JAN 12, 2017
BERKELEY – Understanding the political success of US President-elect Donald Trump is not easy. There have been many glib comparisons with populist politicians of the past, from Huey Long to George Wallace. But the most revealing comparison may be with an historical figure from another country: the British nativist firebrand Enoch Powell in the late 1960s and early 1970s.
At first glance, the comparison might seem peculiar. Powell came from a lower-middle-class family. He was a classical scholar of true erudition and a man of principle. He was also a political insider, having served as Member of Parliament since 1950 and as the junior minister for housing in Prime Minister Anthony Eden’s government in 1955.
Still, the parallels with Trump are undeniable. In his notorious 1968 “Rivers of Blood” speech, Powell, a skilled orator, broke decisively with the political mainstream. He decried immigration and denounced the Race Relations Act of 1968, which prohibited discrimination in housing, employment, and lending. The passage giving his controversial speech its name alluded to inner city riots in the United States and invoked Virgil: “Like the Roman, I seem to see ‘the River Tiber foaming with much blood.’”
Powell’s equivalent of Trump’s Mexican bogeyman was Indian and Pakistani immigration, which he portrayed as threatening the British way of life. “Ordinary people,” he asserted, knew that the true number of immigrants was larger than official government figures showed. Powell went on to advocate large-scale repatriation of immigrants to their country of origin.
The “Rivers of Blood” speech was denounced as evil by no less than The Times. But it won Powell a dedicated following among working-class voters experiencing hard economic times, discomforted by the “invasion” of their neighborhoods by Asian and Caribbean immigrants, and prone to conflate the two phenomena.
Moreover, the parallels with Trump extend beyond hostility to immigration. Powell was fervently pro-business. He was a committed nationalist who rejected any and all foreign alliances that threatened Britain’s policy independence. He implacably opposed joining the European Union (then the European Economic Community) on the grounds that doing so would compromise British identity and sovereignty. He left the Conservative Party over the issue in 1974.
Curiously, Powell, like Trump, was also pro-Russian. Notwithstanding his free-market principles, he appreciated the Soviet Union for its World War II sacrifices, its prideful nationalism, and as a counterbalance to other self-interested foreign powers (read: the US).
The apex of Powell’s influence was bracketed by the “Rivers of Blood,” which made him a national figure, and his defection from the Tories. Quitting the party left him a political outcast. Although Powell left the House of Commons once and for all only in 1987, his political influence was increasingly marginal.
Why, then, did Powell – unlike Trump – fail to scale the higher reaches of power? And what does his failure tell us about the Trump phenomenon and the prospects for its repetition in other countries?
First, there were limits on Powell’s ability to mobilize public opinion. He was able to attract attention mainly by delivering speeches and encouraging his followers to circulate the text. With the exception of two tabloids, coverage by the establishment press of his “Rivers of Blood” speech ranged from skeptical to outright hostile. And the establishment press was all there was. The 1960s and 1970s, recall, were when the BBC ruled the airwaves. Powell had no equivalent of Twitter to spread the word, and there was no Fox News or Breitbart to create an ideological echo chamber.
Second, Powell fundamentally believed in the British parliamentary system, having grown up in it. He was reluctant to harness his followers’ nativism and economic insecurity to build an anti-system movement that might weaken the foundations of the country’s parliamentary democracy.
Third, public dissatisfaction with British politics in Powell’s heyday was more limited than Americans’ political dissatisfaction in the age of Trump. Even in the economically disastrous 1970s, British voters were not prepared to reject the political status quo. Discontent and disillusion were not “accompanied by a basic questioning of British political institutions,” in the words of Powell’s biographer, Douglas Schoen.
Finally, the structure of the political system worked against a maverick like Powell. In Britain, MPs, not the electorate, choose the prime minister. Only in a full-blown crisis can popular opinion effectively determine who becomes leader. This institutional arrangement creates a high barrier to populist outsiders.
