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La disonestà dei falchi della spesa pubblica, di Paul Krugman (New York Times 8 febbraio 2018)

 

Fraudulence of the Fiscal Hawks

Paul Krugman FEB. 8, 2018

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In 2011, House Republicans, led by Paul Ryan, issued a report full of dire warnings about the dangers of budget deficits. “The United States is facing a crushing burden of debt,” it declared, warning of a looming fiscal crisis that might soon “capsize” the economy. Citing the horrors of big deficits, Republicans refused to raise the federal debt ceiling, threatening to create financial turmoil and effectively blackmailing President Barack Obama into cutting spending on domestic programs.

How big were these horrifying deficits? In the 2012 fiscal year the federal deficit was $1.09 trillion. Much of this deficit, however, was a direct result of a depressed economy, which held down revenues and increased outlays on unemployment benefits and other safety-net programs. The deficit fell rapidly over the next few years as the economy recovered.

This week Republicans, having just enacted a huge tax cut, cheerfully agreed to a budget deal that, according to independent experts, will push next year’s deficit up to around $1.15 trillion — bigger than in 2012. True, this won’t quite match 2012’s red ink as a percentage of G.D.P.; but this time none of the deficit will be a result of a depressed economy.

Wait, it gets worse. In 2012 there were strong economic reasons to run budget deficits. The economy was still suffering the aftereffects of the 2008 financial crisis. Unemployment was around 8 percent. And the Federal Reserve, which normally takes the lead in fighting slumps, had very limited ammunition: It had already cut interest rates to zero, and its policy of “quantitative easing” — purchasing longer-term debt — was of questionable effectiveness. (And Ryan, among others, fiercely attacked the Fed’s efforts, which he claimed — wrongly — would “debase the currency.”)

The state of the economy in 2012 was exactly the kind of situation in which running budget deficits is actually a good thing, because they help sustain overall spending. By contrast, there is no comparable case for deficits now, with the economy near full employment and the Fed raising interest rates to head off potential inflation. (Maybe the Fed is moving too soon, but the contrast with 2012 is still extreme.)

If anything, we should be using this time of relatively full employment to pay down debt, or at least reduce it relative to G.D.P. “The boom, not the slump, is the time for austerity at the Treasury,” wrote John Maynard Keynes. But Republicans have turned that sage advice on its head. They are providing more stimulus to an economy with 4 percent unemployment than they were willing to allow an economy with 8 percent unemployment.

There have been many “news analysis” pieces asking why Republicans have changed their views on deficit spending. But let’s be serious: Their views haven’t changed at all. They never really cared about debt and deficits; it was a fraud all along. All that has changed is the fact that a Republican now sits in the White House.

How do we know Republicans were never sincere about the deficit? It was obvious, even at the time, to anyone who looked at their fiscal proposals. These proposals always involved giant tax cuts for the wealthy — funny how that worked — offset by savage cuts in social benefits. Even so, assertions that deficits would go down depended entirely on assuming lots of revenue from closing unspecified loopholes and huge savings from cutting unspecified government programs. In other words, even at the peak of their deficit-hawk posturing, all Republicans really had to offer was redistribution from the poor to the rich.

However, pretending to care about the deficit served several useful political purposes. It was a way to push for cuts in social programs. It was also a way to hobble Obama’s presidency.

And I don’t think it’s unfair to suggest that there was an element of deliberate economic sabotage. After all, Republicans weren’t just vehemently opposed to fiscal stimulus; they were also vehemently opposed to monetary stimulus. Basically, they were against anything that might help the economy on President Obama’s watch.

Now Obama is gone, and suddenly deficits don’t matter.

But let me not just bash Republicans. Let me also bash their enablers — all those who were duped into believing their claims to be deficit hawks, or pretended to believe them in order to appear balanced and bipartisan. Such people did America a great disservice.

And they will continue to do a great disservice if they obscure what’s happening now. Please, let’s not talk about the wrongheadedness of fiscal policy — about imposing austerity in a depressed economy, then running up the deficit when we’re already near full employment — as a problem of “political dysfunction,” or assert that both parties are to blame. Democrats didn’t block stimulus when the economy needed it, or push a tax cut that will worsen inequality and explode the national debt.

No, this is all about Republican bad faith. Everything they said about budgets, every step of the way, was fraudulent. And nobody should believe anything they say now.

 

La disonestà dei falchi della spesa pubblica, di Paul Krugman

New York Times 8 febbraio 2018

Nel 2011 i repubblicani della Camera, guidati da Paul Ryan, pubblicarono un rapporto pieno di terribili ammonimenti sui pericoli dei deficit di bilancio. C’era scritto: “Gli Stati Uniti stanno fronteggiando un peso devastante del debito” e si ammoniva per una incombente crisi della finanza pubblica che in breve tempo poteva “far deragliare” l’economia. Con l’argomento degli orrori dei grandi deficit, i repubblicani si rifiutarono di elevare il tetto del debito, minacciando di determinare uno sconvolgimento finanziario e in sostanza ricattando il Presidente Barack Obama per tagli di spesa sui programmi nazionali.

