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L’economia dei vecchi sporcaccioni, di Paul Krugman (New York Times 25 gennaio 2018)

 

The Economics of Dirty Old Men

Paul Krugman JAN. 25, 2018

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As a candidate, Donald Trump talked incessantly about international trade and how he was going to make America great again by renegotiating trade agreements, forcing foreigners to stop taking away our jobs. But during his first year in office, he did almost nothing on that front — possibly because corporate America managed to inform him that it has invested a lot of money based on the assumption that we would continue to honor Nafta and other trade agreements, and would lose bigly if he broke them.

This week, however, Trump finally did impose tariffs on washing machines and solar panels. The former tariff was, I think, more about looking tough than about any kind of strategic objective. The latter, however, fits in with an important part of this administration’s general vision. For this is very much an administration of dirty old men.

About washing machines: The legal basis of the new tariff is a finding by the United States International Trade Commission that the industry has been injured by rising imports. The definition of “injury” is a bit peculiar: The commission admitted that the domestic industry “did not suffer a significant idling of productive facilities,” and that “there has been no significant unemployment or underemployment.” Nonetheless, the commission argued that production and employment should have expanded more than it did given the economy’s growth between 2012 and 2016 (you know, the Obama-era boom Trump insisted was fake).

If this seems like a flimsy justification for an action that will significantly raise consumer prices, that’s because it is. But Trump decided to do it anyway.

The solar panel tariff is more interesting, and more disturbing, because it will surely destroy many more jobs than it will create.

The fact is that the U.S. is largely out of the solar panel-producing business, and whatever the reasons for that absence, this policy won’t change it. Like the washing-machine tariff, the solar-panel tariff was imposed using what’s known in trade policy circles as the “escape clause” — rules that allow temporary protection of industries suffering sudden disruption. The operative word here is “temporary”; since we’re not talking about sustained protection, this tariff won’t induce any long-term investments, and therefore won’t bring the U.S. solar panel industry back.

What it will do, however, is put a crimp in one of the U.S. economy’s big success stories, the rapid growth of renewable energy. And here’s the thing: Everything we know about the Trump administration suggests that hurting renewables is actually a good thing from its point of view. As I said, this is an administration of dirty old men.

Over the past decade or so there has been a remarkable technological revolution in energy production. Part of that revolution has involved the rise of fracking, which has made natural gas cheap and abundant. But there have also been stunning reductions in the cost of solar and wind power.

Some people still think of these alternative energy sources as hippy-dippy stuff that can’t survive without big government subsidies, but the reality is that they’ve become cost-competitive with conventional energy, and their cost is still falling fast. And they also employ a lot of people: Over all, there are around five times as many people working, in one way or another, for the solar energy sector as there are coal miners.

But solar gets no love from Trump officials, who desperately want the country to stay with dirty old power sources, especially coal. (Wait — when I called them dirty old men, did you think I was talking about payoffs to porn stars? Shame on you.) They’ve even rewritten Energy Department reports in an attempt to make renewable energy look bad.

They’ve tried to turn their preference for dirty energy into concrete policy, too. Last fall, Rick Perry, the energy secretary, tried to impose a rule that would in effect have forced electricity grids to subsidize coal and nuclear plants. The rule was shot down, but it showed what these guys want. From their point of view, destroying solar jobs is probably a good thing.

Why do Trump and company love dirty energy? Partly it’s about the money: what’s good for the Koch brothers may not be good for America (or the world), but it’s good for G.O.P. campaign finance. Partly it’s about blue-collar voters, who still imagine that Trump can bring back coal jobs. (In 2017 the coal industry added 500, that’s right, 500 jobs. That’s 0.0003 percent of total U.S. employment.)

It’s also partly about cultural nostalgia: Trump and others recall the heyday of fossil fuels as a golden age, forgetting how ghastly air and water pollution used to be. But I suspect that it’s also about a kind of machismo, a sense that real men don’t soak up solar energy; they burn stuff instead.

Whatever the specific motivations, the administration’s first significant trade policy move is stunningly boneheaded. You shouldn’t even call it protectionism, since its direct effect will be to destroy far more jobs than it creates. Plus it’s bad for the environment. So much winning!

 

L’economia dei vecchi sporcaccioni, di Paul Krugman

New York Times 25 gennaio 2018

Da candidato, Donald Trump parlava incessantemente di commercio internazionale e di come fosse intenzionato a rendere di nuovo grande l’America rinegoziando gli accordi commerciali, costringendo gli stranieri a smettere di portarci via posti di lavoro. Ma durante il suo primo anno in carica, su quel fronte non ha fatto quasi niente – probabilmente perché l’America delle grandi società è riuscita ad informarlo che aveva investito molto denaro basandosi sull’assunto che avremmo continuato ad onorare il NAFTA ed altri accordi commerciali, e che ci avrebbe rimesso alla grande se egli li avesse distrutti.

Questa settimana, tuttavia, Trump ha finalmente imposto delle tariffe sulle lavatrici e sui pannelli solari. La prima tariffa è stata, credo, più relativa al sembrare duro che ad un obbiettivo strategico di qualsiasi genere. La seconda, tuttavia, sta a pennello con una parte importante della visione generale di questa Amministrazione. Perché questa è davvero soprattutto una Amministrazione di vecchi sporcaccioni.

