Paul Krugman OCT. 26, 2017
Why is Donald Trump planning to give away $700 billion — that’s billion, with a “b” — to foreigners, no strings attached? You probably didn’t know that he’s planning to do this. In fact, he himself almost surely has no idea that he’s planning to do this. But it would be one clearly predictable consequence of the tax “reform” he and his congressional allies are trying to pass.
Some features of the Trump tax plan are still up in the air. For example, we don’t know exactly how upper-middle-class taxpayers will be punished — will they lose their deduction on state and local taxes, some of their tax breaks on retirement accounts, or something else? But the core of the plan is clearly an enormous cut in taxes on corporate profits, which the nonpartisan Tax Policy Center estimates at $2 trillion over the next decade.
Now, the administration claims that all of this tax cut will be passed on to workers in the form of higher wages. In fact, it claims that the wage gains from the tax cut will be several times as large as the revenue loss.
Few independent analysts believe this. In fact, the administration itself doesn’t believe it. Recently Steven Mnuchin, the Treasury secretary, warned that stocks will crash if Congress doesn’t pass tax cuts. But why would stocks crash if all the benefits go to wages rather than profits?
For what it’s worth, the argument goes like this: Cutting corporate taxes would bring foreign capital into the United States, which would raise investment, which would increase productivity, and this productivity would then get reflected in higher wages. If this sounds like a convoluted and uncertain story, with many weak links in the supposed chain of events that ends up helping workers so much, that’s because it is.
There are, in reality, multiple reasons not to believe much of this account, ranging from the fact that a lot of the corporate income we tax represents monopoly profits — which won’t be competed away even if foreign money comes flooding in — to the sheer size of the U.S. economy, which can’t pull in lots of foreign capital without driving up interest rates worldwide.
Also, to the extent that the story makes any sense at all, it’s a story about the very long run. In the short run, drawing in foreign money by cutting taxes on profits would lead to a stronger dollar, which would slow the pace of foreign investment by making U.S. assets look expensive. So we’re talking about a process that would take many years if not decades.
Oh, and the stronger dollar would also mean much bigger trade deficits — a consequence of tax cuts that Republicans, strange to say, haven’t advertised, even though the same thing happened during the Reagan years.
Realistically, then, the benefits from cutting corporate taxes would overwhelmingly flow into after-tax profits rather than wages, especially in the first few years and probably for a decade or more. And this in turn means that the main beneficiaries would be stockholders, not workers.
So who are these stockholders, exactly? You can guess part of the answer: We’re talking mainly about the very affluent. Even if we count indirect holdings in retirement accounts and mutual funds, the richest 10 percent of U.S. residents account for about 80 percent of American-owned stocks, and the richest 1 percent own about 40 percent. So we’re talking, as always when it comes to Republican plans, about tax cuts heavily tilted toward the wealthy.
But that’s not the whole story, either — it gets worse.
The whole sales pitch for the Trump tax plan rests on the claim that everything is different because we’re now part of a global financial market. The truth is that this makes less difference than many imagine.
But one thing is true: These days there’s a lot of cross-border investment. In particular, as Steven M. Rosenthal of the Tax Policy Center notes — in a paper I found revelatory — around 35 percent of U.S. equities are now owned by foreigners, triple the level during the Reagan years.
What this means is that around 35 percent of a tax cut from an administration that proudly uses the slogan “America first” — $700 billion over the next decade — wouldn’t even go to Americans. Instead, it would be a windfall to wealthy foreigners, who would probably gain a lot more from the tax cut than U.S. workers. Oh, and it makes all that talk about allies not paying their “fair share” sound kind of silly, doesn’t it?
And meanwhile, the result would be a huge hole in the budget, which Republicans would try to close at the expense of the poor and middle class. The budget resolution the House and Senate passed over the last week called for cuts of $1 trillion in Medicaid and almost half a trillion in Medicare. The resolution doesn’t have the force of law, but it’s a pretty clear indication of what’s next if the big tax cuts pass.
Now, it may sound extreme to say that Trump and his allies want to take away health care from millions largely so that they can give wealthy foreigners a $700 billion gift. But however it may sound, it’s also the literal truth.
Il regalo di 700 miliardi di Trump agli stranieri ricchi, di Paul Krugman
New York Times 26 ottobre 2017
Perché Donald Trump sta programmando di dar via 700 miliardi di dollari – miliardi, non milioni – agli stranieri, senza nessuna condizione? Probabilmente non sapevate che ha in mente di farlo. Di fatto, quasi certamente lui stesso non ha la minima idea che sta programmando di farlo. Ma sarebbe una conseguenza chiaramente prevedibile della “riforma” fiscale che lui e i suoi amici nel Congresso stanno cercando di far approvare.
Alcuni aspetti del piano di Trump sono ancora vaghi. Per esempio non sappiamo esattamente come verranno maltrattati i contribuenti delle classi medio alte – perderanno la possibilità di dedurre le loro tasse ai livelli degli Stati e delle comunità locali, rinuncerebbero ad alcuni dei loro sgravi fiscali sulle contabilità previdenziali, o qualcosa d’altro? Ma la sostanza del piano è chiaramente un enorme taglio nelle tasse sui profitti d’impresa, che l’indipendente Tax Policy Center stima in 2 mila miliardi di dollari nel prossimo decennio.
