The story so far: A foreign dictator intervened on behalf of a U.S. presidential candidate — and that candidate won. Close associates of the new president were in contact with the dictator’s espionage officials during the campaign, and his national security adviser was forced out over improper calls to that country’s ambassador — but not until the press reported it; the president learned about his actions weeks earlier, but took no action.
Meanwhile, the president seems oddly solicitous of the dictator’s interests, and rumors swirl about his personal financial connections to the country in question. Is there anything to those rumors? Nobody knows, in part because the president refuses to release his tax returns.
Maybe there’s nothing wrong here, and it’s all perfectly innocent. But if it’s not innocent, it’s very bad indeed. So what do Republicans in Congress, who have the power to investigate the situation, believe should be done?
Nothing.
Paul Ryan, the speaker of the House, says that Michael Flynn’s conversations with the Russian ambassador were “entirely appropriate.”
Devin Nunes, the chairman of the House Intelligence Committee, angrily dismissed calls for a select committee to investigate contacts during the campaign: “There is absolutely not going to be one.”
Jason Chaffetz, the chairman of the House oversight committee — who hounded Hillary Clinton endlessly over Benghazi — declared that the “situation has taken care of itself.”
Just the other day Republicans were hot in pursuit of potential scandal, and posed as ultrapatriots. Now they’re indifferent to actual subversion and the real possibility that we are being governed by people who take their cues from Moscow. Why?
Well, Senator Rand Paul explained it all: “We’ll never even get started with doing the things we need to do, like repealing Obamacare, if we’re spending our whole time having Republicans investigate Republicans.” Does anyone doubt that he was speaking for his whole party?
The point is that you can’t understand the mess we’re in without appreciating not just the potential corruption of the president, but the unmistakable corruption of his party — a party so intent on cutting taxes for the wealthy, deregulating banks and polluters and dismantling social programs that accepting foreign subversion is, apparently, a small price to pay.
Put it this way: I’ve been seeing comparisons between the emerging information on the Trump-Putin connection and the Watergate affair, which brought down a previous president. But while the potential scandal here is far worse than Watergate — Richard Nixon was sinister and scary, but nobody imagined that he might be taking instructions from a foreign power — it’s very hard to imagine today’s Republicans standing up for the Constitution the way their predecessors did.
It’s not simply that these days there are more moral midgets in Congress, although that, too. Watergate took place before Republicans began their long march to the political right, so Congress was far less polarized than it is now. There was widespread agreement between the parties on basic economic ideas, and a fair amount of ideological crossover; this meant that Republicans didn’t worry so much that holding a lawless president accountable would derail their hard-line agenda.
The polarization of the electorate also undermines Congress’s role as a check on the president: Most Republicans are in safe districts, where their main fear is of primary challengers to their right. And the Republican base has suddenly become remarkably pro-Russian. Funny how that works.
So how does this crisis end?
It’s not a constitutional crisis — yet. But Donald Trump is facing a clear crisis of legitimacy. His popular-vote-losing win was already suspect given the F.B.I.’s last-minute intervention on his behalf. Now we know that even as the F.B.I. was creating the false appearance of scandal around his opponent, it was sitting on evidence suggesting alarmingly close relations between Mr. Trump’s campaign and Russia. And nothing he has done since the inauguration allays fears that he is in effect a Putin puppet.
How can a leader under such a cloud send American soldiers to die? How can he be granted the right to shape the Supreme Court for a generation?
Again, a thorough, nonpartisan, unrestricted investigation could conceivably clear the air. But Republicans in Congress, who have the power to make such an investigation happen, are dead set against it.
The thing is, this nightmare could be ended by a handful of Republican legislators willing to make common cause with Democrats to demand the truth. And maybe there are enough people of conscience left in the G.O.P.
But there probably aren’t. And that’s a problem that’s even scarier than the Trump-Putin axis.
Il silenzio delle mezze calzette, di Paul Krugman
New York Times 17 febbraio 2017
La storia sino a questo punto: un dittatore straniero è intervenuto a vantaggio di un candidato alla Presidenza e quel candidato ha vinto. Collaboratori vicini al nuovo Presidente erano in contatto con dirigenti dello spionaggio del dittatore durante la campagna elettorale, e il suo consigliere alla sicurezza nazionale è stato cacciato via per telefonate inappropriate all’ambasciatore di quel paese – ma solo quando la stampa lo ha riferito; il Presidente sapeva di queste sue iniziative da settimane, ma non aveva fatto niente.
Nel frattempo il Presidente sembra stranamente sollecito verso gli interessi del dittatore, e girano voci su suoi personali collegamenti finanziari con il paese in questione. C’è qualcosa di vero in quelle voci? Non lo sa nessuno, anche perché il Presidente si rifiuta di render note le sue dichiarazioni fiscali.
