Paul Krugman DEC. 9, 2017
Unemployment, not so structural after all Federal Reserve Bank of St. Louis
The latest job report was very good, except for one thing: wage growth is still much lower than it was before the financial crisis. And this reminds me of a controversy that raged around four or five years ago, during what now seems like a golden age – an era when it seemed as if facts and reasoned debate might actually matter for policy.
Anyway, at the time unemployment was still very high compared with its pre-crisis level, and some of us were urging strong policies – especially infrastructure spending — to boost demand. But some economists argued that high unemployment was “structural” – that there was a mismatch between the skills the workforce had and those the economy needed. This was probably a minority view within the profession, but was pretty much dominant among Beltway pundits.
The structural view had clear policy implications, because if you believed it the case for employment-boosting stimulus was much weaker than if you believed that high unemployment really, truly represented lots of Americans willing to work.
Anti-structuralists – demand siders? – tried to point out that if the structural story were true, there should be a lot of upward pressure on the wages of those workers who did have the right skills; in fact, nobody was seeing much in the way of wage gains. But this argument made little headway among Serious People.
But here we are: there hasn’t been a significant change in the skills of the workforce, but unemployment is now lower than it was in 2007, and wage growth is still low. The demand siders were right.
Does it matter? After all, at this point we are indeed more or less back to full employment, although those wage numbers suggest that we still have a bit further to go. But we spent a long time with supernormal unemployment: it was 9 years before the unemployment rate got back down to its December 2007 level of 4.7 percent, and the average rate over that period was 7.3 percent. Using Okun’s Law, this implies something like average underutilization of capacity by 5 percent over that period – so a loss of 45 percent of one year’s GDP, say $8 trillion.
And this $8 trillion loss didn’t have to happen: adequate, sustained stimulus could have eliminated most of it.
So why did the structuralist view prevail? There was some left-right aspect, as there is with everything these days – any analysis suggesting that the government can do positive things is automatically rejected by half the political spectrum. But there was also the problem Keynesian economics always faces: it just doesn’t sound serious enough to Serious People. The idea that mass unemployment is fundamentally just a problem of inadequate demand – that all we have is magneto trouble – and that it is easily solved by spending more, sounds too easy.
I’d like to think that the way things turned out would serve as a lesson in future crises. But I wouldn’t bet on it.
Il pessimismo e la paralisi in seguito alla crisi finanziaria, di Paul Kugman
La disoccupazione, dopo tutto non così strutturale, Federal Reserve Banca di St. Louis
[1]
L’ultimo rapporto sul lavoro era molto buono, eccetto che per un aspetto: la crescita dei salari è ancora molto più bassa di quanto fosse prima della crisi finanziaria. E questo mi rammenta una controversia che infuriava quattro o cinque anni fa, durante quella che a confronto di oggi sembra un’età aurea – quando sembrava che i fatti e il dibattito ragionato effettivamente potessero essere importanti per la politica. In ogni modo, a quel tempo la disoccupazione era ancora molto alta a confronto con il suo livello precedente alla crisi, e alcuni di noi premevano per politiche energiche – specialmente spese sulle infrastrutture – per incoraggiare la domanda. Ma alcuni economisti sostenevano che l’alta disoccupazione era “strutturale” – che non c’era coincidenza tra le competenze possedute dalla forza lavoro e quelle di cui l’economia aveva bisogno. Era probabilmente un punto di vista minoritario nella disciplina, ma era assai prevalente tra i commentatori di Washington. Il punto di vista strutturale aveva chiare implicazioni politiche, perché se si credeva ciò, l’ipotesi di uno stimolo per incoraggiare l’occupazione diventava assai più debole che non credendo che la disoccupazione fosse realmente elevata, effettivamente rappresentando grandi quantità di americani disponibili a lavorare.
Gli anti strutturalisti – diciamo gli economisti dal lato della domanda – cercavano di mettere in evidenza che se il racconto strutturale fosse stato vero, avrebbe dovuto esserci un bel po’ di spinta al rialzo per i salari di quei lavoratori che avevano davvero le giuste competenze; di fatto, nessuno stava osservando granchè dal lato dei miglioramenti salariali. Ma questo argomento fece pochi progressi tra le Persone Serie.
Ma siamo a questo punto: non c’è stato un mutamento significativo nelle competenze della forza lavoro, ma la disoccupazione oggi è più bassa di quello che era nel 2007, e la crescita dei salari è ancora lenta. Gli economisti dal lato della domanda avevano ragione.
È importante? Dopo tutto, a questo punto in effetti siamo più o meno tornati alla piena occupazione, sebbene quei dati sui salari indicano che c’è altra strada da fare. Ma abbiamo passato molto tempo con una disoccupazione sopra la norma: sono passati 9 anni prima che il tasso di disoccupazione scendesse al suo livello del 4,7 per cento del 2007, e in questo periodo il tasso medio è stato il 7,3 per cento. Usando la legge di Okun [2] , questo implica in quel periodo qualcosa come una sottoutilizzazione media della capacità produttiva pari al 5 per cento – dunque una perdita del 45 per cento di un anno di PIL, diciamo 8 mila miliardi di dollari. E questa perdita di 8 mila miliardi di dollari poteva non esserci: uno stimolo adeguato e prolungato ne avrebbe eliminata la massima parte.
Perché dunque prevalse in punto di vista strutturalista? Ci fu qualche problema a sinistra – ogni analisi che indica che il Governo può fare cose positive è automaticamente respinta dalla metà delle tendenze politiche. Ma ci fu anche il problema che l’economia keynesiana sempre deve froteggiare: essa non è proprio seria abbastanza per le Persone Serie. L’idea che una disoccupazione di massa sia fondamentalmente solo un problema di domanda inadeguata – che abbiamo un guaio all’impianto elettrico dell’economia – e che sia facilmente risolvibile spendendo di più, sembra semplicistica.
[1] La linea blu indica l’andamento del tasso di disoccupazione nella popolazione civile (eccetto l’esercito o le persone recluse per ragioni sanitarie o di giustizia). La linea rossa indica i guadagni medi orari nel settore privato.
[2] La Legge di Okun, che prende il nome dall’economista Arthur Melvin Okun (che la propose nel 1962) è una legge empirica che associa ad ogni punto aggiuntivo di disoccupazione ciclica (differenza tra tasso di disoccupazione naturale e disoccupazione totale), 2 punti percentuali di gap di produzione.
By mm
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