Consider the following tax reform:
1. Impose a retail sales tax on consumer goods and services, both domestic and imported.
2. Use some of the proceeds from the tax to repeal the corporate income tax.
3. Use the rest of the proceeds from the tax to significantly cut the payroll tax.
Before moving on, ask yourself: Do you like this plan?
As I understand it, this plan is, in effect, what the Republicans in Congress are proposing.
Note the words “in effect.” There are a few differences, which are more important administratively than in their economic effect. One is that the consumption tax is not collected at the retail level but rather along the chain of production (much like a value-added tax). Once this is done, you need border adjustments to ensure the tax is really like a retail sales tax: imports must be taxed, and exports have to get a rebate. In addition, the payroll tax is not cut but rather firms get a deduction for labor payments, but that deduction is much the same as a payroll tax cut.
Personally, I like the three-point plan listed above, and I therefore like the reform proposal being discussed in Congress. A lot of confusion about things like border adjustments might disappear if commentators realized that what is being discussed is largely equivalent to this three-point plan.
Addendum: I don’t think it is quite right to say,as Paul Krugman does, that this plan is a shift from taxing profits to taxing consumers. That ignores part 3 of the three-point plan. It is more accurate to say it is a shift from taxing profits to taxing consumed profits. Moreover, I think it would promote economic growth and rising living standards. A large literature suggests that taxing consumption is preferred to taxing income, especially capital income.So a shift from a profits tax to a consumed profits tax is a step in the right direction.
JAN 30 3:54 PM
I’ve noted in the past that I get the most vitriolic attacks, not when I denounce politicians as evil or corrupt, but when I use more or less standard economics to debunk favorite fallacies. Sure enough, lots of anger over the trade analysis in today’s column, assertions that it’s all left-wing bias, etc..
So maybe it’s worth noting that Greg Mankiw’s take on the economics of DBCFT is basically identical to mine: subsidy or tax cut on employment of domestic factors of production, paid for by sales tax. Greg and I disagree on whether replacing profits taxes with sales taxes is a good idea, but agree that all of this has nothing to do with trade and international competition – because it doesn’t.
I suspect, however, that Greg is being naïve here in assuming that we’re just seeing confusion because border tax adjustment sounds as if it must involve competitive games. There’s some of that, for sure, but one reason the competitiveness thing won’t go away is that it’s an essential part of the political pitch. “Let’s eliminate taxes on profits and tax consumers instead” is a hard sell, even if you want to claim that the incidence isn’t what it looks like. Claiming that it’s about eliminating a dire competitive disadvantage plays much better, even though it’s all wrong.
To be fair, these tax-and-trade issues are kind of two-ibuprofen stuff at best. But confusions persists even longer than usual when they serve a political purpose.
Una riforma fiscale in tre punti,
di Greg Mankiw
Si consideri la seguente riforma fiscale:
1 – Imposizione di una tassa sulla vendita al dettaglio di beni e servizi, sia nazionali che importati;
2 – Utilizzo di una parte del ricavato dalla tassa per abrogare la tassa sul reddito delle imprese;
3 – Utilizzo del resto del ricavato dalla tassa pe tagliare in modo significativo la tassa sugli stipendi.
Prima di procedere, chiedetevi: vi piace questo programma?
Per come lo capisco io, questo programma è, in effetti, ciò che i repubblicani del Congresso stanno proponendo.
Si noti la parola “in effetti”. Ci sono poche differenze, che sono più importanti per i loro effetti amministrativi che economici. Una è che la tassa sui consumi non è raccolta al livello del dettaglio ma piuttosto lungo la catena della produzione (in modo molto simile ad una tassa sul valore aggiunto). Una volta che si fa in questo modo, c’è bisogno di correzioni ai confini per assicurare che la tassa sia effettivamente una tassa sulle vendite al dettaglio: le importazioni devono essere tassate, e le esportazioni devono avere uno sconto. In aggiunta, la tassa sugli stipendi non viene tagliata ma sono piuttosto le imprese ad ottenere una deduzione sul pagamento del lavoro, ma quella deduzione è praticamente lo stesso di un taglio alla tassa sugli stipendi.
Personalmente, io sono favorevole al piano in tre punti illustrato sopra, e dunque sono favorevole alla proposta di riforma che viene discussa nel Congresso. Un po’ della confusione su cose come la correzione ai confini potrebbero scomparire se i commentatori comprendessero che ciò che è in discussione è largamente equivalente a questo programma in tre punti.
Aggiunta: non credo che sia del tutto corretto affermare, come fa Paul Krugman, che questo programma è uno spostamento dalla tassazione sui profitti alla tassazione su consumatori. In questo modo non si considera la terza parte del programma in tre punti. È più appropriato dire che è uno spostamento dalla tassazione sui profitti alla tassazione sui profitti consumati. Inoltre, penso che promuoverebbe la crescita economica e alzerebbe i livelli di vita. Un’ampia letteratura suggerisce che tassare i consumi è preferibile a tassare i redditi, in particolare i redditi da capitale. Dunque uno spostamento da una tassa sui profitti a una tassa sui profitti consumati è un passo nella direzione giusta.
30 gennaio 2017
Giochi di competitività
di Paul Krugman
Ho notato nel passato che ricevo i peggiori attacchi al vetriolo non quando denuncio uomini politici come malvagi o corrotti, ma quando uso concetti economici più o meno di base per smascherare gli errori preferiti. Come previsto, un sacco di rabbia sull’analisi del commercio nell’articolo di oggi, giudizi secondo i quali sono tutti pregiudizi della sinistra, etc.
Forse è dunque degno di nota che la presa di posizione di Greg Mankiw sull’economia del DBCFT [1] sia fondamentalmente identica alla mia: sussidi o sgravi fiscali sull’occupazione di fattori nazionali della produzione, pagati con una tassa sulle vendite. Greg ed io non siamo d’accordo se rimpiazzare le tasse sui profitti sia una buona idea, ma siamo d’accordo sul fatto non abbia niente a che fare con il commercio e la competizione internazionale – perché è così.
Sospetto comunque che Greg sia ingenuo in questo caso, assumendo che stiamo solo assistendo a un po’ di confusione perché la tassa di correzione al confine dà l’impressione di riguardare strategie competitive. Di certo, quello è un aspetto, ma una ragione per la quale la faccenda della competitività non scomparirà è che essa è una parte essenziale del discorso politico. “Eliminate le tasse sui profitti e tassate piuttosto i consumatori” è un argomento difficile da rivendere, anche se si intende sostenere che l’incidenza non è quella che appare. Sostenere che il tutto riguarda l’eliminazione di un catastrofico svantaggio competitivo funziona molto meglio, anche se è del tutto sbagliato.
Onestamente, questi temi su tasse e commercio sono nel migliore dei casi una sorta di medicinali antiinfiammatori. Ma la confusione persiste anche più a lungo del solito quando serve ad uno scopo politico.
[1] Per una spiegazione del significato di DBCFT – l’acronimo di una proposta di legge dei repubblicani americani in materia di fisco – vedi il post qua tradotto del 27 gennaio “La tassa al confine in due passi”.
By mm
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