Paul Krugman JAN. 9, 2017
Not long ago prominent Republicans like Paul Ryan, the speaker of the House, liked to warn in apocalyptic terms about the dangers of budget deficits, declaring that a Greek-style crisis was just around the corner. But now, suddenly, those very same politicians are perfectly happy with the prospect of deficits swollen by tax cuts; the budget resolution they’re considering would, according to their own estimates, add $9 trillion in debt over the next decade. Hey, no problem.
This sudden turnaround comes as a huge shock to absolutely nobody — at least nobody with any sense. All that posturing about the deficit was obvious flimflam, whose purpose was to hobble a Democratic president, and it was completely predictable that the pretense of being fiscally responsible would be dropped as soon as the G.O.P. regained the White House.
What wasn’t quite so predictable, however, was that Republicans would stop pretending to care about deficits at almost precisely the moment that deficits were starting to matter again.
Those apocalyptic warnings are still foolish: America, which borrows in its own currency and therefore can’t run out of cash, isn’t at all like Greece. But running big deficits is no longer harmless, let alone desirable.
The way it was: Eight years ago, with the economy in free fall, I wrote that we had entered an era of “depression economics,” in which the usual rules of economic policy no longer applied, in which virtue was vice and prudence was folly. In particular, deficit spending was essential to support the economy, and attempts to balance the budget would be destructive.
This diagnosis — shared by most professional economists — didn’t come out of thin air; it was based on well-established macroeconomic principles. Furthermore, the predictions that came out of those principles held up very well. In the depressed economy that prevailed for years after the financial crisis, government borrowing didn’t drive up interest rates, money creation by the Fed didn’t cause inflation, and nations that tried to slash budget deficits experienced severe recessions.
But these predictions were always conditional, applying only to an economy far from full employment. That was the kind of economy President Obama inherited; but the Trump-Putin administration will, instead, come into power at a time when full employment has been more or less restored.
How do we know that we’re close to full employment? The low official unemployment rate is just one indicator. What I find more compelling are two facts: Wages are finally rising reasonably fast, showing that workers have bargaining power again, and the rate at which workers are quitting their jobs, an indication of how confident they are of finding new jobs, is back to pre-crisis levels.
What changes once we’re close to full employment? Basically, government borrowing once again competes with the private sector for a limited amount of money. This means that deficit spending no longer provides much if any economic boost, because it drives up interest rates and “crowds out” private investment.
Now, government borrowing can still be justified if it serves an important purpose: Interest rates are still very low, and borrowing at those low rates to invest in much-needed infrastructure is still a very good idea, both because it would raise productivity and because it would provide a bit of insurance against future downturns. But while candidate Trump talked about increasing public investment, there’s no sign at all that congressional Republicans are going to make such investment a priority.
No, they’re going to blow up the deficit mainly by cutting taxes on the wealthy. And that won’t do anything significant to boost the economy or create jobs. In fact, by crowding out investment it will somewhat reduce long-term economic growth. Meanwhile, it will make the rich richer, even as cuts in social spending make the poor poorer and undermine security for the middle class. But that, of course, is the intention.
Again, none of this implies an economic catastrophe. If such a catastrophe does come, it will be thanks to other policies, like a rollback of financial regulation, or from outside events like a crisis in China or Europe. And because stuff does happen, and a lot depends on how the U.S. government responds when it does, we should be concerned that the incoming administration only seems to take economic advice from people who have consistently been wrong about, well, everything.
But back to deficits: the crucial point is not that Republicans were hypocritical. It is, instead, that their hypocrisy made us poorer. They screamed about the evils of debt at a time when bigger deficits would have done a lot of good, and are about to blow up deficits at a time when they will do harm.
I deficit sono nuovamente importanti, di Paul Krugman
New York Times 9 gennaio 2017
Non molto tempo fa eminenti repubblicani come Paul Ryan, il Presidente della Camera dei Rappresentanti, si compiacevano di ammonire in termini apocalittici sui pericoli dei deficit di bilancio, dichiarando che una crisi simile a quella della Grecia era proprio dietro l’angolo. Ma adesso, all’improvviso, quegli stessi politici sono del tutto contenti per la prospettiva di deficit rigonfiati dagli sgravi fiscali; la risoluzione sul Bilancio [1] che stanno valutando, secondo le loro stesse stime, aumenterebbe per 9 milia miliardi di dollari il debito nel corso del prossimo decennio. Nessun problema.
Questo improvviso voltafaccia non costituisce per nessuno un particolare trauma – almeno per nessuno con un po’ di cervello. Tutto quell’atteggiarsi sui deficit era una evidente fandonia, aveva lo scopo di azzoppare un Presidente democratico, ed era del tutto prevedibile che la pretesa della responsabilità in materia di finanza pubblica sarebbe stata subito fatta cadere, una volta che il Partito Repubblicano avesse riconquistato la Casa Bianca.