Maybe, then, the ultimate lesson of the Powell-Trump comparison is that a presidential system of government, like that in the US, is not superior in terms of the checks it imposes on political extremists. On the contrary, the opposite may be true.
Trump prima di Trump,
di Barry Eichengreen
BERKELEY – Comprendere il successo politico del Presidente eletto degli Stati Uniti Donald Trump non è facile. Ci sono stati molti confronti semplicistici con uomini politici populisti del passato, da Huey Long a George Wallace [1]. Ma il paragone più rivelatore è forse con un personaggio storico di un altro paese: l’agitatore nazionalista britannico Enoch Powell, degli ultimi anni ’60 e dei primi anni ’70.
A un primo sguardo, il confronto potrebbe sembrare singolare. Powell veniva da una famiglia di classe medio-bassa. Fu un tipico studioso, un vero erudito e un uomo di principi. Fu anche ben addentro il sistema politico, essendo stato eletto come membro del Parlamento dal 1950 ed avendo operato come il più giovane Ministro alle abitazioni nel Governo del Primo Ministro Anthony Eden nel 1955.
Tuttavia, le somiglianze con Trump sono innegabili. Nel suo noto discorso del 1968 “Fiumi di sangue”, Powell, un oratore provetto, ruppe nettamente con la tradizione politica. Condannò l’immigrazione e denunciò la Legge sulle Relazioni Razziali del 1968, che proibiva la discriminazione negli alloggi, nei posti di lavoro e nella concessione di mutui. Il passaggio che diede al suo controverso discorso quel titolo, alludeva alle sommosse nei quartieri poveri e citava Virgilio: “Come il poeta romano, mi sembra di vedere ‘il fiume Tevere spumeggiare con molto sangue’”.
Nel caso di Powell, l’equivalente dello spauracchio messicano di Trump era l’immigrazione indiana e pakistana, che egli ritrasse come una minaccia allo stile di vita britannico. “Le persone comuni”, sosteneva, hanno riconosciuto che il vero numero degli immigranti era più ampio di quanto mostravano i dati ufficiali del Governo. Powell si spinse a sostenere un rimpatrio su larga scala al loro paesi di origine degli immigranti.
Il discorso sui ‘fiumi di sangue’ venne denunciato come dannoso nientemeno che da The Times. Ma consentì a Powell di conquistare un seguito devoto di elettori nella classe lavoratrice, che conosceva una congiuntura economica difficile, era a disagio per ‘l’invasione’ nei propri quartieri degli immigranti provenienti dall’Asia e dai Caraibi ed era incline ad accostare i due fenomeni.
Inoltre, il parallelo con Trump va oltre l’ostilità all’immigrazione. Powell era un fervente sostenitore dell’impresa. Era un nazionalista determinato e respinse tutte le alleanze che minacciassero l’indipendenza politica britannica. Si oppose implacabilmente alla adesione all’Unione Europea (in seguito alla Comunità Economica Europea), che a suo giudizio avrebbe compromesso l’identità e la sovranità inglese. Per quella ragione lasciò il Partito Conservatore nel 1974.
Curiosamente, Powell come Trump era a favore dei russi. Nonostante i suoi principi di libero mercato, apprezzava l’Unione Sovietica per i suoi sacrifici nella Seconda Guerra Mondiale, per il suo orgoglioso nazionalismo e per il suo bilanciamento di altre egoistiche potenze straniere (leggi: gli Stati Uniti).
Il culmine dell’influenza di Powell fu incorniciato da discorso sui ‘fiumi di sangue’, che ne fece una personalità di livello nazionale, e per il suo abbandono dei Tori. L’uscita dal Partito lo ridusse in una condizione di marginalità politica. Sebbene Powell lasciasse la Camera dei Comuni una volta per tutte soltanto nel 1987, la sua influenza politica divenne sempre più marginale.
Perché, dunque, Powell – diversamente da Trump – non riuscì a scalare le vette più alte del potere? E cosa ci insegna il suo fallimento sul fenomeno Trump e sulla possibilità che esso si ripeta in altri paesi?