Forse in questo non c’è niente di sbagliato, e tutto è perfettamente innocente. Ma se non è innocente, allora è molto grave. Dunque, cosa credono si dovrebbe fare i repubblicani del Congresso, che hanno in potere di indagare sulla situazione?
Niente.
Paul Ryan, lo speaker della Camera dei Rappresentanti, dice che le conversazioni di Michael Flynn con l’ambasciatore russo erano “del tutto corrette”.
David Nunes, il Presidente della Commissione sui Servizi Segreti della Camera, liquida nervosamente le richieste per una commissione speciale di indagine sui contatti durante la campagna elettorale: “Non ce ne sarà assolutamente nessuna”.
Jason Chaffets, il Presidente della Commissione di Vigilanza della Camera dei Rappresentanti – che perseguitò implacabilmente Hillary Clinton sui fatti di Bengasi – ha dichiarato che la “situazione si è risolta da sola”.
Solo l’altro giorno i repubblicani morivano dalla voglia di perseguire scandali potenziali e si atteggiavano a ultra patrioti. Ora sono indifferenti alla effettiva eversione e alla reale possibilità che ci stiano governando individui che vengono imbeccati da Mosca. Perché?
Ebbene, è stato tutto spiegato dal Senatore Rand Paul: “Non cominceremo mai a fare le cose che dobbiamo fare, come abrogare la riforma dell’assistenza di Obama, se spendiamo tutto il nostro tempo con i repubblicani che indagano sui repubblicani”. Qualcuno dubita che stesse parlando per conto di tutto il suo Partito?
Il punto è che non si può comprendere il caos nel quale siamo finiti se non si considera non solo la possibile corruzione del Presidente, ma l’inequivocabile corruzione dello stesso partito – un partito talmente intento a tagliare le tasse ai ricchi, a deregolamentare le banche e gli inquinatori e a smantellare i programmi sociali, che accettare la sovversione straniera è, in apparenza, un prezzo modesto da pagare.
Diciamo così: vengono avanzati paragoni tra le informazioni che emergono sulle connessioni tra Trump e Putin e l’affare Watergate, che buttò giù un passato Presidente. Ma mentre in questo caso lo scandalo potenziale è molto peggiore del Watergate – Richard Nixon fu scellerato e allarmante, ma nessuno pensava che potesse prendere istruzioni da una potenza straniera – è molto difficile immaginare i repubblicani di oggi che prendono posizione per la Costituzione nel modo in cui lo fecero i loro predecessori.
Non si tratta semplicemente del fatto che di questi tempi ci sono, dal punto di vista morale, più omuncoli nel Congresso, sebbene anche di quello. Il Watergate ebbe luogo prima che i repubblicani cominciassero la loro lunga marcia verso la destra politica, dunque il Congresso era molto meno polarizzato di oggi. C’era un accordo generale tra i partiti sulle idee economiche di base, e una discreta quantità di contaminazione ideologica; questo comportava che i repubblicani non erano così preoccupati che perdere un Presidente responsabile del non rispetto della legge avrebbe fatto deragliare la loro linea dura e pura.
La polarizzazione dell’elettorato mette a repentaglio anche il ruolo del Congresso come controllore del Presidente: la maggior parte dei repubblicani sono eletti in collegi elettorali sicuri, dove la loro principale paura sono gli sfidanti alla loro destra alle primarie. E la base repubblicana è diventata all’improvviso considerevolmente pro russa. È singolare quello che sta succedendo.
Dunque, come andrà a finire questa crisi?
Non è una crisi costituzionale – non ancora. Ma Donald Trump è di fronte ad una chiara crisi di legittimazione. La sua vittoria, con la sconfitta al voto popolare, era già sospetta, considerato l’intervento all’ultimo minuto dell’FBI a suo favore. Ora sappiamo che persino quando l’FBI stava creando sulla sua oppositrice la falsa impressione di uno scandalo, se ne stava seduta su prove che indicavano strette relazioni tra la campagna elettorale di Trump e la Russia. E niente di quello che ha fatto dal giorno dell’inaugurazione attenua i timori che egli sia in effetti un fantoccio di Putin.
Come può un leader inviare soldati americani a morire, sotto un tale sospetto? Come può aver garantito il diritto di dar forma alla Corte Suprema per una generazione?
Di nuovo, una indagine accurata, non faziosa e senza limiti potrebbe forse chiarire le cose. Ma i repubblicani nel Congresso, che hanno il potere di promuovere tale indagine, sono fermamente contrari.
Il punto è che questo incubo potrebbe essere interrotto da una manciata di legislatori repubblicani disponibili a fare causa comune con i democratici nel chiedere la verità. E forse c’è rimasto un numero sufficiente di persone di coscienza, nel Partito Repubblicano.
Ma probabilmente non ci sono. E quello è un problema persino più inquietante dell’asse Trump-Putin.
By mm
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