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Fascismo, stile americano, di Paul Krugman (New York Times 28 agosto 2017)

 

Fascism, American Style

Paul Krugman AUG. 28, 2017

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As sheriff of Maricopa County, Ariz., Joe Arpaio engaged in blatant racial discrimination. His officers systematically targeted Latinos, often arresting them on spurious charges and at least sometimes beating them up when they questioned those charges. Read the report from the Justice Department’s Civil Rights Division, and prepare to be horrified.

Once Latinos were arrested, bad things happened to them. Many were sent to Tent City, which Arpaio himself proudly called a “concentration camp,” where they lived under brutal conditions, with temperatures inside the tents sometimes rising to 145 degrees.

And when he received court orders to stop these practices, he simply ignored them, which led to his eventual conviction — after decades in office — for contempt of court. But he had friends in high places, indeed in the highest of places. We now know that Donald Trump tried to get the Justice Department to drop the case against Arpaio, a clear case of attempted obstruction of justice. And when that ploy failed, Trump, who had already suggested that Arpaio was “convicted for doing his job,” pardoned him.

By the way, about “doing his job,” it turns out that Arpaio’s officers were too busy rounding up brown-skinned people and investigating President Barack Obama’s birth certificate to do other things, like investigate cases of sexually abused children. Priorities!

Let’s call things by their proper names here. Arpaio is, of course, a white supremacist. But he’s more than that. There’s a word for political regimes that round up members of minority groups and send them to concentration camps, while rejecting the rule of law: What Arpaio brought to Maricopa, and what the president of the United States has just endorsed, was fascism, American style.

So how did we get to this point?

Trump’s motives are easy to understand. For one thing, Arpaio, with his racism and authoritarianism, really is his kind of guy. For another, the pardon is a signal to those who might be tempted to make deals with the special investigator as the Russia probe closes in on the White House: Don’t worry, I’ll protect you.

Finally, standing up for white people who keep brown people down pleases Trump’s base, whom he’s going to need more than ever as the scandals creep closer and the big policy wins he promised keep not happening.

But the Trump base of angry white voters is a distinct minority in the country as a whole. Furthermore, those voters have always been there. Fifteen years ago, writing about the radicalization of the G.O.P., I suggested the hard core of angry voters was around 20 percent of the electorate; that still seems like a reasonable guess.

What makes it possible for someone like Trump to attain power and hold it is the acquiescence of people, both voters and politicians, who aren’t white supremacists, who sort-of kind-of believe in the rule of law, but are willing to go along with racists and lawbreakers if it seems to serve their interests.

There have been endless reports about the low-education white voters who went overwhelmingly for Trump last November. But he wouldn’t have made it over the top without millions of votes from well-educated Republicans who — despite the media’s orgy of false equivalence or worse (emails!) — had no excuse for not realizing what kind of man he was. For whatever reason, be it political tribalism or the desire for lower taxes, they voted for him anyway.

Given the powers we grant to the president, who in some ways is almost like an elected dictator, giving the office to someone likely to abuse that power invites catastrophe. The only real check comes from Congress, which retains the power to impeach; even the potential for impeachment can constrain a bad president. But Republicans control Congress; how many of them besides John McCain have offered full-throated denunciations of the Arpaio pardon?

The answer is, very few. Paul Ryan, the speaker of the House, had a spokesman declare that he “does not agree with this decision” — not exactly a ringing statement. Yet Ryan did better than most of his colleagues, who have said nothing at all.

This bodes ill if, as seems all too likely, the Arpaio pardon is only the beginning: We may well be in the early stages of a constitutional crisis. Does anyone consider it unthinkable that Trump will fire Robert Mueller, and try to shut down investigations into his personal and political links to Russia? Does anyone have confidence that Republicans in Congress will do anything more than express mild disagreement with his actions if he does?

As I said, there’s a word for people who round up members of ethnic minorities and send them to concentration camps, or praise such actions. There’s also a word for people who, out of cowardice or self-interest, go along with such abuses: collaborators. How many such collaborators will there be? I’m afraid we’ll soon find out.

 

Fascismo, stile americano, di Paul Krugman

New York Times 28 agosto 2017

Come Sceriffo della Contea di Maricopa, Arizona, Joe Arpaio si è dedicato ad una sfacciata discriminazione razziale. I suoi sottoposti prendevano di mira sistematicamente i latinos, spesso arrestandoli con accuse pretestuose e almeno in qualche caso picchiandoli quando obiettavano a quelle accuse. Si legga il rapporto della Divisione dei Diritti Civili del Dipartimento della Giustizia, e ci si prepari a restarne sconvolti.

Una volta che i latinos venivano arrestati, facevano esperienze molto sgradevoli. Molti di loro vennero spediti a Tent City, che lo stesso Arpaio chiamava orogliosamente un “campo di concentramento”, dove vivevano in condizioni brutali, con temperature che talvolta raggiungevano una sessantina di gradi dentro le tende.

