Paul Krugman JAN. 5, 2018
I haven’t yet read Wolff’s book – do I really have to? — but the basic outlines of his story have long been familiar and uncontroversial to anyone with open eyes. Trump is morally and intellectually incapable of being president. He has also exploited his office for personal gain, obstructed justice, and colluded with a hostile foreign power. Everyone who doesn’t get their news from Fox has basically known this for a while, although Wolff helps focus our minds on the subject.
It seems to me that that the real news now is the way Republicans in Congress are dealing with this national nightmare: rather than distancing themselves from Trump, they’re doubling down on their support and, in particular, on their efforts to cover for his defects and crimes. Remember when Paul Ryan was the Serious, Honest Conservative? (He never really was, but that was his public image.) Now he’s backing Devin Nunes in his efforts to help the Trump coverup.
As Brian Beutler says, Republicans have become the Grand Obstruction Party. Why?
The answer, I think, is that the cynical bargain that has been the basis of Republican strategy since Reagan has now turned into a moral trap. And as far as we can tell, no elected Republican – not one – has the strength of character to even attempt an escape.
The cynical bargain I’m talking about, of course, was the decision to exploit racism to advance a right-wing economic agenda. Talk about welfare queens driving Cadillacs, then slash income taxes. Do Willie Horton, then undermine antitrust. Tout your law and order credentials, then block health care.
For more than a generation, the Republican establishment was able to keep this bait-and-switch under control: racism was deployed to win elections, then was muted afterwards, partly to preserve plausible deniability, partly to focus on the real priority of enriching the one percent. But with Trump they lost control: the base wanted someone who was blatantly racist and wouldn’t pretend to be anything else. And that’s what they got, with corruption, incompetence, and treason on the side.
Nonetheless, aside from a handful of Never Trumpers, just about everyone in the Republican establishment decided that they could work with that. They knew what Trump was, but were willing to overlook it as long as they could push their usual agenda. What about the populism? They guessed, correctly, that this wouldn’t be a problem: Trump didn’t even hesitate about abandoning all his campaign promises and going all in for cutting taxes on the rich while slashing benefits for the poor.
Early on, some speculated that this would be a temporary alliance – that establishment Republicans would use Trump to get what they wanted, then turn on him. But it’s now clear that won’t happen. Trump has exceeded everyone’s worst expectations, yet Republicans, far from cutting him loose, are tying themselves even more closely to his fate. Why?
The answer, I’d argue, is that they’re stuck. They knowingly made a deal with the devil, and can’t back out.
More specifically, Trump’s very awfulness means that if he falls, the whole party will fall with him. Republicans could conceivably distance themselves from a president who turned out to be a bad manager, or even one who turned out to have engaged in small-time corruption. But when the corruption is big time, and it’s combined with obstruction of justice and collaboration with Putin, nobody will notice which Republicans were a bit less involved, a bit less obsequious, than others. If Trump sinks, he’ll create a vortex that sucks down everyone involved.
And so we now have the Republican party as a whole fully complicit in Trump’s crimes – because that’s what they are, whether or not he and those around him are ever brought to justice.
What this means, among other things, is that expecting the GOP to exercise any oversight or constrain Trump in any way is just foolish at this point. Massive electoral defeat – massive enough to overwhelm gerrymandering and other structural advantages of the right – is the only way out.
Faust sul Potomac,
di Paul Krugman
Non ho ancora letto il libro di Wolff – lo devo fare per davvero? – ma le linee di fondo del suo racconto erano familiari e scontate per chiunque prestasse un po’ di attenzione. Trump è intellettualmente e moralmente incapace di fare il Presidente. Per giunta, ha sfruttato la sua carica per guadagni personali, ha intralciato la giustizia e si è compromesso con una potenza straniera ostile. Chiunque non si informi su Fox, fondamentalmente è un po’ che si rende conto di questo, sebbene Wolff ci aiuti a concentrare su tale tema la nostra riflessione.
A questo punto, mi sembra che la vera notizia sia il modo in cui i repubblicani nel Congresso stanno facendo i conti con questo incubo nazionale: anziché prendere le distanze da Trump, raddoppiano il loro sostegno e, in particolare, i loro sforzi per coprire i suoi difetti e le sue colpe. Vi ricordate quando Paul Ryan era il Conservatore Serio ed Onesto (non lo è mai stato, ma la sua opinione pubblica così se lo immaginava)? Adesso va dietro a Devin Nunes e ai suoi sforzi per coprire Trump.
Come dice Brian Beutler [1], i repubblicani sono diventati il Grande Partito dell’Ostruzionismo [2]. Perché?
Penso che la risposta sia che il cinico accordo che è stato alla base della strategia repubblicana dai tempi di Reagan, si è ora trasformato in una trappola morale. E per quanto posso capire, non c’è alcun repubblicano eletto – proprio nessuno – che abbia la forza o il carattere neanche per tentare una via di fuga.
