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Incertezza trumpiana, di Joseph E. Stiglitz (da Project Syndicate, 9 gennaio 2017)

 

JAN 9, 2017

Trumpian Uncertainty

JOSEPH E. STIGLITZ

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NEW YORK – Every January, I try to craft a forecast for the coming year. Economic forecasting is notoriously difficult; but, notwithstanding the truth expressed in Harry Truman’s request for a one-armed economist (who wouldn’t be able to say “on the other hand”), my record has been credible.

In recent years, I correctly foresaw that, in the absence of stronger fiscal stimulus (which was not forthcoming in either Europe or the United States), recovery from the Great Recession of 2008 would be slow. In making these forecasts, I have relied more on analysis of underlying economic forces than on complex econometric models.

For example, at the beginning of 2016, it seemed clear that the deficiencies of global aggregate demand that have been manifest for the last several years were unlikely to change dramatically. Thus, I thought that forecasters of a stronger recovery were looking at the world through rose-tinted glasses. Economic developments unfolded much as I anticipated.

Not so the political events of 2016. I had been writing for years that unless growing inequality – especially in the US, but also in many countries throughout the world – was addressed, there would be political consequences. But inequality continued to worsen – with striking data showing that average life expectancy in the US was on the decline.

These results were foreshadowed by a study last year, by Anne Case and Angus Deaton, which showed that life expectancy was on the decline for large segments of the population – including America’s so-called angry men of the Rust Belt.

But, with the incomes of the bottom 90% having stagnated for close to a third of a century (and declining for a significant proportion), the health data simply confirmed that things were not going well for very large swaths of the country. And while America might be at the extreme of this trend, things were little better elsewhere.

But, if it seemed clear that there would be political consequences, their form and timing were far less obvious. Why did the backlash in the US come just when the economy seemed to be on the mend, rather than earlier? And why did it manifest itself in a lurch to the right? After all, it was the Republicans who had blocked assistance to those losing their jobs as a result of the globalization they pushed assiduously. It was the Republicans who, in 26 states, refused to allow the expansion of Medicaid, thereby denying health insurance to those at the bottom. And why was the victor somebody who made his living from taking advantage of others, openly admitted not paying his fair share of taxes, and made tax avoidance a point of pride?

Donald Trump grasped the spirit of the time: things weren’t going well, and many voters wanted change. Now they will get it: there will be no business as usual. But seldom has there been more uncertainty. Which policies Trump will pursue remains unknown, to say nothing of which will succeed or what the consequences will be.

Trump seems hell-bent on having a trade war. But how will China and Mexico respond? Trump may well understand that what he proposes will violate World Trade Organization rules, but he may also know that it will take a long time for the WTO to rule against him. And by then, America’s trade account may have been rebalanced.

But two can play that game: China can take similar actions, though its response is likely to be more subtle. If a trade war were to break out, what would happen?

Trump may have reason to think he could win; after all, China is more dependent on exports to the US than the US is on exports to China, which gives the US an advantage. But a trade war is not a zero-sum game. The US stands to lose as well. China may be more effective in targeting its retaliation to cause acute political pain. And the Chinese may be in a better position to respond to US attempts to inflict pain on them than the US is to respond to the pain that China might inflict on Americans. It’s anybody’s guess who can stand the pain better. Will it be the US, where ordinary citizens have already suffered for so long, or China, which, despite troubled times, has managed to generate growth in excess of 6%?

More broadly, the Republican/Trump agenda, with its tax cuts even more weighted toward the rich than the standard GOP recipe would imply, is based on the idea of trickle-down prosperity – a continuation of the Reagan era’s supply-side economics, which never actually worked. Fire-breathing rhetoric, or raving three a.m. tweets, may assuage the anger of those left behind by the Reagan revolution, at least for a while. But for how long? And what happens then?

