Paul Krugman JAN. 16, 2017
As a young man, Congressman John Lewis, who represents most of Atlanta, literally put his life on the line in pursuit of justice. As a key civil rights leader, he endured multiple beatings. Most famously, he led the demonstration that came to be known as Bloody Sunday, suffering a fractured skull at the hands of state troopers. Public outrage over that day’s violence helped lead to the enactment of the Voting Rights Act.
Now Mr. Lewis says that he won’t attend the inauguration of Donald Trump, whom he regards as an illegitimate president.
As you might expect, this statement provoked a hysterical, slanderous reaction from the president-elect – who, of course, got his start in national politics by repeatedly, falsely questioning President Obama’s right to hold office. But Mr. Trump — who has never sacrificed anything or taken a risk to help others — seems to have a special animus toward genuine heroes. Maybe he prefers demonstrators who don’t get beaten?
But let’s not talk about Mr. Trump’s ravings. Instead, let’s ask whether Mr. Lewis was right to say what he said. Is it O.K., morally and politically, to declare the man about to move into the White House illegitimate?
Yes, it is. In fact, it’s an act of patriotism.
By any reasonable standard, the 2016 election was deeply tainted. It wasn’t just the effects of Russian intervention on Mr. Trump’s behalf; Hillary Clinton would almost surely have won if the F.B.I. hadn’t conveyed the false impression that it had damaging new information about her, just days before the vote. This was grotesque, delegitimizing malfeasance, especially in contrast with the agency’s refusal to discuss the Russia connection.
Was there even more to it? Did the Trump campaign actively coordinate with a foreign power? Did a cabal within the F.B.I. deliberately slow-walk investigations into that possibility? Are the lurid tales about adventures in Moscow true? We don’t know, although Mr. Trump’s creepy obsequiousness to Vladimir Putin makes it hard to dismiss these allegations. Even given what we do know, however, no previous U.S. president-elect has had less right to the title. So why shouldn’t we question his legitimacy?
And talking frankly about how Mr. Trump gained power isn’t just about truth-telling. It may also help to limit that power.
It would be one thing if the incoming commander in chief showed any hint of humility, of realizing that his duty to the nation requires showing some respect for the strong majority of Americans who voted against him despite Russian meddling and the F.B.I.’s disinformation dump. But he hasn’t and won’t.
Instead, he’s lashing out at and threatening anyone and everyone who criticizes him, while refusing even to admit that he lost the popular vote. And he’s surrounding himself with people who share his contempt for everything that is best in America. What we’re looking at, all too obviously, is an American kakistocracy — rule by the worst.
What can restrain this rule? Well, Congress still has a lot of power to rein the president in. And it would be nice to imagine that there are enough public-spirited legislators to play that role. In particular, just three Republican senators with consciences could do a lot to protect American values.
But Congress will be much more likely to stand up to a rogue, would-be authoritarian executive if its members realize that they will face a political price if they act as his enablers.
What this means is that Mr. Trump must not be treated with personal deference simply because of the position he has managed to seize. He must not be granted the use of the White House as a bully pulpit. He must not be allowed to cloak himself in the majesty of office. Given what we know about this guy’s character, it’s all too clear that granting him unearned respect will just empower him to behave badly.
And reminding people how he got where he is will be an important tool in preventing him from gaining respect he doesn’t deserve. Remember, saying that the election was tainted isn’t a smear or a wild conspiracy theory; it’s simply the truth.
Now, anyone questioning Mr. Trump’s legitimacy will be accused of being unpatriotic — because that’s what people on the right always say about anyone who criticizes a Republican president. (Strangely, they don’t say this about attacks on Democratic presidents.) But patriotism means standing up for your country’s values, not pledging personal allegiance to Dear Leader.
No, we shouldn’t get into the habit of delegitimizing election results we don’t like. But this time really is exceptional, and needs to be treated that way.
So let’s be thankful that John Lewis had the courage to speak out. It was the patriotic, heroic thing to do. And America needs that kind of heroism, now more than ever.
Con tutta la dovuta mancanza di rispetto, di Paul Krugman
New York Times 16 gennaio 2017
Da giovane, il congressista John Lewis [1], che rappresenta la maggioranza dei cittadini di Atlanta, mise letteralmente a rischio la propria vita nel perseguimento della giustizia. Come uno dei principali leader dei diritti civili, egli sopportò molti pestaggi. Nel caso più famoso, guidò la dimostrazione che passò alla storia come “La domenica di sangue”, subendo una frattura alla testa per mano degli agenti di polizia dello Stato. L’indignazione dell’opinione pubblica per le violenze di quella giornata contribuì al varo della Legge sui Diritti Civili.
Adesso il signor Lewis sostiene che non sarà presente alla inaugurazione di Donald Trump, che egli considera un Presidente illegittimo.
