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L’ignoranza è forza, di Paul Krugman (New York Times 13 febbraio 2017)

 

Ignorance Is Strength

Paul Krugman FEB. 13, 2017

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When I travel to Asia, I’m fairly often met at the airport by someone holding a sign reading “Mr. Paul.” Why? In much of Asia, names are given family first, personal second — at home, the prime minister of Japan is referred to as Abe Shinzo. And the mistake is completely forgivable when it’s made by a taxi driver picking up a professor.

It’s not so forgivable, however, if the president of the United States makes the same mistake when welcoming the leader of one of our most important economic and security partners. But there it was: Donald Trump referring to Mr. Abe as, yes, Prime Minister Shinzo.

Mr. Abe did not, as far as we know, respond by calling his host President Donald.

Trivial? Well, it would be if it were an isolated instance. But it isn’t. What we’ve seen instead over the past three weeks is an awesome display of raw ignorance on every front. Worse, there’s no hint that either the White House or its allies in Congress see this as a problem. They appear to believe that expertise, or even basic familiarity with a subject, is for wimps; ignorance is strength.

We see this on legal matters: In a widely quoted analysis, the legal expert Benjamin Wittes described the infamous executive order on refugees as “malevolence tempered by incompetence,” and noted that the order reads “as if it was not reviewed by competent counsel at all” — which is a good way to lose in court.

We see it on national security matters, where the president continues to rely on a chief adviser who, suspicious closeness to the Kremlin aside, appears to get his strategic information from right-wing conspiracy theorists.

We see it on education, where the hearings for Betsy DeVos, the education secretary, revealed her to be completely ignorant about even the most elementary issues.

We see it on diplomacy. How hard is it to ask someone from the State Department to make sure that the White House gets foreign leaders’ names right? Too hard, apparently: Before the Abe flub, the official agenda for the state visit by Theresa May, the British prime minister, repeatedly misspelled her name.

And on economics — well, there’s nobody home. The Council of Economic Advisers, which is supposed to provide technical expertise, has been demoted from cabinet rank, but that hardly matters, since nobody has been nominated to serve. Remember all that talk about a trillion-dollar infrastructure plan? If you do, please remind the White House, which hasn’t offered even a ghost of a concrete proposal.

But let me not be too hard on the Tweeter-in-chief: disdain for expertise is general in his party. For example, the most influential Republican economists aren’t serious academics with a conservative bent, of whom there are many; they’re known hacks who literally can’t get a number right.

Or consider the current G.O.P. panic over health care. Many in the party seem shocked to learn that repealing any major part of Obamacare will cause tens of millions to lose insurance. Anyone who studied the issue could have told them years ago how the pieces of health reform fit together, and why. In fact, many of us did, repeatedly. But competent analysis wasn’t wanted.

And that is, of course, the point. Competent lawyers might tell you that your Muslim ban is unconstitutional; competent scientists that climate change is real; competent economists that tax cuts don’t pay for themselves; competent voting experts that there weren’t millions of illegal ballots; competent diplomats that the Iran deal makes sense, and Putin is not your friend. So competence must be excluded.

At this point, someone is bound to say, “If they’re so dumb, how come they won?” Part of the answer is that disdain for experts — sorry, “so-called” experts — resonates with an important part of the electorate. Bigotry wasn’t the only dark force at work in the election; so was anti-intellectualism, hostility toward “elites” who claim that opinions should be based on careful study and thought.

Also, campaigning is very different from governing. This is especially true when the news media spend far more time obsessing over your opponent’s pseudo-scandals than they do on all actual policy issues combined.

But now things have gotten real, and all indications are that the people in charge have no idea what they’re doing, on any front.

In some ways this cluelessness may be a good thing: malevolence may indeed be tempered by incompetence. It’s not just the court defeat over immigration; Republican ignorance has turned what was supposed to be a blitzkrieg against Obamacare into a quagmire, to the great benefit of millions. And Mr. Trump’s imploding job approval might help slow the march to autocracy.

But meanwhile, who’s in charge? Crises happen, and we have an intellectual vacuum at the top. Be afraid, be very afraid.

 

L’ignoranza è forza, di Paul Krugman

New York Times 13 febbraio 2017

Quando vado in viaggio in Asia, abbastanza spesso sono accolto all’aeroporto da qualcuno che porta un cartello con su scritto “Mr. Paul”. Perché? In gran parte dell’Asia viene per primo il nome della famiglia e quello personale per secondo – in patria, al Primo Ministro del Giappone ci si riferisce dicendo Abe Shinzo. E l’errore è del tutto scusabile quando siete un tassista che va a prendere un professore.

Non altrettanto scusabile, tuttavia, se il Presidente degli Stati Uniti dà il benvenuto al leader di uno dei nostri più importanti partner, dal punto di vista dell’economia e della sicurezza. Eppure è andata così: Donald Trump si è riferito al signor Abe dicendo, precisamente, “Primo Ministro Shinzo”.

Abe non ha risposto, per quanto se ne sa, chiamando il suo ospite “Presidente Donald”.

Banale? Ebbene, lo sarebbe se fosse stato un caso isolato. Ma non è così. Quello a cui abbiamo assistito nelle tre scorse settimane è stata una sbalorditiva messa in mostra di rozza ignoranza su tutti i fronti. Peggio ancora, non c’è alcun cenno che né la Casa Bianca, né i suoi alleati nel Congresso lo considerino un problema. Sembrano credere che la competenza, o persino la familiarità elementare con un argomento, sia roba da rammolliti; l’ignoranza è segno di forza.