Sulle lavatrici: la base legale della nuova tariffa è una scoperta della Commissione sul Commercio Internazionale degli Stati Uniti, secondo la quale quell’industria è stata lesa da importazioni crescenti. La definizione di “lesione” è un po’ peculiare: la Commissione ha ammesso che l’industria nazionale “non ha sofferto di una significativa inattività delle capacità produttive” e che “non c’è stata alcuna significativa disoccupazione o sottoccupazione”. Nondimeno, la Commissione ha sostenuto che la produzione e l’occupazione avrebbero dovuto espandersi più di quanto hanno fatto, data la crescita dell’economia tra il 2012 e il 2016 (sapete, il boom dell’epoca Obama, che Trump ha insistito fosse falso).

Se questa sembra una giustificazione inconsistente per un’iniziativa che farà salire in modo significativo i prezzi al consumo, è perché è proprio così. Ma Trump ha deciso comunque di farlo.

La tariffa sui pannelli solari è più interessante, e più inquietante, perché certamente distruggerà più posti di lavoro di quanti ne produrrà di nuovi.

Il fatto è che gli Stati Uniti sono ampiamente fuori dall’economia della produzione dei pannelli solari, e qualsiasi siano le ragioni di questa esclusione, questa politica non cambierà la situazione. Come per la tariffa sulle lavatrici, la tariffa sui pannelli solari era stata imposta utilizzando quella che negli ambienti della politica commerciale è nota come “clausola di recesso” – regole che consentono la temporanea protezione di settori industriali che soffrono improvvise turbolenze. In questo caso la parola chiave è “temporanee”; dal momento che non stiamo parlando di una protezione prolungata, questa tariffa non indurrà alcun investimento a lungo termine, e di conseguenza non ci riporterà una industria dei pannelli solari statunitense.

Quello che farà, tuttavia, è mettere i bastoni tra le ruote ad una delle grandi storie di successo dell’economia americana, la rapida crescita delle energie rinnovabili. E questo è il punto: tutto quello che sappiamo della Amministrazione Trump è che effettivamente danneggiare le rinnovabili è un’ottima cosa dal suo punto di vista. Come ho detto, questa è una amministrazione di vecchi sporcaccioni.

All’incirca nel decennio passato c’è stata una considerevole rivoluzione tecnologica nella produzione energetica. In parte, quella rivoluzione ha riguardato la crescita della tecnica della fratturazione degli scisti, che ha reso il gas naturale conveniente ed abbondante. Ma ci sono state anche stupefacenti riduzioni nei costi del solare e dell’energia eolica.

Alcune persone pensano ancora a queste fonti alternative di energia come una roba da fricchettoni svitati che non può sopravvivere senza grandi sussidi governativi, ma la verità è che sono diventate competitive sul lato dei costi con l’energia convenzionale, e il loro costo sta ancora scendendo rapidamente. Inoltre impiegano una gran quantità di persone: in particolare, in un modo o nell’altro, coloro che lavorano nel settore dell’energia solare sono cinque volte quelli che lavorano nelle miniere di carbone.

Ma il solare non è amato dai dirigenti di Trump, che vogliono a tutti i costi che il paese resti con le vecchie fonti dell’energia sporca, carbone soprattutto (un momento – quando li ho definiti vecchi sporcaccioni, pensavate che stessi parlando di compensi a pornostar?  Vergognatevi). Hanno persino riscritto le relazioni del Dipartimento dell’Energia nel tentativo di mettere in cattiva luce le rinnovabili.

Hanno anche cercato di tradurre la loro preferenza per le energie sporche in concrete iniziative politiche. Lo scorso autunno, Rick Perry, il Segretario all’energia, ha cercato di imporre una regola che in effetti avrebbe costretto le reti elettriche ha sussidiare gli impianti a carbone e a nucleare. La regola è stata bocciata, ma ha mostrato cosa vogliono questi individui. Dal loro punto di vista, probabilmente distruggere i posti di lavoro nel solare è una buona cosa.

Perché Trump e i suoi colleghi amano le energie sporche? In parte è una questione di soldi: quello che va bene ai fratelli Koch può non andare bene per l’America (e per il mondo), ma è un’ottima cosa per il finanziamento delle campagne elettorali repubblicane. In parte riguarda i voti dei blue-collar, quelli che ancora si immaginano che Trump ci riporterà i posti di lavoro nel carbone (nel 2017 l’industria del carbone è cresciuta di 500, proprio così, cinquecento posti di lavoro. Ovvero, lo 0,0003 per cento dell’occupazione totale degli Stati Uniti).

In parte riguarda anche una nostalgia culturale: Trump e gli altri ricordano l’età del pieno fulgore dei combustibili fossili come un’epoca aurea, dimenticandosi quanto era spettrale allora l’inquinamento dell’aria e dell’acqua. Ma io ho il sospetto che si tratti anche di una sorta di machismo, la sensazione che gli uomini veri non assorbono i raggi del sole; piuttosto bruciano la materia.

Qualsiasi siano le motivazioni specifiche, la prima significativa iniziativa di politica commerciale della amministrazione è stupida in modo stupefacente. Non si dovrebbe neppure chiamarlo protezionismo, dal momento che l’effetto diretto sarà distruggere posti di lavoro, assai di più che crearne. In aggiunta è negativa per l’ambiente. Tante di queste vittorie!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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