Trump might like to repeal the ordinary laws of economics, as he goes about his version of voodoo economics. But he can’t. Still, as the world’s largest economy leads the way into uncharted political waters in 2017 and beyond, it would be foolhardy for a mere mortal to attempt a forecast, other than to state the obvious: the waters will almost certainly be choppy, and many – if not most – pundit ships will sink long the way.

 

Incertezza trumpiana,

di Joseph E. Stiglitz

NEW YORK – Ogni gennaio cerco di partorire una previsione per l’anno in arrivo. Le previsioni economiche sono notoriamente difficili; ma, nonostante ci fosse della verità nella richiesta di Harry Truman di un economista con un braccio solo (in modo che gli fosse impossibile dire “dall’altra parte”), le mie prestazioni sono state credibili.

Negli anni recenti avevo correttamente previsto che, in assenza di misure di sostegno della spesa pubblica più forti (che non erano imminenti né il Europa, né negli Stati Uniti), la ripresa dalla Grande Recessione del 2008 sarebbe stata lenta. Nell’avanzare queste previsioni mi ero basato più su una analisi di fattori economici profondi che non su complicati modelli econometrici.

Ad esempio, all’inizio del 2016, sembrava chiaro che le deficienze della domanda globale aggregata che si erano manifestate negli ultimi anni, era improbabile cambiassero in modo spettacolare. Quindi, ritenevo che coloro che prevedevano una ripresa più robusta era gente cha guardava il mondo con occhiali rosa. Gli sviluppi dell’economia sono stati in gran parte quelli che avevo anticipato.

Non è stato così per gli eventi politici del 2016. Per anni avevo scritto che senza che la crescente ineguaglianza fosse affrontata – negli Stati Uniti ma anche in molti paesi in tutto il mondo – ci sarebbero state conseguenze politiche. Ma l’ineguaglianza ha continuato a peggiorare – con dati impressionanti che mostravano che l’aspettativa media di vita negli Stati Uniti era in declino.

Questi risultati erano stati previsti da uno studio dell’anno passato, a cura di Anne Case e Angus Deaton, che avevamo mostrato come l’aspettativa di vita fosse in declino per ampie fasce della popolazione – inclusi i cosiddetti individui infuriati della cosiddetta ‘Cintura della ruggine’ [1].

Eppure, con i redditi del 90% della popolazione che è ai livelli inferiori che avevano ristagnato quasi per un terzo del secolo (e per una porzione significativa erano calati), i dati sulla salute confermavano semplicemente che le cose non stavano andando bene per ampie fasce del paese. E se l’America potrebbe collocarsi in una posizione estrema in questa tendenza, altrove le cose erano solo leggermente migliori.

Ma, se sembrava chiaro che ci sarebbero state conseguenze politiche, la loro forma e la loro tempistica era meno evidente. Perché il contraccolpo negli Stati Uniti è arrivato proprio quando l’economia sembrava in via di guarigione, piuttosto che in precedenza? E perché si è manifestata in uno sbandamento a destra? Dopo tutto, erano stati i repubblicani che avevano bloccato il sostegno a chi perdeva il posto di lavoro come risultato di una globalizzazione per la quale si erano adoperati assiduamente. Erano stati i Repubblicani che, in 26 Stati, aveva rifiutato di consentire ad un ampiamento di Medicaid, negando di conseguenza l’assicurazione sanitaria a coloro che stavano in fondo alla scala sociale. E perché è risultato vincitore un individuo che aveva passato la sua vita a sfruttare gli altri, che aveva ammesso apertamente di non pagare la sua parte di tasse, e che aveva fatto dell’elusione fiscale una ragione di orgoglio?

Donald Trump ha afferrato lo spirito di questa epoca: le cose non erano andate bene e molti elettori volevano un cambiamento. Ora l’avranno, e non saranno le solite cose. Eppure raramente c’è stata maggiore incertezza. Rimane ignoto quali politiche Trump perseguirà, per non dire di cosa accadrà e di quali conseguenze ci saranno.

