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L’America non è ancora perduta, di Paul Krugman (New York Times 25 dicembre 2017)

 

America Is Not Yet Lost

Paul Krugman DEC. 25, 2017

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Many of us came into 2017 expecting the worst. And in many ways, the worst is what we got.

Donald Trump has been every bit as horrible as one might have expected; he continues, day after day, to prove himself utterly unfit for office, morally and intellectually. And the Republican Party — including so-called moderates — turns out, if anything, to be even worse than one might have expected. At this point it’s evidently composed entirely of cynical apparatchiks, willing to sell out every principle — and every shred of their own dignity — as long as their donors get big tax cuts.

Meanwhile, conservative media have given up even the pretense of doing real reporting, and become blatant organs of ruling-party propaganda.

Yet I’m ending this year with a feeling of hope, because tens of millions of Americans have risen to the occasion. The U.S. may yet become another Turkey or Hungary — a state that preserves the forms of democracy but has become an authoritarian regime in practice. But it won’t happen as easily or as quickly as many of us had feared.

Early this year the commentator David Frum warned that the slide into authoritarianism would be unstoppable “if people retreat into private life, if critics grow quieter, if cynicism becomes endemic.” But so far that hasn’t happened.

What we’ve seen instead is the emergence of a highly energized resistance. That resistance made itself visible literally the day after Trump took office, with the huge women’s marches that took place on Jan. 21, dwarfing the thin crowds at the inauguration. If American democracy survives this terrible episode, I vote that we make pink pussy hats the symbol of our delivery from evil.

The resistance continued with the town hall crowds that confronted Republican legislators as they tried to repeal the Affordable Care Act. And in case anyone wondered whether the vocal anti-Trump crowds and Trump’s hugely negative polling would translate into political action, a string of special elections — capped by a giant Democratic wave in Virginia and a stunning upset in Alabama — has put such doubts to rest.

Let’s be clear: America as we know it is still in mortal danger. Republicans still control all the levers of federal power, and never in the course of our nation’s history have we been ruled by people less trustworthy.

This obviously goes for Trump himself, who is clearly a dictator wannabe, with no respect whatsoever for democratic norms. But it also goes for Republicans in Congress, who have demonstrated again and again that they will do nothing to limit his actions. They have backed him up as he uses his office to enrich himself and his cronies, as he foments racial hatred, as he attempts a slow-motion purge of the Justice Department and the F.B.I.

In fact, there has been a strange dynamic over the past few months: The worse things look for Trump, the more closely Republicans tie themselves to him. One might have expected recent electoral defeats to give G.O.P. moderates a bit more backbone. Instead, senators like John McCain and Susan Collins, who won widespread praise for standing up against Obamacare repeal during the summer, went along meekly with a monstrously awful tax bill.

And the growing evidence that the Trump campaign colluded with Russia doesn’t seem to have induced any prominent Republicans who weren’t already anti-Trump to take a stand. Instead, we’ve seen erstwhile critics like Lindsey Graham become obsequious toadies promoting Trump properties.

So we can’t count on the consciences of Republicans to protect us. In particular, we need to be realistic about the likely results of Robert Mueller’s investigation. The best bet is that no matter what Mueller finds, no matter how damning and no matter what Trump does — even if it involves blatant obstruction of justice — Republican majorities in Congress will back up their president and continue to sing his praises.

In other words, as long as Republicans control Congress, constitutional checks and balances are effectively a dead letter.

So it’s going to be up to the American people. They may once again have to make themselves heard in the streets. They’ll certainly have to make their weight felt at the ballot box.

It’s going to be hard, because the game is definitely rigged. Remember, Trump lost the popular vote but ended up in the White House anyway, and the midterm elections will be anything but fair. Gerrymandering and the concentration of Democratic-leaning voters in urban districts have created a situation in which Democrats could win a large majority of votes yet still fail to take the House of Representatives.

And even if voters rise up effectively against the awful people currently in power, we’ll be a long way from restoring basic American values. Our democracy needs two decent parties, and at this point the G.O.P. seems to be irretrievably corrupt.