Come ci si poteva aspettare, questa dichiarazione ha provocato una isterica reazione diffamatoria da parte del Presidente eletto – il quale, per inciso, inaugurò la sua presenza nella politica nazionale ripetutamente, e falsamente, mettendo in dubbio il diritto del Presidente Obama a entrare in carica. Ma Trump – che non ha mai sacrificato niente e non si è mai preso il rischio di aiutare gli altri – sembra avere una vera e propria particolare ostilità nei confronti degli eroi in carne ed ossa. Può darsi che preferisca i dimostranti che non prendono botte?
Ma lasciamo perdere le farneticazioni del signor Trump. Chiediamoci piuttosto se Lewis aveva il diritto di dire quello che ha detto. È giusto, moralmente e politicamente, dichiarare illegittimo l’individuo che sta per entrare alla Casa Bianca?
Sì, lo è. Di fatto, è un atto di patriottismo.
Secondo ogni ragionevole criterio, le elezioni del 2016 sono state inquinate. Non è stato solo l’effetto dell’intervento russo a favore di Trump; Hillary Clinton avrebbe vinto quasi sicuramente se l’FBI non avesse diffuso l’impressione ingannevole si essere in possesso di nuove dannose notizie a suo riguardo, solo pochi giorni prima del voto. Si trattava di un abuso grottesco e delegittimante, in particolare in contrasto con il rifiuto dell’agenzia di trattare il tema della connection russa.
C’era persino qualcosa di più? La campagna elettorale di Trump è stata coordinata da una potenza straniera? Una trama all’interno dell’FBI ha deliberatamente rallentato le indagini su quella ipotesi? Sono veri i racconti sulle sconce avventure a Mosca? Non lo sappiamo, sebbene la sospetta ossequiosità di Trump nei confronti di Putin renda difficile scartare queste accuse. Ma persino sulla base di quello che conosciamo, nessun precedente Presidente eletto negli Stati Uniti ha avuto meno diritto a quel titolo. Perché, dunque, non dovremmo sollevare dubbi sulla sua legittimazione?
E parlando schiettamente del modo in cui Trump ha conquistato il potere, esso non è certamente dipeso dal dire la verità. Può anche darsi che questo contribuisca a condizionare quel potere.
Sarebbe altra cosa se il ‘comandante in capo’ in arrivo mostrasse un qualche cenno di umiltà nel comprendere che il suo dovere verso la nazione richiede di mostrare una sorta di rispetto per la grande maggioranza di americani che gli hanno votato contro nonostante l’ingerenza russa e il pantano della disinformazione dell’FBI. Ma non l’ha fatto e non lo farà.
Sta invece attaccando e minacciando chiunque lo critichi, nel mentre rifiuta persino di ammettere di non aver ottenuto la maggioranza del voto popolare. E si sta circondando di individui che condividono il suo disprezzo per tutto quello che c’è di meglio in America. Quello a cui stiamo assistendo, con sin troppa evidenza, è una cachistocrazia [2] americana – il governo dei peggiori.
Cosa può frenare questo governo? Ebbene, il Congresso ha ancora molto potere per tenere a freno il Presidente. E sarebbe bello immaginare che ci siano ancora legislatori dotati di senso civico per assumere un tale ruolo. Basterebbero solo tre senatori repubblicani dotati di coscienza, che potrebbero far molto per proteggere i valori dell’America.
Ma è molto più probabile che il Congresso resista ad un esecutivo ribaldo con l’aspirazione all’autoritarismo se i suoi membri comprendono che pagheranno un prezzo politico se agiscono come coloro che l’hanno consentito.
Questo significa che Trump non deve essere trattato con personale deferenza, solo per la posizione della quale si è appropriato. Non gli deve essere concesso l’uso della Casa Bianca come un pulpito da quale intimidire. Non gli deve essere permesso di nascondersi dietro la solennità della sua carica. Per quello che sappiamo del carattere dell’individuo, è anche troppo chiaro che garantirgli un immeritato rispetto lo indurrà semplicemente a comportarsi sempre peggio.
E ricordare alla gente come è arrivato al punto in cui si trova, sarà uno strumento importante per impedirgli di ottenere il rispetto che non si merita. Si ricordi, dire che le elezioni sono state inquinate non è una calunnia o una pazzesca teoria cospirativa; è semplicemente la verità.
Ora, chiunque metta in dubbio la legittimità di Trump sarà accusato di essere non patriottico – giacché è quello che a destra si dice sempre di chiunque critichi un Presidente repubblicano (stranamente, non lo si dice per gli attacchi ai Presidenti democratici). Ma il patriottismo comporta prendere posizione per i valori del vostro paese, non promettere fedeltà personale al capo ossequiato.
No, non dovremmo prendere l’abitudine di delegittimare i risultati elettorali che non ci piacciono. Ma questa è un’epoca davvero eccezionale, e deve essere trattata in quel modo.
Siamo dunque grati a John Lewis che ha avuto il coraggio di parlare apertamente. Farlo è stato patriottico ed anche eroico. E l’America ha bisogno di un eroismo di quel genere, oggi più che mai.
[1] La foto che ritrae John Lewis durante la manifestazione commemorativa sul ponte di Edmund Pettus, a Selma, nel 2015:
[2] Il contrario di ‘aristocrazia’; il governo dei peggiori.
By mm
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