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Giuda, gli sgravi fiscali e il Grande Tradimento, di Paul Krugman (New York Times 12 maggio 2017)

 

Judas, Tax Cuts and the Great Betrayal

Paul Krugman MAY 12, 2017

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The denarius, ancient Rome’s silver coin, was supposedly the daily wage of a manual worker. If so, the tax cuts that the richest 1 percent of Americans will receive if the Affordable Care Act is repealed — tax cuts that are, obviously, the real reason for repeal — would amount to the equivalent of around 500 pieces of silver each year.

What inspired this calculation? The spectacle of Mitch McConnell, the Senate majority leader, and Paul Ryan, the speaker of the House, defending Donald Trump’s firing of James Comey.

Everyone understands that Mr. Comey was fired not because of his misdeeds during the campaign — misdeeds that helped put Trump in the White House — but because his probe of Russian connections with the Trump campaign was accelerating and, presumably, getting too close to home. So this looks very much like the use of presidential power to cover up possible foreign subversion of the U.S. government.

And the two leading Republicans in Congress are apparently O.K. with that cover-up, because the Trump ascendancy is giving them the chance to do what they always wanted, namely, take health insurance away from millions of Americans while slashing taxes on the wealthy.

So you can see why I find myself thinking of Judas.

For generations, Republicans have impugned their opponents’ patriotism. During the Cold War, they claimed that Democrats were soft on Communism; after 9/11, that they were soft on terrorism.

But now we have what may be the real thing: circumstantial evidence that a hostile foreign power may have colluded with a U.S. presidential campaign, and may retain undue influence at the highest levels of our government. And all those self-proclaimed patriots have gone silent, or worse.

Just to be clear, we don’t know for sure that top Trump officials, and maybe even Trump himself, are Russian puppets. But the evidence is obviously enough to take seriously — just think about the fact that Michael Flynn stayed on as national security adviser for weeks after Justice Department officials warned that he was compromised, and was fired only when the story broke in the press.

And we know how to resolve the remaining uncertainty: independent investigations conducted by officials with strong legal powers, insulated from partisan political influence.

So here’s where we stood as of Thursday evening: 138 Democrats and independents had called for the appointment of a special prosecutor; just one Republican had joined that call. Another 84 Democrats had called for an independent investigation, joined by only six Republicans.

At this point, in other words, almost an entire party appears to have decided that potential treason in the cause of tax cuts for the wealthy is no vice. And that’s barely hyperbole.

How did a whole party become so, well, un-American? For this story now goes far beyond Trump.

In some ways conservatism is returning to its roots. Much has been made of Trump’s revival of the term “America First,” the name of a movement opposed to U.S. intervention in World War II. What isn’t often mentioned is that many of the most prominent America-firsters weren’t just isolationists, they were actively sympathetic to foreign dictators; there’s a more or less straight line from Charles Lindbergh proudly wearing the medal he received from Hermann Göring to Trump’s cordial relations with Rodrigo Duterte, the literally murderous president of the Philippines.

But the more proximate issue is the transformation of the Republican Party, which bears little if any resemblance to the institution it used to be, say during the Watergate hearings of the 1970s. Back then, Republican members of Congress were citizens first, partisans second. But today’s G.O.P. is more like a radical, anti-democratic insurgency than a conventional political party.

The political analysts Thomas Mann and Norman Ornstein have been trying to explain this transformation for years, fighting an uphill battle against the false equivalence that still dominates punditry. As they note, the G.O.P. hasn’t just become “ideologically extreme”; it is “dismissive of the legitimacy of its political opposition.”

So it’s naïve to expect Republicans to join forces with Democrats to get to the bottom of the Russia scandal — even if that scandal may strike at the very roots of our national security. Today’s Republicans just don’t cooperate with Democrats, period. They’d rather work with Vladimir Putin.

In fact, some of them probably did.

Now, maybe I’m being too pessimistic. Maybe there are enough Republicans with a conscience — or, failing that, sufficiently frightened of an electoral backlash — that the attempt to kill the Russia probe will fail. One can only hope so.

But it’s time to face up to the scary reality here. Most people now realize, I think, that Donald Trump holds basic American political values in contempt. What we need to realize is that much of his party shares that contempt.

 

Giuda, gli sgravi fiscali e il Grande Tradimento, di Paul Krugman

New York Times 12 maggio 2017

Il ‘denarius’, la moneta d’argento nell’antica Roma, si ritiene che fosse il salario giornaliero di un lavoratore manuale. Se così fosse, gli sgravi fiscali che l’1 per cento degli americani più ricchi riceveranno dalla abrogazione della Legge sulla Assistenza Sostenibile – sgravi fiscali che, ovviamente, sono la ragione vera dell’abrogazione – corrisponderebbero all’equivalente di circa 500 pezzi d’argento per ogni anno.

Da dove deriva questo calcolo? Dallo spettacolo di Mitch McConnell, il leader della maggioranza al Senato, e Paul Ryan, il Presidente della Camera dei Rappresentanti, che difendono il licenziamento di James Comey da parte di Donald Trump.