In primo luogo, ci furono i limiti nella capacità di Powell di mobilitare l’opinione pubblica. Egli era capace di attrarre attenzione principalmente pronunciando i suoi discorsi e incoraggiando i suoi seguaci a mettere in circolazione i testi. Con l’eccezione di due giornali scandalistici, l’informazione da parte dei settori più potenti della stampa andò dallo scetticismo all’aperta ostilità. E quella stampa era tutto quello che c’era. Gli anni ’60 e ’70, si rammenti, erano quelli nei quali la BBC imperava sulle onde radio. Powell non ebbe niente di equivalente a Twitter per diffondersi nel mondo, e non c’era nessun Fox News o Breitbart che costituissero una cassa di risonanza ideologica.
In secondo luogo, Powell credeva fondamentalmente nel sistema parlamentare britannico, essendo cresciuto in esso. Era riluttante a sfruttare il ‘nativismo’ e l’insicurezza economica dei suoi sostenitori per costruire un movimento anti-sistema che avrebbe indebolito i fondamenti della democrazia parlamentare del paese.
In terzo luogo, negli anni del maggiore successo di Powell, l’insoddisfazione per la politica inglese era più limitata dell’insoddisfazione politica degli americani nell’epoca di Trump. Persino durante gli economicamente disastrosi anni ’70, gli elettori britannici non erano preparati a respingere lo status quo politico. Come scrive il biografo di Powell Douglas Schoen, la scontentezza e la disillusione non erano “accompagnate da una sostanziale messa in discussione delle istituzioni politiche britanniche”.
Infine, la struttura del sistema politico lavorava contro un anticonformista come Powell. In Inghilterra i parlamentari, e non l’elettorato, scelgono il Primo Ministro. Soltanto in una crisi radicale l’opinione pubblica può di fatto determinare chi diventa leader. Questa soluzione istituzionale crea una alta barriera ai populisti extra parlamentari.
Forse, dunque, la lezione decisiva del confronto tra Powell e Trump è che il sistema presidenziale di Governo, come quello degli Stati Uniti, non è superiore in termini di controlli che esso impone agli estremisti della politica. Al contrario, può essere vero l’opposto.
[1] Huey Pierce Jr. Long (Winnfield, 30 agosto 1893 – Baton Rouge, 10 settembre 1935) è stato un politico statunitense. Soprannominato “The Kingfish”, fu un politico statunitense che ricoprì la carica di quarantesimo governatore della Luisiana dal 1928 al 1932 e di membro del senato degli Stati Uniti dal 1932 fino al suo assassinio nel 1935. Democratico, fu un populista che denunciava i ricchi e le banche. Promosse le azioni note come “Share the Wealth” (Condivisione della ricchezza). Come capo politico dello stato poté contare su di un’ampia ed organizzata rete di sostenitori; ciò gli consentì di disporre di ampi poteri decisionali in merito ai provvedimenti di sua competenza. (Wiikipedia)
George Corley Wallace (Clio, 25 agosto 1919 – Montgomery, 13 settembre 1998) è stato un politico statunitense, in quattro occasioni governatore dell’Alabama. Definito dai suoi biografi Dan T. Carter e Stephan Lesher, «il perdente più influente del XX secolo», fu quattro volte candidato alle elezioni presidenziali, tre per il Partito Democratico e una come candidato indipendente, non essendo riuscito ad ottenere l’investitura democratica. Benché democratico, fu noto soprattutto per il suo sostegno populista alla segregazione razziale durante il periodo delle lotte per i diritti civili degli afroamericani, convinzioni che avrebbe in seguito pubblicamente rinnegato. Sono gli anni in cui gli esponenti del partito democratico, al Sud, sono schierati a favore della segregazione razziale. (Wikipedia)
Nell’ordine nelle foto sotto, assieme al britannico Enoch Powell, descritto nel presente articolo. Powell faceva parte del Partito conservatore inglese.
By mm
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