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I repubblicani disprezzano la classe lavoratrice, di Paul Krugman (New York Times 14 dicembre 2017)

 

Republicans Despise the Working Class

Paul Krugman DEC. 14, 2017

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You can always count on Republicans to do two things: try to cut taxes for the rich and try to weaken the safety net for the poor and the middle class. That was true under George W. Bush, who sharply cut tax rates on the top 1 percent and tried to privatize Social Security. It has been equally true under President Trump; G.O.P. legislative proposals show not a hint of the populism Trump espoused on the campaign trail.

But as a terrible, no good, very bad tax bill heads for a final vote, something has been added to the mix. As usual, Republicans seek to afflict the afflicted and comfort the comfortable, but they don’t treat all Americans with a given income the same. Instead, their bill — on which we don’t have full details, but whose shape is clear — hugely privileges owners, whether of businesses or of financial assets, over those who simply work for a living.

And this privileging of nonwage income isn’t an accident. Modern Republicans exalt “job creators,” that is, people who own businesses directly or indirectly via their stockholdings. Meanwhile, they show implicit contempt for mere employees.

More about that contempt in a moment. First, about that tax bill: The biggest-ticket item is a sharp cut in corporate taxes. While some of this tax cut might trickle down in the form of higher wages, the consensus among tax economists is that most of the break will accrue to shareholders as opposed to workers. So it’s mainly a tax cut for investors, not people who work for a living.

And the second most important element in the bill is a tax break for people whose income comes from owning a business rather than in the form of wages. The nonpartisan Tax Policy Center has evaluated the Senate bill, which the final bill is expected to resemble. It finds that the bill would reduce taxes on business owners, on average, about three times as much as it would reduce taxes on those whose primary source of income is wages or salaries. For highly paid workers, the gap would be even wider, as much as 10 to one.

As the Center’s Howard Gleckman notes, this might mean, for example, that “a partner in a real estate development firm might get a far bigger tax cut than a surgeon employed by a hospital, even though their income is the same.” (Yes, a lot of the bill looks as if it were specifically designed to benefit the Trump family.)

If this sounds like bad policy, that’s because it is. More than that, it opens the doors to an orgy of tax avoidance. Suppose that I could get The Times to stop paying me a salary, and instead to pay the same amount to Krugmanomics LLC, a consulting firm consisting of one person — me — that sells opinion pieces. I would probably get a big tax break as a result.

Now, the bill will contain complicated rules intended to limit such gaming of the system, and they’ll probably prevent me personally from taking advantage of the new loophole. But as Gleckman says of these rules, “some may fail and some may work too well” — that is, deny the tax break to some business owners who really should qualify. On average, however, they’re likely to fail: a lot of revenue will be lost to those who game the system. Think about it: We’re pitting hastily devised legislation, drafted without hearings over the course of just a few days, against the cleverest lawyers and accountants money can buy. Which side do you think will win?

As a result, it’s a good guess that the bill will increase the budget deficit far more than currently projected. And meanwhile, after all those promises Republicans made about simplifying our tax system, they’ve actually made it far more complicated.

So why are they doing this?

After all, the tax bill appears to be terrible politics as well as terrible policy. Cutting corporate taxes is hugely unpopular; even Republicans are almost as likely to say they should be raised as to say they should be lowered. The Bush tax cuts, at least initially, had wide (though unjustified) popular support; but the public overwhelmingly disapproves of the current Republican plan.

But Republicans don’t seem able to help themselves: Their disdain for ordinary working Americans as opposed to investors, heirs, and business owners runs so deep that they can’t contain it.

When I realized the extent to which G.O.P. tax plans were going to favor business owners over ordinary workers, I found myself remembering what happened in 2012, when Eric Cantor — then the House majority leader — tried to celebrate Labor Day. He put out a tweet for the occasion that somehow failed to mention workers at all, instead praising those who have “built a business and earned their own success.”

Yes, it was just a gaffe, but a revealing one; Cantor, a creature of the G.O.P. establishment if ever there was one, had so little respect for working Americans that he forgot to include them in a Labor Day message.

And now that disdain has been translated into legislation, in the form of a bill that treats anyone who works for someone else — that is, the vast majority of Americans — as a second-class citizen.

 

I repubblicani disprezzano la classe lavoratrice, di Paul Krugman

New York Times 14 dicembre 2017

Potete sempre contare sui repubblicani per fare due cose: cercare di tagliare le tasse sui ricchi e cercare di indebolire le reti della sicurezza sociale per i poveri e per le classi medie. Fu così con George W. Bush, che tagliò bruscamente le tasse all’1 per cento dei più ricchi e cercò di privatizzare la Previdenza Sociale. È stato egualmente vero con il Presidente Trump; le proposte legislative non mostrano alcun segno del populismo che Trump fece proprio nel suo percorso elettorale.

Ma mentre una proposta di legge tremenda, assolutamente negativa sulle tasse va verso una votazione definitiva, è stato aggiunto qualcosa a quella ricetta. Come al solito, i repubblicani cercano di penalizzare chi ha bisogno e di far regali ai benestanti, ma non trattano tutti gli americani con un determinato reddito allo stesso modo. Invece, la loro proposta di legge – sulla quale non abbiamo tutti i dettagli, ma la cui forma è chiara – privilegia ampiamente i proprietari, che siano imprese o asset finanziari, su coloro che semplicemente lavorano per vivere.

