Paul Krugman JULY 31, 2017
When the tweeter-in-chief castigated Senate Republicans as “total quitters”for failing to repeal the Affordable Care Act, he couldn’t have been more wrong. In fact, they showed zombie-like relentlessness in their determination to take health care away from millions of Americans, shambling forward despite devastating analyses by the Congressional Budget Office, denunciations of their plans by every major medical group, and overwhelming public disapproval.
Put it this way: Senator Lindsey Graham was entirely correct when he described the final effort at repeal as “terrible policy and horrible politics,” a “disaster” and a “fraud.” He voted for it anyway — and so did 48 of his colleagues.
So where did this zombie horde come from? Who ate Republicans’ brains?
As many people have pointed out, when it came to health care Republicans were basically caught in their own web of lies. They fought against the idea of universal coverage, then denounced the Affordable Care Act for failing to cover enough people; they made “skin in the game,” i.e., high out-of-pocket costs, the centerpiece of their health care ideology, then denounced the act for high deductibles. When they finally got their chance at repeal, the contrast between what they had promised and their actual proposals produced widespread and justified public revulsion.
But the stark dishonesty of the Republican jihad against Obamacare itself demands an explanation. For it went well beyond normal political spin: for seven years a whole party kept insisting that black was white and up was down.
And that kind of behavior doesn’t come out of nowhere. The Republican health care debacle was the culmination of a process of intellectual and moral deterioration that began four decades ago, at the very dawn of modern movement conservatism — that is, during the very era anti-Trump conservatives now point to as the golden age of conservative thought.
A key moment came in the 1970s, when Irving Kristol, the godfather of neoconservatism, embraced supply-side economics — the claim, refuted by all available evidence and experience, that tax cuts pay for themselves by boosting economic growth. Writing years later, he actually boasted about valuing political expediency over intellectual integrity: “I was not certain of its economic merits but quickly saw its political possibilities.” In another essay, he cheerfully conceded to having had a “cavalier attitude toward the budget deficit,” because it was all about creating a Republican majority — so “political effectiveness was the priority, not the accounting deficiencies of government.”
The problem is that once you accept the principle that it’s O.K. to lie if it helps you win elections, it gets ever harder to limit the extent of the lying — or even to remember what it’s like to seek the truth.
The right’s intellectual and moral collapse didn’t happen all at once. For a while, conservatives still tried to grapple with real problems. In 1989, for example, The Heritage Foundation offered a health care plan strongly resembling Obamacare. That same year, George H. W. Bush proposed a cap-and-trade system to control acid rain, a proposal that eventually became law.
But looking back, it’s easy to see the rot spreading. Compared with Donald Trump, the elder Bush looks like a paragon — but his administration lied relentlessly about rising inequality. His son’s administration lied consistently about its tax cuts, pretending that they were targeted on the middle class, and — in case you’ve forgotten — took us to war on false pretenses.
And almost the entire G.O.P. either endorsed or refused to condemn the “death panels” slander against Obamacare.
Given this history, the Republican health care disaster was entirely predictable. You can’t expect good or even coherent policy proposals from a party that has spent decades embracing politically useful lies and denigrating expertise.
And let’s be clear: we’re talking about Republicans here, not the “political system.”
Democrats aren’t above cutting a few intellectual corners in pursuit of electoral advantage. But the Obama administration was, when all is said and done, remarkably clearheaded and honest about its policies. In particular, it was always clear what the A.C.A. was supposed to do and how it was supposed to do it — and it has, for the most part, worked as advertised.
Now what? Maybe, just maybe, Republicans will work with Democrats to make the health system work better — after all, polls suggest that voters will, rightly, blame them for any future problems. But it wouldn’t be easy for them to face reality even if their president wasn’t a bloviating bully.
And it’s hard to imagine anything good happening on other policy fronts, either. Republicans have spent decades losing their ability to think straight, and they’re not going to get it back anytime soon.
Chi si è mangiato i cervelli dei repubblicani? Di Paul Krugman
New York Times, 31 luglio 2017
Quando il tweeter-in-capo ha fatto una severa reprimenda ai repubblicani del Senato definendoli come “completi inconcludenti” per non essere riusciti ad abrogare la Legge sulla Assistenza Sostenibile, non avrebbe potuto avere più torto. Di fatto, essi hanno mostrato una implacabile determinazione nel togliere l’assistenza sanitaria a milioni di americani, deambulando come zombi nonostante le analisi devastanti dell’Ufficio Congressuale del Bilancio, le denunce dei loro piani da parte di ogni importante associazione sanitaria, e la generalizzata disapprovazione da parte dell’opinione pubblica.
Diciamolo in questo modo: il Senatore Lindsey Graham era del tutto corretto quando ha descritto lo sforzo finale per l’abrogazione come “un progetto terribile e una politica terribile”, un “disastro” e un “inganno”. Egli ha votato comunque per tutto ciò, e lo stesso hanno fatto 48 suoi colleghi.
Dunque, da dove è uscita questa moltitudine di zombi? Chi si è mangiato i cervelli dei repubblicani?
Come in molti hanno messo in evidenza, quando si parla di assistenza sanitaria i repubblicani sono intrappolati nel loro groviglio di bugie. Hanno combattuto contro l’idea di una assistenza universale, poi hanno denunciato la Legge sulla Assistenza sostenibile per non aver saputo coprire abbastanza persone; hanno messo al centro della loro ideologia dell’assistenza sanitaria l’idea di ‘impegnarsi in prima persona’, ovvero di costi elevati di tasca propria, poi hanno denunciato la legge per le elevate prestazioni deducibili. Quando alla fine hanno avuto la loro possibilità di abrogarla, il contrasto tra quello che avevano promesso e le loro proposte del momento hanno prodotto una generalizzata e giustificata repulsione da parte dell’opinione pubblica.
