Articoli sul NYT

Fategli mangiare le salviette di carta, di Paul Krugman (New York Times 12 ottobre 2017)

 

Let Them Eat Paper Towels

Paul Krugman OCT. 12, 2017

zz 170

The situation in Iowa remains horrifying. More than a third of the population has been without clean water for three weeks, and waterborne diseases appear to be spreading. Only a sixth of the population has electricity. The health care system is a shambles, and sheer hunger may be a problem in some remote areas.

Fortunately, the federal government is going all out to aid its citizens in distress. The president is making disaster relief a top priority, while praising the often heroic efforts of Iowa residents to help themselves. And generous aid, he promises, will continue as long as it’s needed.

O.K., I lied. The dire situation I just described is in Puerto Rico, not Iowa (which happens to have just about the same number of U.S. citizens). And my upbeat portrayal of the federal response — which is how things might have played out if this nightmare were, in fact, in Iowa — is the opposite of the truth. What we’re actually witnessing, in effect, is the betrayal and abandonment of three and a half million of our own people.

It’s hard to make an accurate assessment of the initial emergency response to Hurricane Maria, although there are a number of indications that it was woefully inadequate, falling far short of the response to natural disasters in other parts of the United States. What is clear, however, is that recovery has been painfully slow, and that life is actually getting worse for many residents as the cumulative effects of shortages of power, water and food take their toll.

And the Trump administration seems increasingly to see this tragedy as a public relations issue, something to be spun — partly by blaming the victims — rather than as an urgent problem to be solved.

From the beginning, Donald Trump — who literally seems to think that he deserves praise for throwing a few rolls of paper towels into a crowd — has suggested that Puerto Rico is responsible for its own disaster, and he has systematically denigrated the efforts of its people to take care of one another.

Early this week, for example, he tweeted out a video showing a positive view of recovery efforts very much at odds with most independent reporting, and featuring remarkably few Puerto Ricans. And as The Washington Postnotes, there’s a very telling piece of editing: One segment showed Forest Service workers clearing a road, but it cut off just before the official being interviewed praised local efforts: “The citizens of Puerto Rico were doing an outstanding job coming out and clearing roads to help get the aid that’s needed.”

Puerto Ricans behaving well, it seems, doesn’t fit the official story line.

Meanwhile, it took almost three weeks after Maria struck before Trump asked Congress to provide financial aid — and his request was for loans, not grants, which is mind-boggling when you bear in mind that the territory is effectively bankrupt.

And then came Thursday morning, when Trump once again blamed Puerto Rico for its own disaster and appeared to threaten to cut off aid from the Federal Emergency Management Agency and the military.

Just to be clear: Puerto Rico was in severe financial and economic difficulty even before the hurricane, and some of that reflected mismanagement. But much of it reflected changes in the global economy — for example, growing competition from Latin American nations — reinforced by policies imposed by Washington, like the end of a crucial tax break and the enforcement of the Jones Act, which forces it to rely on expensive U.S. shipping.

And Puerto Rico is hardly the only U.S. region suffering difficulties in the face of global economic change — and such regions can normally count on federal support to help limit the hardship. What do you think West Virginia would look like if Medicare and Medicaid didn’t cover 44 percent of the population? Aside from the thousands facing financial ruin and/or premature death, what would happen to employment in health and social assistance, which provides jobs to 16 percent of the state’s work force, which is vastly more than coal mining?

Anyway, all of this should be irrelevant. The simple fact is that millions of our fellow citizens are facing catastrophe. How can we be abandoning them in their time of need?

Much of the answer, no doubt, is the usual four-letter word: race. Puerto Ricans would doubtless be getting better treatment if they were all of, say, Norwegian descent.

But let’s be fair: Trump is also working as you read this to destroy health care for millions of other Americans, many of them working-class non-Hispanic whites — the very people who voted for him so overwhelmingly. I wouldn’t go so far as to call him an equal-opportunity monster — he clearly has a special animus toward minorities — but his self-centeredness and complete lack of empathy extend quite widely.

Whatever the precise mix of motives, what’s happening in Puerto Rico is utterly shameful. And everyone who enables the regime perpetuating this shame shares part of the guilt.

 

Fategli mangiare le salviette di carta [1], di Paul Krugman

New York Times 12 ottobre 2017

La situazione nell’Iowa resta terribile. Più di un terzo della popolazione è rimasta senza acqua pulita per tre settimane, e le malattie provocate dall’acqua pare si stiano espandendo. Solo un sesto della popolazione ha l’elettricità. Il sistema dell’assistenza sanitaria è un disastro, e la pura e semplice fame sembra un problema, in alcune aree remote.

Fortunatamente, il Governo Federale sta facendo del proprio meglio per aiutare i suoi cittadini in pericolo. Il Presidente sta facendo della attenuazione del disastro la priorità principale, mentre elogia gli sforzi spesso eroici dei residenti dello Iowa per aiutarsi per loro conto.  E l’aiuto generoso, ha promesso, continuerà per tutto il tempo necessario.

È vero, ho detto bugie. La terribile situazione che ho appena illustrato è in Porto Rico, non nello Iowa (si dà il caso abbiano circa lo stesso numero di cittadini statunitensi). E la mia ottimistica descrizione della risposta federale – che, in effetti, è come le cose si sarebbero svolte se questo incubo fosse avvenuto nello Iowa – è l’opposto della verità. Quello a cui in sostanza stiamo assistendo è il tradimento e l’abbandono di tre milioni e mezzo di nostri concittadini.