E questo privilegiare i redditi non salariali non è un incidente. I repubblicani contemporanei esaltano i “creatori di posti di lavoro”, ovvero le persone che possiedono imprese direttamente o indirettamente attraverso il possesso di azioni. Contemporaneamente, mostrano un disprezzo implicito per i semplici dipendenti.

Tra un attimo dirò di più di questo disprezzo. Prima di tutto, sulla proposta di legge sul fisco: la voce più costosa è un taglio radicale nelle tasse sulle società. Mentre alcuni di questi sgravi fiscali potrebbero essere distribuiti verso il basso nella forma di salari più alti, c’è consenso tra gli economisti sul fatto che gran parte della agevolazione fiscale andrà nelle tasche degli azionisti, anziché dei lavoratori. Dunque è principalmente uno sgravio fiscale per gli investitori, non per la gente che lavora per vivere.

E il secondo più importante elemento nella proposta di legge è uno sgravio fiscale per le persone il cui reddito proviene dal possedere un’impresa, anziché nella forma di stipendi. L’indipendente Tax Policy Center ha fatto una stima della proposta del Senato, alla quale ci si aspetta assomigli la legge finale. Si scopre che la proposta ridurrebbe le tasse sui proprietari di impresa, in media, di circa tre volte rispetto a quanto le ridurrebbe a coloro la cui fonte primaria di reddito sono stipendi o salari. Per i lavoratori con paghe superiori, il divario sarebbe persino più ampio, nella proorzione di dieci ad uno.

Come nota Howard Gleckman del Centro, questo potrebbe significare, per esempio, che “un partner di una società di sviluppo immobiliare potrebbe ottenere unaa riduzione delle tasse più grande di un chirurgo occupato in un ospedale, anche se i loro redditi sono gli stessi” (proprio così, una gran parte della proposta sembra come se fosse specificamente destinata a beneficiare la famiglia Trump).

Se questa assomiglia ad una pessima politica, è perché lo è. Oltre a ciò, essa apre le porte ad un orgia di elusione fiscale. Supponiamo che io possa ottenere che il Times smetta di pagarmi un salario, e paghi invece la stessa somma a Krugmanomics Srl, una società di consulenza che consiste di una persona – il sottoscritto – che vende articoli di analisi economica. Avrei probabilmente un grande sgravio fiscale come risultato.

Ora, la proposta conterrà complicate regole intese a limitare tali aggiramenti del sistema, ed esse probabilmente impediranno a me personalmente di trarre vantaggio dalla nuova scappatoia. Ma, come dice di queste regole Gleckman, “alcune possono fallire e alcune possono funzionare anche troppo bene” – ovvero, negare lo sgravio fiscale ad alcuni proprietari di impresa che in realtà ne avrebbero il diritto. In media, tuttavia, è probabile che falliscano: una grande quantità di entrate verranno perdute a vantaggio di coloro che aggirano il sistema. Ci si rifletta: stiamo scontrandoci, con una legislazione concepita frettolosamente, abbozzata senza alcuna audizione nel corso di soli pochi giorni, contro i più intelligenti legali e commercialisti che il denaro può permettersi. Quale schieramento pensate che l’avrà vinta?

Di conseguenza, è una ipotesi facile pronosticare che la legge aumenterà il deficit del bilancio assai di più di quello che attualmente si prevede. E contemporaneamente, dopo tutte le promesse che i repubblicani avevano fatto di una seplificazione del sistema fiscale, in realtà ne hanno costruito uno molto più complicato.

Perché, dunque, lo fanno?

Dopo tutto, la legge sul fisco sembra terribile agli effetti dei rapporti politici così come agli effetti dei contenuti programmatici. Tagliare le tasse delle società è ampiamente impopolare; persino i repubblicani è pressoché altrettanto probabile che dicano che esse dovrebbero essere aumentate anziché diminuite. I tagli delle tasse di Bush, almeno agli inizi, ebbero un ampio (ancorchè ingiustificato) sostegno politico; ma l’opinione pubblica disapprova in modo schiacciante l’attuale progetto repubblicano.

Ma i repubblicani non sembrano capaci di trovare da soli una soluzione: il loro disprezzo per i comuni americani che lavorano, all’opposto degli investitori, degli eredi e dei proprietari di imprese, è talmente profondo che non riescono a contenerlo.

Quando ho compreso la misura nella quale i progetti fiscali del Partito Repubblicano sono destinati a favorire i proprietari di imprese sui lavoratori ordinari, mi sono ritrovato a ricordare quello che accadde nel 2012 quando Eric Cantor – allora leader della maggioranza della Camera – cercò di celebrare il Giorno del Lavoro. Per l’occasione pubblicò un tweet che in qualche modo non riusciva affatto a far menzione dei lavoratori, elogiando piuttosto “coloro che avevano costruito un’impresa e avevano guadagnato dal loro successo”.

È vero, era solo una gaffe, ma rivelatrice; Cantor, una creatura del gruppo dirigente repubblicano se mai ce n’è stata una, aveva così poco rispetto per gli americani che lavorano che si scordò di includerli nel messaggio della Giornata del Lavoro.

E adesso quel disprezzo è stato tradotto in legge, nella forma di una proposta che tratta chiunque lavori – cioè, la grande maggioranza degli americani – come una persona diversa, come un cittadino di seconda categoria.  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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