Ma la stessa estrema disonestà della guerra santa repubblicana contro la riforma di Obama richiede essa stessa una spiegazione. Perché essa è andata assai oltre una normale manipolazione politica: per sette anni un intero partito ha continuato ad insistere che il nero era bianco e che il sopra era il sotto.
E questo genere di comportamento non viene dal nulla. La debacle della sanità repubblicana è stata il culmine di un processo di degenerazione intellettuale e morale che cominciò quattro decenni orsono, proprio all’alba del moderno conservatorismo – cioè proprio durante l’epoca che oggi i conservatori contrari a Trump indicano come l’età aurea del persiero conservatore.
Un momento cruciale intervenne nel corso degli anni ’70, quando Irving Kristol [1], il capostipite del moderno neoconservatorismo, fece propria l’economia dal lato dell’offerta – la pretesa, confutata da ogni prova ed esperienza disponibile, che i tagli alle tasse si ripagassero da soli incoraggiando la crescita economica. Scrivendo dopo alcuni anni, egli in effetti si vantò di aver valorizzato quella politica di espedienti più della integrità intellettuale: “Io non ero certo dei meriti di quella soluzione economica, ma intuii velocemente le sue possibilità politiche”. In un altro saggio, spensieratamente ammise di aver avuto “una attitudine sprezzante verso i deficit di bilancio”, giacché il punto era soprattutto la creazione di una maggioranza repubblicana – dunque “l’efficacia politica era la priorità, non i conti del Governo che non tornavano”.
Il problema è che una volta che si accetta che mentire va bene se ti aiuta a vincere le elezioni, diventa sempre più difficile stabilire il limite nella dimensione di quelle menzogne – o persino tenere a mente a cosa assomiglia la ricerca della verità.
Il collasso intellettuale e morale della destra non avvenne tutto ad un tratto. Per un certo periodo i conservatori ancora cercarono di fare i conti con i problemi reali. Ad esempio, nel 1989 la Fondazione Heritage offrì un programma di assistenza sanitaria che somigliava fortemente alla riforma di Obama. In quello stesso anno, il Presidente Bush (padre) propose, per il controllo delle piogge acide, un sistema cap-and-trade [2], una proposta che alla fine divenne legge.
Ma guardando indietro, è facile osservare come il marcio si è diffuso. A confronto con Donald Trump, Bush padre parrebbe un modello positivo – ma la sua amministrazione mentì in modo incessante sulla crescente ineguaglianza. L’Amministrazione di suo figlio mentì in continuazione sui suoi sgravi fiscali, sostenendo che erano rivolti alla classe media, e – nel caso ve lo foste dimenticati – ci portò in una guerra sulla base di falsi pretesti.
E quasi l’intero Partito Repubblicano appoggiò o rifiutò di condannare le calunnie sui “tribunali della morte” [3] contro la riforma di Obama.
Data questa storia, il disastro della assistenza sanitaria repubblicana era interameente prevedibile. Non ci si poteva aspettare proposte politiche buone e neanche coerenti da parte di un partito che aveva speso decenni per far proprie menzogne politicamente convenienti e per denigrare la competenza.
E siamo chiari: in questo caso stiamo parlando dei repubblicani, non del “sistema politico”.
I democratici non disdegnano di prendere un po’ di scorciatoie intellettuali nel preseguimento di un vantaggio elettorale. Ma l’Amministrazione Obama, alla fine dei conti, è stata considerevolmente trasparente ed onesta sulle sue politiche. In particolare, essa è sempre stata chiara su cosa si pensava che la Legge sulla Assistenza Sostenibile provocasse e su come lo provocasse – e tale legge ha, nella maggioranza dei casi, operato come si era annunciato.
E adesso cosa acccadrà? Forse, ma solo forse, i repubblicani lavoreranno con i democratici per far funzionare meglio il sistema sanitario – dopo tutto, i sondaggi indicano che gli elettori, a buona ragione, daranno ad essi la colpa per qualsiasi problema futuro. Ma potrebbe non essere semplice per loro affrontare la realtà, anche se il loro Presidente non fosse un prepotente che vaneggia.
Ed è difficile immaginare che accada qualcosa di positivo anche su altri fronti della politica. I repubblicani hanno speso decenni nel perdere la loro capacità di riflettere in modo sincero, e non sono destinati a recuperarla in breve tempo.
[1] Intellettuale americano, deceduto nel 2009; che venne definito “il capostipite del neoconservatorismo”. In realtà abbastanza distante dal neoconservatorismo successivo e attuale. Di famiglia ebraica non praticante, da giovane aveva partecipato anche ad un gruppo trotskysta.
[2] Letteralmente, “mettere un limite e consentire gli scambi” in materia di inquinamento ambientale – ovvero mettere un limite all’inquinamento e premiare chi sta sotto quel limite, anche permettendogli di ‘vendere’ il proprio comportamento virtuoso a chi resta provvisoriamente sopra (l’acquisto di ‘punti’ dai più virtuosi – e talora anche di tecnologie – essendo un modo provvisorio per restare nella legalità).
[3] I “tribunali della morte” erano lo slogan preferito del Tea Party contro la riforma sanitaria. Si intendeva alludere che con tale riforma commissioni tecniche avrebbero deciso della lunghezza dei trattamenti sanitari per i malati terminali. In realtà non si trattava di trattamenti sanitari, ma eventualmente di limiti nella spesa pubblica nei casi di ‘accanimento terapeutico’.
By mm
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