Tutti capiscono che il signor Comey è stato messo alla porta non per le sue malefatte durante la campagna elettorale – malefatte che hanno contribuito a collocare Trump alla Casa Bianca – ma a causa del fatto che la sua indagine sulle connessioni russe con la campagna di Trump si stava accelerando e, presumibilmente, stava avvicinandosi troppo ad un nervo scoperto. Dunque, appare assai probabile l’uso del potere presidenziale come copertura di una possibile azione sovversiva straniera ai danni del Governo degli Stati Uniti.

E i due eminenti repubblicani del Congresso sembrano non aver alcun problema con tale copertura, giacché l’ascesa di Trump fornisce loro la possibilità di fare quello che hanno sempre voluto, togliere l’assicurazione sanitaria a milioni di americani nel mentre si abbattono le tasse sui ricchi.

In tal modo vi rendete conto del perché mi ritrovo a ragionare su Giuda.

Per generazioni, i repubblicani hanno messo in dubbio il patriottismo dei loro avversari. Durante la Guerra Fredda, sostenevano che i democratici avevano la mano di velluto col comunismo; dopo l’11 settembre che facevano lo stesso col terrorismo.

Ma adesso abbiamo quello che forse è un fatto: la prova circostanziata che una potenza straniera ostile potrebbe aver cospirato in una campagna elettorale statunitense, e potrebbe aver intrattenuto rapporti impropri ai livelli più alti del nostro Governo. E tutti quei sedicenti patrioti si sono azzittiti, o peggio.

Per esser chiari, noi non sappiamo con certezza se i dirigenti di Trump, e forse persino Trump stesso, siano marionette russe. Ma evidentemente le prove sono sufficienti per essere valutate seriamente – si pensi solo al fatto che Michael Flynn è rimasto per settimane consigliere alla sicurezza nazionale dopo che dirigenti del Dipartimento Giustizia avevano messo in guardia sulle sue compromissioni, ed è stato allontanato soltanto quando la storia è finita sui giornali.

E sappiamo come risolvere la residua incertezza: indagini indipendenti condotte da dirigenti con forti poteri legali, protetti da influenze politiche di parte.

Dunque, quello era il punto in cui eravamo giovedì pomeriggio: 138 democratici e indipendenti si sono pronunciati per la nomina di uno speciale pubblico ministero; solo un repubblicano ha aderito a quella richiesta. Altri 84 democratici si sono pronunciati per una indagine indipendente, ai quali si sono aggiunti solo sei repubblicani.

In altre parole, arrivati a quel punto quasi un intero partito sembra che abbia deciso che non c’è niente di male in quel potenziale tradimento, con la motivazione degli sgravi fiscali per i più ricchi. E questa non è affatto un’esagerazione.

Come è stato possibile che un intero partito sia diventato, diciamo pure, così “non americano”? Perché questa storia adesso va molto oltre Trump.

In qualche modo, il conservatorismo sta tornando alle sue origini. Molto è stato detto sulla rimessa in auge da parte di Trump della parola d’ordine “Prima di tutto, l’America”, il nome del movimento che si opponeva all’intervento degli Stati Uniti nella Seconda Guerra Mondiale. Quello che non è stato detto frequentemente è che molti dei più eminenti sostenitori del primato americano non erano solo isolazionisti, erano attivamente solidali con i dittatori stranieri; c’è una linea più o meno diretta tra Charles Lindbergh che si metteva addosso con orgoglio la medaglia ricevuta da Hermann Göring e le relazioni cordiali di Trump con Rodrigo Duterte, il Presidente nel vero senso della parola sanguinario delle Filippine.

Ma il tema più vicino nel tempo è la trasformazione del Partito Repubblicano, che ha poca o punta somiglianza con quello che era quell’istituzione, ad esempio durante le audizioni del Watergate negli anni ’70. Allora, i membri repubblicani del Congresso erano prima di tutto cittadini, solo in secondo luogo uomini di parte. Ma al giorno d’oggi il Partito Repubblicano è più simile ad una ribellione estremista ed antidemocratica che ad un partito politico convenzionale.

Da anni i politologi Thomas Mann e Norman Ornstein hanno cercato di spiegare questa trasformazione, combattendo una difficile battaglia contro i miti della ‘falsa equivalenza’ che ancora dominano tra i commentatori. Come essi notano, il Partito Repubblicano non è solo diventato “ideologicamente estremista”; esso è “sprezzante della legittimità dei suoi avversari politici”.

Dunque è ingenuo aspettarsi che i repubblicani uniscano le loro forze ai democratici per andare al fondo dello scandalo russo – persino se quello scandalo colpisse alla radice la nostra sicurezza nazionale. Oggi i repubblicani semplicemente non collaborano con i democratici, fine della storia. Piuttosto lavorano assieme con Vladimir Putin.

Infatti, alcuni di loro probabilmente l’hanno fatto.

Ora, forse sono troppo pessimista. Forse c’è un numero sufficiente di repubblicani con una coscienza – oppure, in difetto di quella, sufficientemente spaventati da un contraccolpo elettorale – al punto che il tentativo di liquidare l’indagine russa fallirà. Si può solo sperare che sia così.

Ma in questo caso è il momento di guardare in faccia la preoccupante realtà. La maggioranza delle persone si rende conto, suppongo, che Donald Trump ha in spregio i fondamentali valori politici americani. Quello di cui abbiamo bisogno è che si capisca che una gran parte del suo Partito condivide quel disprezzo.

 

 

 

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