Trump sembra procedere con incoscienza verso una guerra commerciale. Ma come risponderanno la Cina e il Messico? Può darsi che Trump comprenda che quello che propone violerà le regole della Organizzazione Mondiale del Commercio, può darsi anche che sappia che ci vorrà molto tempo prima che il WTO prenda misure contro di lui. E per quell’epoca, i conti commerciali dell’America potrebbero essere riequilibrati.

Ma quel gioco può avere due protagonisti: la Cina può assumere iniziative simili, anche se è probabile che la sua risposta sarà più sottile. Se dovesse scoppiare una guerra commerciale, cosa accadrebbe?

Può darsi che Trump abbia ragione a pensare di poter vincere; dopo tutto la Cina è più dipendente dalle esportazioni verso gli Stati Uniti di quanto non lo siano gli Stati Uniti per le esportazioni verso la Cina, il che dà agli Stati Uniti un vantaggio. Ma una guerra commerciale non è un gioco a somma zero. Anche gli Stati Uniti sono nelle condizioni di perdere. La Cina può essere più efficace nel darsi obbiettivi di ritorsione che provochino acuta sofferenza politica. E i cinesi possono essere in una posizione migliore nel rispondere ai tentativi degli Stati Uniti di colpirli, rispetto alla possibilità degli Stati Uniti di rispondere ai colpi che la Cina potrebbe portare agli americani. Ognuno può provare ad immaginare chi potrebbe rispondere meglio alla sofferenza. Saranno gli Stati Uniti, dove i cittadini comuni già subiscono da tanto tempo, o sarà la Cina, che, nonostante i tempi difficili, ha operato per generare una crescita oltre il 6%?

Più in generale, l’agenda dei repubblicani e di Trump, con i loro sgravi fiscali persino più sbilanciati verso i ricchi di quanto la ricetta ordinaria del Partito Repubblicano non comporterebbe, è basata sull’idea di una prosperità che si diffonde dall’alto in basso – una continuazione dell’economia dal lato dell’offerta dell’epoca di Reagan, che in verità non ha mai funzionato. Una retorica sputa-fuoco, oppure entusiasmarsi con tre tweet mattutini, può soddisfare, almeno per un po’, la rabbia di coloro che sono stati lasciati indietro dalla rivoluzione di Reagan. Ma per quanto? E dopo cosa accadrebbe?

A Trump può far piacere abrogare le normali leggi dell’economia, quando si arrabatta attorno alla sua versione di economia voodoo. Ma non è una soluzione. Tuttavia, nel mentre la più grande economia mondiale si avvia verso acque politiche inesplorate per il 2017 e oltre, sarebbe dissennato per un semplice mortale avventurarsi in una previsione, che sia qualcosa di diverso dell’affermare l’evidenza: le acque saranno quasi certamente agitate, e molte imbarcazioni dei commentatori – se non la maggioranza –  andranno a picco nel tragitto.

 

 

[1] Letteralmente la “Cintura della ruggine”, ovvero la grande area che comincia a New York e attraversa il settentrione passando per la Pennsylvania, la Virginia Occidentale, l’Ohio, l’Indiana e la parte più bassa della penisola del Michigan, per finire nella parte settentrionale dell’Illinois, in quella orientale dello Iowa e in quella sud orientale del Wisconsin. Ovvero, l’area che è stata caratterizzata maggiormente dai fenomeni della deindustrializzazione manifatturiera.

Tale ‘Cintura’ è ben visibile in questa cartina da Wikipedia, dove le aree con una perdita maggiore di posti di lavoro manifatturieri sono segnate dal color marrone (perdite superiori al 58%) e in rosso (perdite dal 46 al 53%); mentre le aree con maggiori guadagni sono segnate dai colori verde chiaro e verde (i dati sono relativi al periodo dal 1954 al 2002):

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