Even at best, in other words, it’s going to take a long struggle to turn ourselves back into the nation we were supposed to be. Yet I am, as I said, far more hopeful than I was a year ago. America is not yet lost.

 

L’America non è ancora perduta, di Paul Krugman

New York Times 25 dicembre 2017

Molti di noi entrarono nel 2017 aspettandosi il peggio. E in molti sensi, il peggio è quello che abbiamo avuto.

Donald Trump è stato altrettanto orribile di quello che ci si poteva attendere; un giorno dopo l’altro, continua a dimostrarsi completamente inidoneo, moralmente e intellettualmente, all’incarico. E il Partito Repubblicano – compresi i cosiddetti moderati – si scopre essere, semmai, persino peggiore di quello che ci si poteva aspettare. A questo punto, esso è evidentemente composto di cinici uomini d’apparato, disponibili a svendere ogni principio – ed ogni brandello della loro stessa dignità – purché i loro finanziatori ottengano grandi benefici fiscali.

Nel frattempo, i media conservatori hanno rinunciato persino alla pretesa di fare reale giornalismo e sono diventati spudorati organi di propaganda del partito al potere.

Tuttavia mi avvio alla fine di quest’anno con una sensazione di speranza, perché milioni di americani sono stati all’altezza del momento. Gli Stati Uniti possono ancora diventare come la Turchia o l’Ungheria – uno stato che conserva le forme della democrazia ma che in pratica è diventato un regime autoritario. Ma non accadrà così facilmente o rapidamente come molti di noi avevano temuto.

Agli inizi dell’anno il commentatore David Frum aveva messo in guardia che “se la gente si ritira nella vita privata, se le critiche si acquietano, se il cinismo diventa endemico”, poteva diventare inarrestabile la scivolata in un regime autoritario. Ma sinora non è accaduto. Quello che invece abbiamo visto è l’emergere di una resistenza molto energica. Quella resistenza si è resa visibile precisamente il giorno dopo l’entrata in carica di Trump, con le grandi marce delle donne che ebbero luogo il 21 gennaio, sovrastando le minuscole folle del giorno della inaugurazione. Se la democrazia americana sopravviverà a questo terribile episodio, io mi pronuncio perché i berretti rosa dei movimenti femminili [1] diventino il simbolo della nostra liberazione dal male.

La resistenza è continuata con le folle nelle sale municipali che si sono scontrate con i legislatori repubblicani mentre cercavano di abrogare la Legge sulla Assistenza Sostenibile. E nel caso di coloro che si chiedevano se le folle apertamente ostili a Trump e i sondaggi ampiamente negativi si sarebbero tradotti in iniziativa politica, una sequenza di elezioni speciali – conclusesi con una grande ondata democratica in Virginia e con uno stupefacente rovesciamento in Alabama – hanno seppellito tali dubbi.

Diciamolo chiaramente: l’America che conosciamo è ancora in un pericolo mortale. I repubblicani controllano ancora tutte le leve del potere federale, e nella storia della nostra nazione non siamo mai stati governati da gente meno meritevole di fiducia. Questo ovviamente vale per Trump stesso, che è chiaramente un aspirante dittatore, privo di ogni rispetto per le norme democratiche. Ma vale anche per i repubblicani del Congresso, che hanno dimostrato in tante occasioni che non faranno niente per limitare le sue iniziative. Gli sono andati dietro quando ha utilizzato il suo ufficio per arricchire se stesso e i suoi compari, quando ha fomentato l’odio razziale, quando ha cercato di fare una purga al rallentatore al Dipartimento di Giustizia e all’FBI.

Di fatto, nei mesi passati, c’è stata una strana dinamica: più le cose apparivano negative per Trump, più strettamente i repubblicani si legavano a lui. Ci si sarebbe aspettati che le recenti sconfitte elettorali dessero ai moderati del Partito Repubblicano un po’ più di spina dorsale. Invece, Senatori come John McCain e Susan Collins, che avevano guadagnato ampi apprezzamenti per aver preso posizione contro l’abrogazione della riforma sanitaria di Obama nel corso dell’estate, hanno docilmente acconsentito ad una proposta di legge sulle tasse mostruosamente terribile.

