By Simon Wren-Lewis
I wrote my original post on this to counter the idea that the size of any increase in the deficit was at least as important as its composition, with particular reference to any fiscal expansion likely to come from Donald Trump. To put it very simply, I argued that any fiscal expansion that focused on tax cuts for the very rich and extremely dubious mechanisms designed to increase infrastructure investment should not be welcomed by those who think (as I do) there is still spare capacity in the US economy. Some subsequent helpful feedback suggests that in making this argument I should have said some things a little better.
I started my discussion with an example of how a tax cut for the rich could, in theory at least, be deflationary. The idea was that the rich would immediately consume very little of any tax cut, but if the non-rich thought that in the future their taxes might rise because of the higher deficit they might decrease current consumption. [a]
Talking about the rich and non-rich was very imprecise of me. I actually had in mind people who were income rich. The distinction between income and asset rich could matter, following an Econometrica paper by Kaplan and Violante that Narayana Kocherlakota pointed me to. This paper argues that there is an important group that they call the ‘hand-to-mouth wealthy’. These are asset rich individuals that hold their wealth in non-liquid form (e.g a pension), and because of the non-liquid nature of the wealth they might have a high marginal propensity to consume out of current income. It is an interesting idea with some empirical backing, but which I think only emphasises the importance of thinking about the composition of any tax cut when calculating the degree of stimulus.
In retrospect it might have been simpler to give a better known example of the potential disconnect between the aggregate deficit and a stimulus, which is the balanced budget multiplier. To the extent that fiscal policy under Trump may involve cuts in government consumption, that example could be very relevant, as Paul Krugman notes.
In the case of public investment, I again argued that the nature of this investment mattered. If the mechanism used to increase public investment (see this piece by Stiglitz for example) meant that a good proportion of this investment involved projects with a low social return (white elephants), then once again people on average would not be better off. This point depends on something which I took for granted but which I should have been spelt out: monetary offset.
Because the US economy is no longer at the zero lower bound, then an increase in GDP caused by building lots of white elephants would almost certainly lead to an increase in interest rates. [b] As a result, GDP might not actually increase, and useful private investment would be crowded out by useless public investment.
Once interest rates start rising from their zero lower bound, then those who argue that demand should be increased in the US (see here or here) are really complaining about monetary policy, not fiscal policy. An expansionary fiscal policy that is crowded out by the Fed might have some indirect advantages, in raising the natural interest rate for example, but the famous ‘digging holes’ argument used by Keynes no longer applies.
Once we leave the zero lower bound, tax cuts for the rich amount to a regressive redistribution of income. People should not be fooled into thinking that the tax cuts will somehow pay for themselves, through Keynesian or any other means. There is an extremely strong case for a large expansion in public investment financed by additional public borrowing, but this investment needs to go where it is needed, rather than to schemes that will generate a quick return to private sector financiers. There is a strong case for using additional demand to expand the US economy, but it will not happen as long as the Fed believes otherwise.
[a] I confusingly talked about the wealthy as acting as if Ricardian Equivalence held, when I should have simply said that because they were wealthy they would focus on lifetime rather than current income, and so would have a low MPC from a temporary tax cut. Assuming a tax cut for the rich is permanent is equivalent to assuming the Republicans never lose power.
[b] Assuming, of course, that the Fed remains independent, but Krugman argues that even if it did not we might still see higher interest rates.
Il keynesismo reazionario rivisitato,
di Simon Wren-Lewis
Avevo scritto su questo tema il mio post originario per contestare l’idea che ogni incremento del deficit fosse importante almeno quanto la sua composizione, con un particolare riferimento ad una qualche espansione della finanza pubblica che probabilmente verrà da Donald Trump [1]. Per dirla molto semplicemente, sostenevo che una qualsiasi espansione della finanza pubblica che si concentri sui tagli alle tasse dei molto ricchi e sui meccanismi estremamente dubbi previsti per aumentare gli investimenti in infrastrutture, non dovrebbero essere bene accolti da coloro, come me, che pensano che ci sia ancora una capacità produttiva di scorta nell’econmomia degli Stati Uniti. Un qualche successivo utile riscontro indica che nell’avanzare questo argomento avrei dovuto dire un po’ meglio alcune cose.
Era partito nella mia discussione con un esempio su come un taglio delle tasse sui ricchi potrebbe, almeno in teoria, essere deflattivo. L’idea era che i ricchi avrebbero consumato immediatamente molto poco o niente di ogni sgravio fiscale, ma che se i non-ricchi avessero pensato che nel futuro le loro tasse sarebbero potute aumentare a seguito del deficit più elevato, essi avrebbero diminuito i consumi correnti (a).