Lo constatiamo sugli aspetti legali: in una analisi ampiamente citata, l’esperto legale Benjamin Wittes ha descritto il famigerato ordine esecutivo come “cattiva disposizione d’animo temperata da incompetenza”, ed ha notato che l’ordine mostra “di non essere stato affatto rivisto da alcun competente legale” – il che nei tribunali è un buon modo per perdere.

Lo constatiamo sulle materie della sicurezza nazionale, dove il Presidente continua a basarsi su un consigliere capo che, a parte il sospetto di vicinanza col Cremlino, sembra abbia le sue informazioni strategiche dai teorici della cospirazione della destra.

Lo constatiamo sull’istruzione, dove le audizioni per Betsy DeVos, la segretaria all’Istruzione, hanno dimostrato la sua completa ignoranza sui temi più elementari.

Lo constatiamo nella diplomazia. Quanto è difficile chiedere a qualcuno del Dipartimento di Stato per assicurarsi che la Casa Bianca abbia i nomi giusti di leader stranieri? Troppo difficile, a quanto sembra: prima del pasticcio su Abe, l’agenda ufficiale delle visite di Stato ripetutamente riportava in modo erroneo il nome di Theresa May, il Primo Ministro britannico.

Infine, sull’economia – ebbene, in quel caso non c’è nessuno in sede. Il Comitato dei Consulenti Economici, che si suppone fornisca la competenza tecnica, è stato degradato dai ranghi del Gabinetto, ma anche quello non è granché importante, visto che nessuno è entrato in carica. Ricordate tutto il gran parlare di un programma infrastrutturale da mille miliardi di dollari? Se lo ricordate, per favore rammentatelo alla Casa Bianca, che non ha presentato neppure l’ombra di una proposta concreta.

Eppure, consentitemi di non essere troppo duro con il ‘Cinguettante in capo [1]’: il disprezzo per la competenza è un fenomeno generale nel suo Partito.  Ad esempio, i più influenti economisti repubblicani non sono seri accademici con inclinazioni conservatrici, dei quali ve ne sono pur molti; sono pennivendoli ben noti che letteralmente non mettono due numeri in fila.

Oppure, si consideri il panico del Partito Repubblicano sulla assistenza sanitaria. Nel partito, sono in molti ad essere impressionati dall’apprendere che abrogare una qualche parte importante della riforma di Obama provocherebbe la perdita della assistenza per decine di milioni di persone. Chiunque avesse studiato il tema avrebbe potuto dirglielo da anni che i pezzi della riforma sanitaria si tengono tutti assieme, e per quale ragione. Di fatto, molti di noi lo hanno fatto ripetutamente. Ma non si cercavano analisi competenti.

E il punto, ovviamente, è quello. Uomini di diritto competenti vi avrebbero detto che il vostro bando sui musulmani è incostituzionale; scienziati competenti che il cambiamento climatico è vero; economisti competenti che gli sgravi fiscali non si ripagano da soli; competenti esperti di elezioni che non c’erano mai stati milioni di voti illegali; diplomatici competenti potevano dirvi che l’accordo con l’Iran aveva buone ragioni e che Putin non è un vostro amico. Ma è per questo che la competenza è stata esclusa.

A questo punto, qualcuno potrebbe chiedere: “Se sono così sciocchi, com’è successo che hanno vinto?”. In parte la risposta è che il disprezzo per gli esperti – scusate, i “cosiddetti” esperti – trova il favore di una parte importante dell’elettorato. La faziosità non è stata l’unica forza oscura all’opera nelle elezioni: lo è stato altrettanto l’anti intellettualismo, l’ostilità verso le “élite” che sostengono che le opinioni dovrebbero essere basate sullo studio e il pensiero scrupolosi.

Inoltre, le campagne elettorali sono molto diverse dal governare. Questo è particolarmente vero quando i media dell’informazione spendono il tempo di gran lunga maggiore sugli pseudo scandali del vostro oppositore, rispetto a quello che dedicano a tutti gli effettivi argomenti importanti messi assieme.

Ma ora le cose sono diventate vere, e tutto indica che le persone in carica non hanno, su nessun fronte, alcuna idea di quello che stanno facendo.

In un certo senso questo non avere la più pallida idea su alcunché può essere una cosa positiva: la cattiva disposizione d’animo può in effetti essere temperata dall’incompetenza. Non si tratta solo della sconfitta nei tribunali sull’immigrazione; l’ignoranza dei repubblicani ha trasformato quello che si supponeva fosse un blitzkrieg contro la riforma della assistenza di Obama in un pantano, con gran vantaggio per milioni di persone. E il collasso della percentuale di gradimento [2] verso Trump potrebbe aiutare a rallentare la marcia verso l’autocrazia.

Ma nel frattempo, chi abbiamo in carica? Le crisi succedono, e noi abbiamo al posto di comando un vuoto di intelligenza. È il caso di aver paura, molta paura.

 

 

 

[1] Mi pare meglio tradurre ‘alla lettera’ che con “twittante”.

[2] Il riferimento è al sondaggio Gallup sulle percentuali di americani che approvano o disapprovano il Presidente, in queste prime settimane. Si noti incidentalmente che anche molti giornali italiani hanno per qualche giorno diffuso la notizia su un vasto gradimento, basandosi su impressioni o su sondaggi riferiti a settori della popolazione. Salvo tacere nei giorni successivi, quando i sistematici sondaggi della Gallup hanno fornito un quadro molto diverso. Come si può vedere dal dato secondo il quale – partendo da un percentuale di approvazioni e di non approvazioni al 45% per entrambe il 24 gennaio – si è arrivati l’11 febbraio ad un 40% di gradimenti e ad un 55% dei non gradimenti.

 

 

 

 

 

 

 

 

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