E le prove crescenti che la campagna elettorale di Trump era in collusione con la Russia non sembrano aver indotto alcun eminente repubblicano che non fosse già ostile a Trump a prendere posizione. Invece, abbiamo visto critici precedenti come Lindsey Graham diventare ossequiosi leccapiedi, promuovendo le proprietà [2] del Presidente.

Dunque, non possiamo far conto sulle coscienze dei repubblicani per proteggerci. In particolare, dobbiamo essere realisti sui probabili risultati dell’indagine di Robert Mueller. La cosa più probabile è che non sarà importante quello che Mueller scopre, non sarà importante quanto saranno schiaccianti le prove e come reagirà Trump – anche se riguarderanno un caso lampante di ostruzione alla giustizia – le maggioranze repubblicane nel Congresso seguiranno il loro Presidente e proseguiranno a cantare le sue lodi. In altre parole, sinché i repubblicani controllano il Congresso, i controlli e gli equilibri costituzionali sono sostanzialmente lettera morta. Dunque, saranno gli americani a dover fare qualcosa. Essi possono ancora una volta dover farsi sentire nelle strade. Essi certamente dovranno far sentire il loro peso nelle urne.

Non sarà facile, perché il gioco è chiaramente manipolato. Si ricordi, Trump ha perso il voto popolare ma è arrivato comunque alla Casa Bianca, e le elezioni di medio termine saranno tutto meno che oneste. La definizione truffaldina dei collegi elettorali [3] e la concentrazione degli elettori di tendenze democratiche nei distretti urbani hanno creato una situazione nella quale i democratici potrebbero aggiudicarsi una larga maggioranza di voti senza comunque riuscire a conquistare la Camera dei Rappresentanti. E persino se gli elettori si solleveranno con efficacia contro i terribili individui adesso al potere, ci sarà una lunga strada per ripristinare i fondamentali valori dell’America. La nostra democrazia ha bisogno di due partiti decenti, e a questo punto il Partito Repubblicano sembra irrimediabilmente corrotto.

Anche nel migliore dei casi, in altre parole, si annuncia una lunga lotta per tornare ad essere la nazione che pensavamo di essere. Tuttavia, come ho detto, ho molte più speranze di quelle che avevo un anno fa. L’America non è ancora perduta.

 

 

 

[1] “Pussyhat” è il nome del movimento di donne che in questi mesi ha conquistato le piazze d’America.

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[2] Più precisamente, il Senatore si è lanciato in uno sperticato elogio del campo di golf di Trump, dove avrebbe passato una grande giornata.

[3] Il Gerrymandering (parola d’origine inglese che rappresenta la fusione di due termini, quello di Elbridge “Gerry” e “salamander”, salamandra) è un metodo ingannevole per ridisegnare i confini dei collegi nel sistema elettorale maggioritario. L’inventore di questo sistema di ridisegno dei collegi era il politico statunitense e governatore del Massachusetts Elbridge Gerry (1744-1814); egli, sapendo che, all’interno d’una certa regione (dipartimento o stato), ci possono essere parti della popolazione (ben localizzabili) favorevoli ad un partito o ad un politico (ad esempio, seguendo la dicotomia centro–periferia, giovani–vecchi, ceto basso–ceto medio alto), disegnò un nuovo collegio elettorale con confini particolarmente tortuosi, includendo quelle parti della popolazione a lui favorevoli ed escludendo quelli a lui sfavorevoli, garantendosi così un’ipotetica rielezione. Le linee di tale collegio erano così irregolari e tortuose, da farlo sembrare a forma di salamandra (da cui la seconda parte del termine “salamander”, salamandra in inglese, appunto). (Wikipedia)

 

 

 

 

 

 

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