Parlare di ricchi e di non-ricchi è stato assai impreciso da parte mia. In realtà avevo in mente individui con un reddito elevato. La distinzione tra ricchezza nel reddito e ricchezza nel patrimonio potrebbe essere rilevante, secondo un saggio di econometria di Kaplan e Violante a cui Narayana Kocherlakota mi ha indirizzato. Questo saggio sostiene che c’è un gruppo importante, che essi definiscono i “ricchi alla giornata”. Questi sono individui ricchi nei patrimoni, che mantengono la loro ricchezza in forma non-liquida (ad esempio, in pensioni), e a causa della natura non-liquida della ricchezza potrebbero avere un’alta propensione merginale a consumare oltre il loro reddito. È un’idea interessante con qualche riscontro empirico, ma che a mio parere soltanto enfatizza l’importanza di riflettere sulla composizione di ogni sgravio fiscale quando si calcola la misura dell’effetto di stimolo.
Retrospettivamente, avrei potuto essere più semplice fornendo un esempio più noto sulla potenziale disconnessione tra il deficit aggregato e lo stimolo, quale in moltiplicatore di un bilancio in equilibrio. Nella misura in cui la politica della finanza pubblica sotto Trump può includere tagli nei consumi pubblici, quell’esempio poteva essere molto rilevante, come nota Krugman [2].
Nel caso dell’investimento pubblico, sostenevo ancora che la natura di questo investimento era importante. Se il meccanismo utilizzato per aumentare l’investimento pubblico (si veda ad esempio quest’articolo di Stiglitz [3]) comporta che una quota ampia di questo investimento riguardi progetti con un basso rendimento sociale (‘cattedrali nel deserto’), allora ancora una volta le persone nella media non starebbero meglio. Questo argomento dipendeva da qualcosa che io davo per implicito ma che avrei dovuto esprimere in modo più preciso: la compensazione monetaria.
Poiché l’economia americana non è più al limite inferiore dello zero (dei tassi di interesse), un incremento del PIL provocato dalla costruzione di molte cattedrali nel deserto quasi certamente provocherebbe un aumento nei tassi di interesse (b). Di conseguenza, il PIL potrebbe effettivamente non crescere e sarebbe tolto spazio a utili investimenti privati da inutili investimenti pubblici.
Una volta che i tassi di interesse cominciano a salire dal loro limite inferiore dello zero, coloro che sostengono che la domanda dovrebbe essere accresciuta (vedi le due connssioni nel testo inglese) di fatto devono lamentarsi per la politica monetaria monetaria, non per la politica della finanza pubblica. Una politica della finanza pubblica alla quale venga tolto spazio dalla Fed potrebbe avere alcuni vantaggi indiretti, ad esempio nell’accrescere il tasso di interesse naturale, ma il famoso argomento usato da Keynes dello ‘scavar buche’ non si applicherebbe più.
Una volta che abbandoniamo il limite inferiore dello zero, gli sgravi fiscali per i ricchi equivalgono ad una redistribuzione del reddito. La gente non dovrebbe essere indotta in modo ingannevole a pensare che gli sgravi fiscali si pagheranno in qualche modo da soli, attraverso metodi keynesiani o qualche altro mezzo. C’è un argomento assai forte per una espansione ampia dell’investimento pubblico finanziata con indebitamento pubblico aggiuntivo, ma questo investimento deve andare dove è necessario, anziché a schemi che genererebbro un rapido rendimento per i finanziatori del settore privato. Ci sarebbe un forte argomento per utilizzare domanda aggiuntiva per espandere l’economia statunitense, ma non accadrà finché la Fed la pensa diversamente.
[a] Ho parlato in modo confuso dei ricchi come se si comportassero sulla base della Equivalenza Ricardiana, laddove avrei dovuto semplicemente dire che essendo ricchi si concentrerebbero sul loro tempo di vita anziché sul loro reddito presente, ed avrebbero così una bassa propensione marginale al consumo (MPC) da una riduzione delle tasse provvisoria. Assumere che lo sgravio fiscale per i ricchi sia permanente è la stessa cosa che assumere che i repubblicani non perderanno mai il potere.
[b] Ipotizzando che la Fed resti indipendente, ma Krugman sostiene [4] che se persino così non fosse dovremmo ancora vedere tassi di interesse più elevati.
[1] Il post a cui Wren-Lewis si riferisce è il suo “Keynesismo reazionario”, del 13 dicembre 2016, qua tradotto.
[2] Un breve articolo dattiloscritto qua non tradotto.
[3] È un articolo pubblicato il 27 dicembre su Hive, i cui contenuti mi sembrano simili a quello del 19 dicembre, qua tradotto.
[4] Nel testo di cui alla nota 1.
By mm
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