scandal when there was nothing there.

And then there was the Comey letter. The F.B.I. literally found nothing at all. But the letter dominated front pages and TV coverage, and that coverage — by news organizations that surely knew that they were being used as political weapons — was almost certainly decisive on Election Day.

So as I said, there were a lot of useful idiots this year, and they made the election hack a success.

Now what? If we’re going to have any hope of redemption, people will have to stop letting themselves be used the way they were in 2016. And the first step is to admit the awful reality of what just happened.

That means not trying to change the subject to campaign strategy, which is a legitimate topic but has no bearing on the question of electoral subversion. It means not making excuses for news coverage that empowered that subversion.

And it means not acting as if this was a normal election whose result gives the winner any kind of a mandate, or indeed any legitimacy beyond the bare legal requirements. It might be more comfortable to pretend that things are O.K., that American democracy isn’t on the edge. But that would be taking useful idiocy to the next level.

 

Utili idioti in abbondanza, di Paul Krugman

New York Times 16 dicembre 2016

Mercoledì un editoriale di The Times descriveva Donald Trump come un “utile idiota” al servizio degli interessi russi. Può non essere del tutto giusto. Dopo tutto gli utili idioti si suppone non siano consapevoli di come vengono usati, mentre Trump probabilmente sa benissimo quanto sia debitore nei confronti di Vladimir Putin. Si ricordi che in una occasione egli fece appello ai russi perché accedessero illegalmente nelle mail di Hillary Clinton.

Eppure, il quadro generale di un Presidente eletto che in parte deve la sua posizione ad un intervento di una potenza straniera, e mostra in tutti i modi di essere pronto ad usare la politica degli Stati Uniti con riconoscenza verso quella potenza, è chiarissimo.

Ma, siamo onesti: in questa storia Trump non è in nessun senso l’unico utile idiota. Come un recente resoconto da parte di The Times mette in chiaro, individui loschi non avrebbero potuto accedere illegalmente nelle elezioni americane senza molti aiuti, sia da parte di uomini politici statunitensi che dei media dell’informazione.

Fatemi spiegare cosa intendo dicendo che individui loschi hanno realizzato un attacco informatico alle elezioni. Non sto enunciando un qualche genere di pazzesca teoria cospiratoria. Sto parlando dell’effetto evidente di due fattori sul voto: il continuo martellamento della fuga di notizie pianificata dalla Russia sui democratici, e solo su loro, e lo spettacolare, totalmente ingiustificato intervento all’ultimo minuto dell’FBI, che sembra essere diventata una istituzione del tutto di parte, con spiccate simpatie verso la nuova destra.

C’è qualcuno che può mettere in dubbio che questi fattori abbiano spostato almeno dell’1 per cento i voti nei cosiddetti ‘Stati oscillanti’? Se è quello che hanno provocato, hanno fatto la differenza nel Michigan, nel Wisconsin e in Pennsylvania – e di conseguenza hanno consentito l’elezione di Trump, pur avendo egli ricevuto quasi tre milioni di voti complessivi in meno. Dunque, sì, le elezioni sono state violate.

Per inciso, coloro che rispondono a questa osservazione parlando degli errori della strategia elettorale della Clinton, smarriscono l’aspetto principale, e proseguono nella loro utile idiozia. In tutte le elezioni si fanno errori. Da quando commettere tali errori è una scusante per il sovvertimento di una elezione da parte di una potenza straniera e per una disonesta applicazione della legge da parte di una Agenzia nazionale?

Perché, dunque, quel sovvertimento è stato efficace?

È importante comprendere che la dichiarazione successiva alle elezioni da parte della CIA, secondo la quale la Russia era intervenuta nell’interesse della campagna elettorale di Trump, è stata una conferma, non una rivelazione (sebbene adesso abbiamo appreso che il signor Putin in persona è stato implicato nello sforzo).

La tendenza a favore di Putin da parte di Trump e dei suoi consiglieri era evidente mesi prima delle elezioni – io ne scrissi in luglio. In piena estate le strette relazioni tra WikiLeaks e l’intelligence russa erano anch’esse evidenti, così come era evidente il crescente allineamento del sito con i nazionalisti bianchi [1].

I repubblicani, così solerti nell’agitare bandiere nazionali e nel mettere in dubbio il patriottismo dei loro rivali, respinsero questi aiuti alla loro causa? Niente affatto. In sostanza, per quello che si può dire, nessuna importante figura di repubblicano fu neppure disponibile a criticare Trump quando egli chiese direttamente alla Russia di entrare nella corrispondenza della signora Clinton.

Questo non dovrebbe essere sorprendente. Era evidente da tempo – ad eccezione, a quanto pare, dei media dell’informazione – che il Partito Repubblicano odierno è una istituzione estremista che è pronta a violare le regole democratiche per i suoi obiettivi di potere. Perché la regola del non accettare aiuti dagli stranieri dovrebbe fare qualche differenza?

La sorpresa più grande fu il comportamento dei media dell’informazione, intendo organizzazioni grandi e di prestigio, e non mi riferisco alle notizie false. La fuga di notizie delle mail, che tutti sapevano essere probabilmente il prodotto della pirateria informatica russa, vennero senza batter ciglio riportate come rivelazioni stupefacenti, anche quando esse per la maggior parte rivelavano soltanto che i democratici sono persone come tutti gli altri.

Nel frattempo, i media dell’informazione enfatizzavano con impegno la storia del server della Clinton, che non ha mai riguardato alcuna prova di malaffare, ma si amalgamava nella testa dell’opinione pubblica con la percezione di un vasto scandalo delle mail, pur essendo completamente priva di fondamento.

Poi venne la lettera di Comey. Per l’esattezza, l’FBI non aveva scoperto un bel niente. Ma la lettera imperversò sulle prime pagine dei giornali e sui resoconti televisivi, e quei resoconti – da parte di organizzazioni dell’informazione che di sicuro sapevano di essere usate come armi politiche – fu quasi certamente decisiva il giorno delle elezioni.

Dunque, come ho detto, quest’anno c’è stata una grande quantità di utili idioti, che hanno fatto diventare un successo la pirateria informatica sulle elezioni.

E adesso? Se vogliamo avere una qualche speranza di redenzione, la gente dovrà smettere di consentire di essere utilizzata nel modo in cui lo è stata nel 2016. E il primo passo è riconoscere l’impressionante realtà di quello che è appena successo.

Questo comporta non cercar di cambiare l’oggetto con l’argomento della strategia elettorale, che è un tema legittimo ma che non influenza la questione del sovvertimento elettorale. Ciò significa non accampare scuse per i resoconti giornalistici che reso possibile quel sovvertimento.

E significa non agire come se fosse stata una elezione qualsiasi il cui risultato dà al vincitore ogni genere di mandato, oppure una qualsiasi certa legittimazione oltre gli scarni requisiti legali. Potrebbe essere di maggiore conforto fingere che vada tutto bene, che la democrazia americana non sia sull’orlo di un precipizio. Ma sarebbe come portare l’utile idiozia al livello successivo.

 

[1] La connessione è con un articolo apparso il 27 luglio scorso su Wired, nel quale si esponevano argomenti relativi a questi evidenti collegamenti del sito di WikiLeaks e ambienti della destra, peraltro marcatamente anti ebraici.

 

 

 

 

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