È difficile formulare un giudizio accurato sull’iniziale risposta all’emergenza dell’uragano Maria. Sebbene ci siano un certo numero di indicazioni secondo le quali essa è stata miseramente inadeguata, assai inferiore alla risposta ai disastri naturali in altre parti degli Stati Uniti. Quello che è chiaro, tuttavia, è che la ripresa è stata penosamente lenta, e che per molti residenti la vita è effettivamente peggiorata dal momento che gli effetti cumulativi della penuria di energia elettrica, di acqua e di cibo hano imposto il loro tributo di vitttime.

E l’Amministrazione Trump sembra sempre di più considerare questa tragedia come un tema di pubbliche relazioni, qualcosa da manipolare – in parte dando la colpa alle vittime – anziché come un urgente problema da risolvere.

Sin dagli inizi, Donald Trump – che sembra davvero pensare di meritare un elogio per aver gettato pochi rotoli di carta sopra una folla – ha indicato che Porto Rico è responsabile del suo proprio disastro, ed ha sistematicamente denigrato gli sforzi della sua gente ad aiutarsi l’uno con l’altro.

Agli inizi di questa settimana, ad esempio, egli ha twittato un video che mostra un punto di vista positivo sugli sforzi di ripresa in palese contrasto con la maggioranza dei resoconti indipendenti, e mostrando davvero pochi portoricani. Come osserva The Washington Post, c’è un pezzo di montaggio molto istruttivo: un segmento mostrava lavoratori del Servizio Forestale che liberano una strada, ma esso viene tagliato proprio prima che il dirigente che viene intervistato elogiasse gli sforzi locali: “I cittadini di Porto Rico hanno fatto un lavoro eccezionale riversandosi fuori e liberando le strade per contribuire a ricevere gli aiuti che sono necessari”.

I portoricani che si comportano bene, a quanto sembra, non rientrano nella logica della storia ufficiale.

Nel frattempo, ci sono volute quasi tre settimane dopo l’arrivo dell’uragano Maria, prima che Trump chiedesse al Congresso di fornire l’aiuto finanziario – e la sua richiesta era per prestiti, non per finanziamenti a fondo perduto, il che è estremamente sorprendente, se si tiene a mente che il territorio è di fatto in bancarotta.

Poi è venuto il giovedì mattina, quando Trump ha nuovamente incolpato i portoricani per il loro disastro ed è sembrato minacciare di tagliar via l’aiuto dalla Agenzia Federale di Gestione dell’Emergenza  dall’esercito.

Giusto per chiarezza: Porto Rico era in gravi difficoltà economiche e finanziarie anche prima dell’uragano, e alcune di esse riflettevano una cattiva conduzione. Ma molte di esse riflettevano cambiamenti nell’economia globale – ad esempio, la competizione crescente da parte delle nazioni latino americane – rafforzati dalle politiche imposte da Washington, come la fine di fondamentali sgravi fiscali e il potenziamento del Jones Act [2], che che costringe Porto Rico a basarsi su costose spedizioni statunitensi.

E Porto Rico non è certo l’unica regione che soffre tali difficoltà a fronte del cambiamento economico globale – e tali regioni possono normalmente contare sul sostegno federale per contribuire a limitare tali avversità. A cosa si pensa che la Virginia Occidentale somiglierebbe se Medicare e Medicaid non si facessero carico del 44 per cento della popolazione? A parte le migliaia di persone che sono di fronte alla rovina finanziaria e/o a morti premature, cosa accadrebbe all’occupazione nella assistenza sanitaria e sociale, che forniscono posti di lavoro al 16 per cento della forza lavoro dello Stato, che è ben superiore all’estrazione del carbone?

In ogni modo, tutto questo dovrebbe essere irrilevante. Il fatto semplice è che milioni di nostri concittadini sono di fronte ad una catastrofe. Come possiamo abbandonarli nel loro momento del bisogno?

Gran parte della risposta è la solita parola con cinque lettere: razza. I portoricani indubbiamente starebbero ottenendo un trattamento migliore, se fossero tutti, diciamo così, di stirpe norvegese.

Ma siamo giusti: in questo momento Trump sta anche lavorando per distruggere l’assistenza sanitaria per altri milioni di americani, molti di loro bianchi non ispanici della classe lavoratrice – proprio le persone che hanno votato per lui in modo così schiacciante. Non mi spingerei così oltre da definirlo un mostro delle eguali opportunità – chiaramente ha un’ostilità speciale verso le minoranze – ma il suo egoismo e la sua mancanza completa di empatia hanno dimensioni abbastanza vaste.

Qualsiasi sia la precisa combinazione di ragioni, quello che sta accadendo a Porto Rico è del tutto vergognoso. E chiunque rende possibile che il regime perpetui questa vergogna ne porta parte della responsabilità.

 

 

 

 

[1] Nella tardiva e recente visita di Trump a Porto Rico, egli si è esercitato nel lancio sul pubblico – a suo parere simpatico – di rotoli di carta da cucina. La scena è ritratta nella foto sottostante e spiega il titolo dell’articolo.

zz 425

 

 

 

 

 

 

 

 

 

[2] Il Merchant Marine Act of 1920 (Legge sulla Marina mercantile del 1920), spesso chiamato Jones Act, impone alle navi battenti bandiera statunitense, di essere di proprietà di cittadini statunitensi e di avere una documentazione secondo le leggi degli Stati Uniti d’America. Essa impone anche che tutti gli ufficiali e il 75% dell’equipaggio debba essere di nazionalità statunitense. Le navi che soddisfano a questi requisiti formano la “Flotta della legge Jones” e solo queste sono autorizzate a operare nel cabotaggio o trasportare passeggeri tra due porti degli Stati Uniti. (Wikipedia)

 

 

 

 

 

 

 

By


Commenti dei Lettori (0)


E' possibile commentare l'articolo nell'area "Commenti del Mese"