Il cinico accordo di cui sto parlando, naturalmente, è stata la decisione di sfruttare il razzismo per promuovere un programma economico di estrema destra. Parlare delle ‘regine dell’assistenza’ che guidano le Cadillac [3], per poi abbattere le tasse sul reddito. Sfruttare il caso di Willie Horton [4], per mettere a repentaglio la legislazione antitrust. Promuovere le loro credenziali su legge e ordine, per poi bloccare la riforma sanitaria.
Per più di una generazione, il gruppo dirigente repubblicano è riuscito a tenere sotto controllo questo specchietto per le allodole: il razzismo veniva messo in campo per vincere le elezioni, in seguito veniva messo da parte, un po’ per tutelare in modo plausibile la propria estraneità al razzismo, un po’ per concentrarsi sulla priorità vera dell’arricchire l’1 per cento dei più ricchi. Ma con Trump hanno perso il controllo: la base voleva qualcuno che fosse sfacciatamente razzista e che non fingesse d’essere qualcosa d’altro. Ed è quello che hanno ottenuto, con l’aggiunta della corruzione, dell’incompetenza e del tradimento.
Ciononostante, a parte una manciata di oppositori irriducibili di Trump, quasi tutti nel gruppo dirigente repubblicano hanno deciso che avrebbero potuto dare una mano. Sapevano chi fosse Trump, ma erano disponibili a soprassedere finché avessero potuto portare avanti i loro consueti affari. Cosa dire del populismo? Correttamente, hanno pensato che quello non sarebbe stato un problema: Trump non avrebbe avuto alcuna esitazione nell’abbandonare tutte quelle promesse elettorali e nell’aderire interamente ai tagli delle tasse sui ricchi e all’abbattimento dei sussidi sulla povera gente.
Agli inizi, qualcuno ipotizzava che questa sarebbe stata una alleanza provvisoria – il gruppo dirigente repubblicano avrebbe usato Trump per ottenere quello che voleva, poi gli avrebbe voltato le spalle. Ma adesso è chiaro che questo non accadrà. Trump ha superato le peggiori aspettative di chiunque, tuttavia i repubblicani, lungi dal lasciarlo, si stanno legando sempre più strettamente al suo destino. Perché?
Direi che la risposta è che sono impantanati. Hanno fatto consapevolmente un accordo col diavolo e non possono tornare indietro.
Più in particolare, gli aspetti più sconci di Trump comportano che se lui cade, l’intero Partito cade con lui. I repubblicani potrebbero comprensibilmente prendere le distanze da un Presidente che si è scoperto essere un pessimo gestore della cosa pubblica, o che si è persino scoperto essere coinvolto in piccole faccende di corruzione. Ma quando la corruzione è a pieno regime, ed è accompagnata da atti di intralcio alla giustizia e dalla collaborazione con Putin, nessuno si accorgerà di quali repubblicani siano stati un po’ meno coinvolti, un po’ meno ossequiosi degli altri. Se Trump affonda, creerà un vortice che risucchierà tutti coloro che in qualche modo sono stati partecipi.
E dunque adesso abbiamo l’intero Partito Repubblicano pienamente complice delle nefandezze di Trump – perché è questo che sono, a prescindere dal fatto che lui e quelli che gli stanno dintorno vengano mai portati nei tribunali.
Quello che tutto questo comporta, assieme ad altre cose, è che a questo punto aspettarsi che il Partito Repubblicano eserciti una qualche vigilanza o tenga in qualche modo Trump sotto controllo, è una pura sciocchezza. Una massiccia sconfitta elettorale – massiccia al punto da superare l’organizzazione truffaldina dei distretti elettorali ed altri vantaggi strutturali della destra [5] – è l’unico modo per venirne fuori.
[1] Un giornalista che ha scritto (vedi la connessione) un articolo sul tema sulla rivista “Crooked”.
[2] Il Partito Repubblicano è normalmente chiamato GOP (Great Old Party, Grande Vecchio Partito), dunque con lo stesso acronimo.
[3] È una famosa polemica di Reagan, che si riferiva a donne di colore con macchine di lusso e sussidi assistenziali.
[4] Willie Horton era un individuo di colore responsabile di gravi crimini, che aveva ottenuto un congedo provvisorio dal penitenziario e durante quel periodo si rese responsabile di ulteriori crimini, e che venne abbondantemente utilizzato nella campagna elettorale di Bush padre del 1988.
[5] Per una migliore comprensione, in particolare, degli aspetti ulteriori del carattere non poco truffaldino delle elezioni americane – oltre alla geografia dei distretti elettorali che venne inaugurata due secoli fa da un congressista americano, Elbridge “Gerry”, detto anche “salamandra” per la tortuosa configurazione di distretti elettorali che ideò, che consentiva di aumentare i seggi a proprio favore in particolare nelle zone rurali – si veda l’intervista a Greg Palast qua tradotta, nella sezione “Saggi e articoli su riviste”. In genere si tratta di misure burocratiche che ostacolano il diritto di voto degli elettori di colore e delle minoranze etniche.
By mm
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