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Qual’è la prossima tappa dei progressisti? Paul Krugman (New York Times 7 agosto 2017)

 

What’s Next for Progressives?

Paul Krugman AUG. 7, 2017

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For now, at least, the attempt to repeal the Affordable Care Act appears dead. Sabotage by a spiteful Trump administration is still a risk, but there is — gasp! — a bipartisan push to limit the damage, with Democrats who want to preserve recent gains allying with Republicans who fear that the public will blame them for declining coverage and rising premiums.

This represents a huge victory for progressives, who did a startlingly good job of marshaling facts, mobilizing public opinion, and pressuring politicians to stand their ground. But where do they go from here? If Democrats regain control of Congress and the White House, what will they do with the opportunity?

Well, some progressives — by and large people who supported Bernie Sanders in the primaries — are already trying to revive one of his signature proposals: expanding Medicare to cover everyone. Some even want to make support for single-payer a litmus test for Democratic candidates.

So it’s time for a little pushback. A commitment to universal health coverage — bringing in the people currently falling through Obamacare’s cracks — should definitely be a litmus test. But single-payer, while it has many virtues, isn’t the only way to get there; it would be much harder politically than its advocates acknowledge; and there are more important priorities.

The key point to understand about universal coverage is that we know a lot about what it takes, because every other wealthy country has it. How do they do it? Actually, lots of different ways.

Look at the latest report by the nonpartisan Commonwealth Fund, comparing health care performance among advanced nations. America is at the bottom; the top three performers are Britain, Australia, and the Netherlands. And the thing is, these three leaders have very different systems.

Britain has true socialized medicine: The government provides health care directly through the National Health Service. Australia has a single-payer system, basically Medicare for All — it’s even called Medicare. But the Dutch have what we might call Obamacare done right: individuals are required to buy coverage from regulated private insurers, with subsidies to help them afford the premiums.

And the Dutch system works, which suggests that a lot could be accomplished via incremental improvements in the A.C.A., rather than radical change. Further evidence for this view is how relatively well Obamacare, imperfect as it is, already works in states that try to make it work — did you know that only 5.4 percent of New Yorkers are now uninsured?

Meanwhile, the political logic that led to Obamacare rather than Medicare for all still applies.

It’s not just about paying off the insurance industry, although getting insurers to buy in to health reform wasn’t foolish, and arguably helped save the A.C.A.: At a crucial moment America’s Health Insurance Plans, the industry lobbying organization, and Blue Cross Blue Shield intervened to denounce Republican plans.

A far more important consideration is minimizing disruption to the 156 million people who currently get insurance through their employers, and are largely satisfied with their coverage. Moving to single-payer would mean taking away this coverage and imposing new taxes; to make it fly politically you’d have to convince most of these people both that they would save more in premiums than they pay in additional taxes, and that their new coverage would be just as good as the old.

This might in fact be true, but it would be one heck of a hard sell. Is this really where progressives want to spend their political capital?

What would I do instead? I’d enhance the A.C.A., not replace it, although I would strongly support reintroducing some form of public option — a way for people to buy into public insurance — that could eventually lead to single-payer.

Meanwhile, progressives should move beyond health care and focus on other holes in the U.S. safety net.

When you compare the U.S. social welfare system with those of other wealthy countries, what really stands out now is our neglect of children. Other countries provide new parents with extensive paid leave, provide high-quality, subsidized day care for children with working parents and make pre-K available to everyone or almost everyone; we do none of these things. Our spending on families is a third of the advanced-country average, putting us down there with Mexico and Turkey.

So if it were up to me, I’d talk about improving the A.C.A., not ripping it up and starting over, while opening up a new progressive front on child care.

I have nothing against single-payer; it’s what I’d support if we were starting fresh. But we aren’t: Getting there from here would be very hard, and might not accomplish much more than a more modest, incremental approach. Even idealists need to set priorities, and Medicare-for-all shouldn’t be at the top of the list.

 

Qual’è la prossima tappa dei progressisti? Paul Krugman

New York Times 7 agosto 2017

Almeno per adesso, il tentativo di abrogare la Legge sulla Assistenza Sostenibile appare defunto. Il sabotaggio da parte di una astiosa Amministrazione Trump è ancora un rischio, ma è in atto – speriamo bene! – uno sforzo bipartisan per limitare il danno, con i democratici che vogliono difendere i successi recenti alleandosi con quei repubblicani che temono che l’opinione pubblica darà a loro la colpa della copertura assicurativa che si riduce e delle polizze che crescono.

Questa rappresenta una grande vittoria per i progressisti, che hanno fatto un soprprendente buon lavoro nel mettere in ordine i fatti, nel mobilitare la pubblica opinione e nello spingere i loro politici a non avere esitazioni. Ma a partire da qua, dove andranno? Se i democratici riconquistassero il controllo del Congresso e della Casa Bianca, cosa farebbero di quella occasione?

Ebbene, alcuni progressisti – in generale le persone che avevano sostenuto Bernie Sanders nelle primarie – stanno già cercando di rivitalizzare una delle loro proposte distintive: espandere Medicare sino a coprire tutti con un programma simile [1]. Alcuni vogliono addirittura far sostenere la soluzione di un sistema solo pubblico di pagamenti assistenziali come cartina di tornasole per le intenzioni dei candidati democratici.

Dunque è il momento di fare una piccola obiezione. Un impegno verso una copertura sanitaria universalistica – coinvolgendo le persone che attualmente cadono per i limiti della riforma di Obama – sarebbe certamente una prova del nove. Ma il sistema dei pagamenti centralizzati, mentre ha molte virtù, non è l’unico modo per arrivarci; esso sarebbe sul piano politico molto più difficile di quello che riconoscono i suoi sostenitori, e ci sono priorità più importanti.

