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Il carbone è una condizione mentale (dal blog di Krugman, 1 marzo 2017)

 

MAR 1 12:50 PM 

Coal Is A State Of Mind

 

The big news from last night’s speech is that our pundits is not learning. After all the debacles of 2016, they swooned over the fact that Trump — while still lying time after time and proposing truly vile initiatives — was able to read from a teleprompter without breaking into an insane rant. If American democracy falls, supposed political analysts who are actually just bad theater critics will share part of the blame.

But that aside, I was struck by Trump’s continued insistence that he’s going to bring back coal jobs. This says something remarkable both about him and about the body politic.

He is not, of course, going to bring back coal mining as an occupation. Coal employment’s plunge began decades ago, driven mainly by the switch to strip mining and mountaintop removal. A partial revival after the oil crises of the 70s was followed by a renewed downturn (under Reagan!), with fracking and cheap gas mainly delivering the final blow. Giving coal companies new freedom to pollute streams and utilities freedom to destroy the planet won’t make any noticeable dent in the trend.

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But here’s the question: why are people so fixated on coal jobs anyway?

Even in the heart of coal country, the industry hasn’t really been a major source of employment for a very long time. Compare mining with occupations that basically are some form of healthcare in West Virginia, as percentages of total employment:

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Even in West Virginia, the typical worker is basically a nurse, not a miner — and that has been true for decades.

So why did that state overwhelmingly support a candidate who won’t bring back any significant number of mining jobs, but quite possibly will destroy healthcare for many — which means jobs lost as well as lives destroyed?

The answer, I’d guess, is that coal isn’t really about coal — it’s a symbol of a social order that is no more; both good things (community) and bad (overt racism). Trump is selling the fantasy that this old order can be restored, with seemingly substantive promises about specific jobs mostly just packaging.

One thought that follows is that Trump may not be as badly hurt by the failure of his promises as one might expect: he can’t deliver coal jobs, but he can deliver punishment to various kinds of others. I guess we’ll see.

 

Il carbone è una condizione mentale

La grande notizia nel discorso dell’altra notte è che i nostri commentatori non hanno appreso niente. Dopo tutte le débâcle del 2016, sono andati in delirio per il fatto che Trump – nel mentre continuava a dir bugie un momento dopo l’altro e proponeva iniziative davvero oscene – era capace di leggere da un suggeritore elettronico senza interrompersi con pazzesche invettive. Se cadrà la democrazia americana, i presunti analisti politici, che in realtà sono al massimo commentatori di teatro, ne porteranno parte della responsabilità.

Ma, a parte quello, sono rimasto sbigottito per la continua insistenza da parte di Trump sul fatto che starebbe recuperando posti di lavoro nel settore del carbone. Questo indica qualcosa di considerevole, al riguardo sia di lui che del corpo elettorale.

Ovviamente, egli non sta riportando indietro l’attività estrattiva del carbone come un fattore di occupazione. Il crollo dell’occupazione nel carbone cominciò decenni orsono, principalmente guidato dallo spostamento all’estrazione a cielo aperto ed alla rimozione delle cime dei monti. Una parziale ripresa dopo la crisi del petrolio degli anni ’70 fu seguita da una nuova caduta (sotto Reagan!), poi principalmente l’estrazione per fratturazione del gas e la sua economicità diedero il colpo finale. Dare di nuovo alle società del carbone la libertà di inquinare i fiumi ed ai servizi pubblici la libertà di distruggere il pianeta non provocherà alcuna apprezzabile scalfittura in quella linea di tendenza.

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Eppure la domanda è proprio quella: perché ci sono individui comunque fissati sui posti di lavoro nel carbone?

Persino nel cuore delle aree carbonifere, da lungo tempo quell’industria non è stata una importante fonte di occupazione. Si confronti l’attività estrattiva con impieghi che sono sostanzialmente forme di assistenza sanitaria nel West Virginia, come percentuale della occupazione totale:

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[1]

Persino nel West Virginia, il lavoratore tipo è fondamentalmente un infermiere, non un minatore – ed è stato così da decenni.

Perché dunque quello Stato ha sostenuto in modo schiacciante un candidato che non riporterà indietro nessuna quantità significativa di posti di lavoro minerari, ma abbastanza probabilmente distruggerà l’assistenza sanitaria per molti – il che comporta sia posti di lavoro perduti che vite distrutte?

La risposta, suppongo, è che il carbone non ha realmente a che fare con il carbone – è un simbolo di un ordine sociale che non c’è più: sia di cose positive (la comunità) che negative (il razzismo dichiarato). Trump sta vendendo l’illusione che questo vecchio ordine possa essere ripristinato, con le promesse apparentemente concrete di specifici posti di lavoro che principalmente servono a confezionare quell’illusione.

Un pensiero che ne consegue è che Trump potrebbe non ricevere un gran danno, come ci si aspetterebbe, dal fallimento delle sue promesse: egli non può portare posti di lavoro nel carbone, ma può castigare in modi diversi gli altri. Suppongo che lo vedremo.

 

 

[1] La linea rossa indica l’andamento dal 199o al 2015 degli occupati nel settore socio assistenziale e quella blu nel settore minerario, nel West Virginia (in percentuale sul totale degli occupati non agricoli).

 

 

 

 

 

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