Ora, l’Amministrazione sostiene che tutti questi sgravi fiscali verranno trasferiti sui lavoratori nella forma di salari più alti. In sostanza, sostiene che i vantaggi salariali derivanti dagli sgravi fiscali saranno varie volte altrettanto ampi della perdita di entrate.
Pochi analisti indipendenti ci credono. Recentemente, Steven Mnuchin, il Segretario al Tesoro, ha ammonito che le azioni crolleranno se il Congresso non approverà le riduzioni fiscali. Ma perché le azioni dovrebbero crollare se tutti i benefici vanno ai salari anziché ai profitti?
Per quello che vale, l’argomento procede in questo modo: tagliare le tasse delle società porterebbe capitali stranieri negli Stati Uniti, il che alzerebbe gli investimenti, che a sua volta incrementerebbe la produttività, e questa produttività verrebbe poi riflessa in salari più alti. Se questo vi sembra un racconto un po’ involuto ed incerto, con molti punti deboli nella supposta concatenazione di eventi che finirebbero che aiutare in tale misura i lavoratori, è perché è proprio così.
Ci sono, in realtà, molte ragioni per non fidarsi molto di questo calcolo, che vanno dalla circostanza che una buona parte del reddito delle imprese che viene tassato rappresenta profitti di monopolio – che non cesseranno di essere in gioco anche con l’afflusso di capitali stranieri – alla pura e semplice dimensione dell’economia degli Stati Uniti, che non può attrarre grandi quantità di capitali stranieri senza spingere in alto i tassi di interesse su scala mondiale.
Ma se anche quel racconto avesse un qualche senso, sarebbe un racconto sul lunghissimo periodo. Nel breve periodo, attirare capitali stranieri tagliando le tasse sui profitti porterebbe ad un dollaro più forte, che a sua volta rallenterebbe il ritmo degli investimenti stranieri facendo apparire costosi gli asset statunitensi. Stiamo dunque parlando di un processo che richiederebbe molti anni se non decenni.
Inoltre, il dollaro più forte comporterebbe anche deficit commerciali maggiori – una conseguenza, strano a dirsi, che i repubblicani non hanno resa nota, anche se lo stesso accadde durante gli anni di Reagan.
Realisticamente, poi, i benefici dei tagli delle tasse sulle società affluirebbero in modo del tutto prevalente sui profitti dopo le tasse anziché sui salari, specialmente nei primi anni e probabilmente per un decennio o più. E questo a sua volta comporterebbe che i principali beneficiari sarebbero gli azionisti, non i lavoratori.
Chi sono, dunque, questi azionisti, esattamente? Vi potete in parte immaginare la risposta: stiamo parlando principalmente delle persone molto benestanti. Anche se si considera il possesso indiretto dei conti previdenziali e delle società di investimento, il dieci per cento dei residenti degli Stati Uniti più ricchi realizzano l’80 per cento del capitale azionario in possesso degli americani, e l’1 per cento dei più ricchi è proprietario di circa il 40 per cento. Dunque stiamo parlando, come sempre quando si arriva ai progetti repubblicani, di sgravi fiscali pesantemente indirizzati verso i ricchi.
Ma la storia non è tutta qui – c’è di peggio.
Tutta la propaganda a favore del progetto fiscale di Trump si fonda sulla pretesa che tutto oggi sarebbe diverso perché siamo parte di un mercato finanziario globale. La verità è che questo comporta minori differenze di quanto molti si immaginano.
Ma una cosa è vera: di questi tempi ci sono grandi quantità di investimenti oltre frontiera. In particolare, come osserva Steven M. Rosenthal del Tax Policy Center – in un saggio che ho trovato illuminante – circa il 35 per cento dei patrimoni netti degli Stati Uniti sono adesso posseduti da stranieri, il triplo del livello degli anni di Reagan.
Quello che questo comporta è che circa il 35 per cento degli sgravi fiscali, da parte di una Amministrazione che usa orgogliosamente lo slogan “Anzitutto l’America” – 700 miliardi di dollari nel prossimo decennio – non andrebbero neppure agli americani. Sarebbero invece una manna per stranieri possidenti, che probabilmente guadagnerebbero dagli sgravi fiscali molto più dei lavoratori statunitensi. E questo rende tutto il gran parlare sugli alleati che non pagano la loro “giusta quota” un po’ sciocco, non vi pare?
Nel frattempo, il risultato sarebbe un gran buco nel bilancio, che i repubblicani cercherebbero di chiudere a spese dei poveri e delle classi medie. La risoluzione sul Bilancio che la Camera hanno approvato la scorsa settimana si è espressa pe tagli di mille miliardi di dollari su Medicaid e di quasi 500 miliardi di dollari su Medicare. La risoluzione non ha forza di legge, ma è una indicazione abbastanza chiara di quale sarà il passo successivo, se vengono approvati i grandi sgravi fiscali.
Ora, può sembrare estremista affermare che Trump e i suoi collaboratori vogliono togliere l’assistenza sanitaria a milioni di persone in gran parte per poter fare un regalo di 700 miliardi di dollari a stranieri ricchi. Ma, comunque possa sembrare, è anche alla lettera la verità.
By mm
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