Il punto fondamentale da comprendere sulla copertura universalistica è che noi sappiamo molto su quello che comporta, perché tutti gli altri paesi ricchi ce l’hanno. Come operano quei paesi? In realtà, in una quantità di modi diversi.

Si guardi l’ultimo rapporto dell’indipendente Commonwealth Fund, che confronta le prestazioni della assistenza sanitaria nelle nazioni avanzate. L’America è in fondo alla classifica; le tre prestazioni migliori sono quelle dell’Inghilterra, dll’Australia e dell’Olanda. E il punto è che questi tre leader hanno sistemi molto diversi.

Il Regno Unito ha una effettiva medicina socializzata: il Governo fornisce l’assistenza sanitaria direttamente attraverso il Servizio Sanitario Nazionale. L’Australia ha un sistema di pagamenti centralizzato, fondamentalmente Medicare per tutti – è persino chiamato Medicare. Ma l’Olanda ha quello che potremmo definire un Obamacare fatto nel modo giusto: alle persone viene richiesto di acquistare la copertura attraverso assicuratori privati sottoposti a regole, con sussidi che le aiutano a permettersi i costi delle polizze assicurative.

E il sistema olandese funziona, il che indica che molto potrebbe essere realizzato attraverso miglioramenti progressivi alla Legge sullla Assistenza Sostenibile, anziché attraverso un cambiamento radicale. Una prova ulteriore di questo punto di vista è quanto la riforma di Obama, con le sue imperfezioni, funzioni già relativamente bene negli Stati che cercano di farla funzionare – sapete che soltanto il 5,4 per cento dei newyorchesi attualmente non sono assicurati?

Nel frattempo, la logica politica che ha portato alla riforma di Obama anziché ad una soluzione del tipo ‘Medicare per tutti’ è ancora valida.

Non si tratta solo di pagare il settore assicurativo, sebbene far accettare la riforma sanitaria agli assicuratori non è stato sciocco, e probabilmente ha contribuito a salvare l’ACA: in un momento cruciale nellla definizione dei piani delle assicurazioni sanitarie americane, l’organizzazione lobbistica del settore e la Blue Cross Blue Shield sono intervenute per denunciare i programmi repubblicani.

Una considerazione assai più importante è la minimizzazione dei disagi per i 156 milioni di persone che attualmente ottengono l’assicurazione per il tramite dei loro datori di lavoro, e sono ampiamente soddisfatti della loro copertura. Spostarsi verso un sistema di pagamenti centralizzati comporterebbe togliere questa copertura ed imporre nuove tasse; per far decollare politicamente questa soluzione si deve convincere la maggioranza di queste persone sia che esse risparmierebbero maggiormente in costi assicurativi rispetto a quanto pagherebbero in tasse aggiuntive, sia che la nuova copertura sarebbe precisamente altrettanto buona di quella vecchia.

Questo nei fatti potrebbe essere vero, ma sarebbe un bel problema, difficile da spiegare. È davvero in questo che i progressisti intendono spendere il loro capitale politico?

Cosa si dovrebbe fare, invece? Io rafforzerei l’ACA, non la sostituirei, sebbene sosterrei con forza la reintroduzione di qualche forma di opzione pubblica – un modo che la gente avrebbe disponibile per acquistare una assicurazione pubblica – che alla fine potrebbe portare ad un sistema di pagamenti centralizzato.

Nel frattempo i progressisti dovrebbero spostarsi oltre l’assistenza sanitaria e concentrarsi su altri buchi del sistema di sicurezza sociale degli Stati Uniti.

Quando si confronta il sistema della assistenza sociale degli Stati Uniti con quello di altri paesi ricchi, quallo che adesso realmente emerge è la nostra negligenza nei confronti dei bambini. Gli altri paesi concedono ai neogenitori ampi congedi retribuiti, danno ai figli di genitori che lavorano una assistenza diurna sussidiata e di alta qualità e rendono disponibili asili per tutti o quasi per tutti; noi non abbiamo niente del genere. La nostra spesa per le famiglie è un terzo dellla media dei paesi avanzati, collocandoci nelle parti basse della graduatoria, assieme al Messico e alla Turchia.

Dunque, se dipendesse da me, io parlerei di migliorare l’ACA, non di farla a pezzi e di ricominciare da capo, mentre aprirei un nuovo fronte progressista sulla assistenza all’infanzia.

Io non sono contrario ad un sistena pubblico centralizzato di pagamenti; è quello che sosterrei se stessimo ripartendo dagli inizi. Ma non è la nostra situazione: arrivare a quel punto da dove siamo adesso sarebbe molto difficile e potrebbe non andare a segno meglio che un approccio più modesto, progressivo. Persino gli idealisti hanno bisogno di stabilire priorità, e una soluzione ‘Medicare per tutti’ non dovrebbe essere in cima alla lista.

 

 

 

[1] Il senso non è quello di una espansione di Medicare, che è un programma riservato alla popolazione anziana, ma di fornire a tutta la popolazione un programma di assistenza gestita da una struttura pubblica, ovvero senza il ruolo intermedio di assicurazioni private, in modo simile all’attuale assistenza per gli anziani di Medicare. L’espressione “sistema di pagamenti centralizzato” significa appunto che non ci sarebbe alcun ruolo intermedio nei pagamenti delle spese sanitarie da parte delle assicurazioni private.

 

 

 

 

 

 

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