Quello che non era altrettanto prevedibile, tuttavia, era che i repubblicani avrebbero smesso di fingere di preoccuparsi dei deficit quasi nello stesso momento nel quale i deficit cominciano ad essere nuovamente importanti.
Quegli ammonimenti apocalittici sono tuttora sciocchezze: l’America, che si indebita nella propria valuta e di conseguenza non può essere a corto di contante, non è affatto come la Grecia. Ma gestire ampi deficit non è più innocuo, per non dire desiderabile.
Questa era la situazione: otto anni fa, con l’economia in caduta libera, scrissi che eravamo entrati in un’epoca di “economia della depressione”, nella quale le regole consuete di politica economica non si applicavano più, nella quale la virtù era il vizio e la prudenza era una follia. In particolare, la spesa in deficit era essenziale per sostenere l’economia e i tentativi di portare il bilancio in pareggio sarebbero stati distruttivi.
La diagnosi – condivisa dalla maggioranza degli economisti di professione – non veniva dal nulla; era basata su principi ben definiti di macroeconomia. Inoltre, le previsioni che provenivano da quei principi furono pienamente confermate. Nell’economia depressa che caratterizzò vari anni a seguito della crisi finanziaria, l’indebitamento pubblico non spinse in alto i tassi di interesse, la creazione di moneta da parte della Fed non provocò inflazione, e le nazioni che cercarono di abbattere i deficit di bilancio conobbero gravi recessioni.
Ma quelle previsioni furono sempre condizionate, applicandosi soltanto ad un’economia lontana dalla piena occupazione. Fu quello il genere di economia che Obama ereditò; ma l’amministrazione Trump-Putin, invece, entrerà in carica in un periodo nel quale la piena occupazione è stata più o meno ripristinata.
Come facciamo a sapere che siamo vicini alla piena occupazione? Il basso tasso ufficiale della disoccupazione è solo un indicatore. Quello che io trovo più convincente sono due fatti: i salari stanno finalmente crescendo ad un ritmo ragionevolmente rapido, mostrando che i lavoratori hanno di nuovo potere di contrattazione, e il tasso al quale i lavoratori lasciano volontariamente i loro posti di lavoro, un indicatore di quanto siano fiduciosi di trovarne di nuovi, è tornato ai livelli precedenti alla crisi.
Cosa cambia, una volta che torniamo vicini alla piena occupazione? Fondamentalmente, l’indebitamento pubblico torna a competere con quello del settore privato, a fronte di una quantità limitata di denaro. Questo significa che la spesa in deficit fornisce poco o punto incoraggiamento all’economia, giacché spinge in alto i tassi di interesse e “spiazza” l’investimento privato.
Ora, l’indebitamento pubblico può ancora essere giustificato se serve ad uno scopo importante: i tassi di interesse sono ancora molto bassi, ed indebitarsi a quei bassi tassi per investire in infrastrutture molto necessarie è ancora un’ottima idea, sia perché aumenterebbe la produttività, sia perché fornirebbe una sorta di assicurazione contro futuri declini. Ma mentre il candidato Donald Trump parlava di aumentare gli investimenti pubblici, non c’è proprio alcun segno che i repubblicani del Congresso siano intenzionati a considerare prioritari tali investimenti.
No, hanno in mente di far esplodere il deficit principalmente tagliando le tasse ai ricchi. E non faranno niente di significativo per incoraggiare l’economia o creare posti di lavoro. Di fatto, togliendo spazio all’investimento in qualche modo si ridurrà la crescita economica nel lungo termine. Nello stesso tempo, si renderanno i ricchi più ricchi, anche se i tagli nella spesa sociale fanno diventare i poveri più poveri e minano la sicurezza della classe media. Ma quello è, evidentemente, ciò che si vuol fare.
Inoltre, niente di tutto ciò comporta una catastrofe economica. Se tale catastrofe ci sarà, sarà grazie ad altre politiche, come una riduzione della regolamentazione finanziaria, o per eventi esterni come una crisi in Cina o in Europa. E dato che cose del genere possono accadere, e molto dipenderà da come gli Stati Uniti risponderanno quando avverranno, dovremmo preoccuparci per il fatto che la prossima Amministrazione sembra prendere consigli soltanto da persone che hanno costantemente avuto torto, diciamo pure, su tutto.
Ma, tornando ai deficit: il punto cruciale non è che i repubblicani siano stati ipocriti. Piuttosto, la loro ipocrisia ci ha resi più poveri. Hanno gridato alle sciagure del debito in un’epoca nella quale i deficit avrebbero fatto un sacco di bene, e ora sono prossimi a far esplodere i deficit in un’epoca nella quale essi faranno davvero danni.
[1] Un atto che in questi giorni è all’attenzione del Senato degli Stati Uniti.
By mm
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