E quando ricevette le disposizioni del Tribunale di interrompere queste pratiche, semplicemente le ignorò, la qual cosa portò alla sua finale condanna – dopo decenni di incarico – per oltraggio alla Corte. Ma aveva amici in alto, in effetti nei posti più in alto. Adesso sappiamo che Donald Trump cercò di ottenere dal Dipartimento della Giustizia di far cadere l’iniziativa contro Arpaio, un caso chiaro di tentato ostacolo alla giustizia. E quando quell’idea fallì, Trump, che aveva già suggerito che Arpaio era stato “condannato per aver fatto il suo lavoro”, lo ha prosciolto.

Per inciso, a proposito di “fare il proprio lavoro”, si scopre che gli ufficiali di Arpaio erano troppo occupati a radunare la gente di colore e a fare indagini sul certificato di nascita del Presidente Barack Obama per occuparsi di altro, come indagare su casi di abusi sessuali sui bambini. Priorità!

Consentitemi di chiamare le cose con il loro nome. Arpaio, ovviamente, è un suprematista bianco. Ma è più di quello. C’è una parola per i regimi politici che radunano i membri di gruppi delle minoranze e li spediscono in campi di concentramento, nel mentre rifiutano le regole della legge: quello che Arpaio ha portato a Maricopa, e che il Presidente degli Stati Uniti ha appena appoggiato, è fascismo, stile americano.

Dunque, come siamo arrivati a questo punto?

I motivi di Trump sono facili da intendere. Per un verso, con il suo razzismo e autoritarismo, Arpaio è proprio un individuo del suo genere. Per un altro, il proscioglimento è un segnale a coloro che potrebbero essere tentati di fare accordi con l’investigatore speciale al momento in cui l’indagine sulla Russia raggiungesse la Casa Bianca: non vi preoccupate, io vi proteggerò.

Infine, schierarsi con la gente bianca che continua a perseguitare la gente di colore soddisfa la base di Trump, della quale egli ha più che mai bisogno nel momento in cui gli scandali si fanno strada in modo più ravvicinato e i grandi successi politici che lui aveva promesso continuano a non materializzarsi.

Ma, nel paese nel suo complesso, la base di Trump di elettori bianchi arrabbiati è una netta minoranza. Inoltre, quegli elettori ci sono sempre stati. Quindici anni orsono, scrivendo sulla radicalizzazione dl Partito Repubblicano, indicavo lo zoccolo duro degli elettori arrabbiati in circa un 20 per cento dell’elettorato; quella sembra ancora una stima ragionevole.

Quello che rende possibile per qualcuno come Trump conquistare il potere e tenerselo è la acquiescenza della gente, degli elettori come degli uomini politici, che non sono suprematisti bianchi, che in qualche modo credono nello Stato di diritto, ma sono disponibili ad andare a braccetto con i razzisti e i malfattori se questo sembra servire i loro interessi.

Ci sono stati infiniti resoconti sugli elettori bianchi di modesta istruzione che hanno scelto Trump in modo schiacciante lo scorso novembre. Ma non ce l’avrebbe fatta in modo straordinario senza milioni di voti da parte di repubblicani ben istruiti che – nonostante l’orgia di false equivalenze o peggio (le mail!) – non avevano scusanti per non comprendere che tipo di individuo fosse Trump. Per una qualsiasi ragione, si trattasse di tribalismo politico o del desiderio di tasse più basse, lo hanno votato senza incertezze.

Dati i poteri che assicuriamo al Presidente, che in qualche modo è quasi come un dittatore eletto, dare la carica a qualcuno che è probabile abusi di quel potere provoca una catastrofe. L’unico vero controllo viene dal Congresso, che detiene il potere dell’impeachment; anche la sola possibilità dell’impeachment può costituire un limite per un cattivo Presidente. Ma i repubblicani controllano il Congresso; quanti di loro, ad eccezione di John McCain, hanno rivolto denunce a pieni polmoni sul proscioglimento di Arpaio?

La risposta è, molto pochi. Un portavoce ha dichiarato che Paul Ryan, lo speaker della Camera, “non concorda con questa decisione” – dichiarazione non esattamente vibrante. Tuttavia Ryan si è comportato meglio della maggioranza dei suoi colleghi, che non hanno fiatato.

Questo fa presagire il peggio se, come sembra anche troppo probabile, la assoluzione di Arpaio è solo l’inizio: possiamo ben essere alle prime mosse di una crisi costituzionale. C’è qualcuno che considera impensabile che Trump licenzi Robert Mueller, e cerchi di interrompere le indagini sui suoi collegamenti personali e politici con la Russia? Qualcuno ha fiducia che i repubblicani del Congresso, dinanzi a iniziative del genere se verranno assunte, faranno qualcosa di più che esprimere un leggero disaccordo?

Come ho detto, c’è un termine per le persone che radunano componenti di minoranze etniche e li spediscono in campi di concentramento, o che elogiano tali iniziative. C’è anche un termine per le persone che, per viltà o per interesse personale, acconsentono a tali abusi: collaboratori. Quanti colleboratori ci saranno? Temo che lo scopriremo presto.

 

 

 

 

 

 

 

 

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