Quanto erano vasti questi terribili deficit? Nell’anno fiscale 2012 il deficit federale era pari a 1.090 miliardi di dollari. Gran parte di questo deficit, tuttavia, era il diretto risultato di una economia depressa, che teneva basse le entrate e aumentava le spese sui sussidi di disoccupazione e su altri programmi della rete della sicurezza sociale. Quando l’economia si riprese, il deficit cadde rapidamente nel corso di pochi anni successivi.

Questa settimana i repubblicani hanno appena reso esecutivi ampi tagli fiscali, spensieratamente accolti in un accordo di bilancio che, secondo esperti indipendenti, spingerà in alto il deficit di bilancio attorno a 1.150 miliardi di dollari – una somma maggiore che nel 2012. È vero, questo non corrisponderà completamente come percentuale del PIL ai conti in rosso del 2012; ma questa volta niente del deficit sarà la conseguenza di una economia depressa.

Aspettate, perché è ancora peggio. Nel 2012 c’erano forti ragioni economiche per gestire deficit di bilancio. L’economia stava ancora soffrendo per le conseguenze della crisi finanziaria. La disoccupazione era circa all’8 per cento. E la Federal Reserve, che normalmente prende la guida nel combattere le recessioni, aveva munizioni molto modeste: aveva già tagliato sino allo zero i tassi di interesse e la sua politica di “facilitazione quantitativa” – l’acquisto di obbligazioni sul debito a più lungo termine – era di dubbia efficacia (e Ryan, tra gli altri, attaccò con energia gli sforzi della Fed, che a torto sosteneva avrebbero “tolto valore alla valuta”).

Lo stato dell’economia nel 2012 era esattamente il genere di situazione nella quale gestire deficit di bilancio è effettivamente una cosa positiva, giacché contribuiscono a sostenere la spesa complessiva. All’opposto, non c’è oggi alcun argomento confrontabile per i deficit, con l’economia vicina alla piena occupazione e la Fed che rialza i tassi di interesse per tener lontana una potenziale inflazione (forse la Fed si sta muovendo troppo presto, ma il contrasto con il 2012 è comunque estremo).

Dovremmo semmai usare questo tempo di occupazione relativamente piena per ripagare il debito, o almeno per ridurlo in relazione al PIL. Come scrisse John Maynard Keynes: “Il boom, non la recessione, è il momento giusto per l’austerità al Tesoro”. Ma i repubblicani hanno capovolto quel saggio consiglio. Stanno fornendo più stimolo ad un’economia con la disoccupazione al 4 per cento, di quello che erano disponibili a consentire con una disoccupazione all’8 per cento.

Ci sono stati molti articoli “di analisi informative” che si sono chiesti perché i repubblicani abbiano modificato le loro opinione sullo spendere in deficit. Ma siamo seri: le loro opinioni non sono affatto cambiate. Non si sono mai seriamente preoccupati del debito e dei deficit; è sempre stato un inganno. Tutto quello che è cambiato è che oggi siede alla Casa Bianca un repubblicano.

Come sappiamo che i repubblicani non sono mai stati sinceri sui deficit? Era evidente persino allora, per chiunque guardasse le loro proposte finanziarie. Queste proposte hanno sempre riguardato giganteschi tagli delle tasse per i ricchi, bilanciati da tagli selvaggi dei sussidi sociali (curioso come i tagli si sono sempre incrociati). Anche così, le assicurazioni che i deficit sarebbero scesi dipendevano interamente dall’ipotesi di grandi quantità di entrate derivanti dalla interruzione di scappatoie fiscali non specificate. In altre parole, anche al culmine del loro atteggiarsi come falchi del deficit, tutto quello che i repubblicani sapevano offrire non era nient’altro che una redistribuzione dai poveri ai ricchi.

Tuttavia, far finta di preoccuparsi del deficit era al servizio di vari utili propositi politici. Era un modo di spingere per riduzioni ai programmi sociali. Era un modo per azzoppare la Presidenza di Obama.

E non penso sia esagerato suggerire che c’era anche un elemento di deliberato sabotaggio economico. Dopo tutto, i repubblicani non si opponevano con veemenza soltanto allo stimolo della spesa pubblica; si opponevano anche con altrettanta veemenza allo stimolo monetario. Fondamentalmente, si opposero a tutto quello che poteva aiutare l’economia durante il mandato di Obama.

Ora Obama se n’è andato e all’improvviso i deficit non hanno più importanza.

Ma permettetemi di non prendermela solo con i repubblicani. Me la prendo anche con quelli che lo consentivano – tutti quelli caddero nell’inganno di credere che alle loro pretese di essere i falchi del deficit, o di fingere di crederlo al fine di sembrare equilibrati e indipendenti. Quella gente ha fatto un gran danno all’America.

E continueranno a farlo se nascondono quello che adesso sta accadendo. Per favore, non parlate di avventatezza della politica della finanza pubblica – di imporre l’austerità in una economia depressa e poi di da far salire il deficit quando siamo già vicini alla piena occupazione – quasi fosse il problema di una “disfunzione del sistema politico”, o di asserire che entrambi i partiti ne hanno colpa. I democratici non bloccarono lo stimolo quando l’economia ne aveva bisogno, non spinsero per tagli fiscali che avrebbero peggiorato l’ineguaglianza e fatto esplodere il debito nazionale.

No, tutto questo riguarda la malafede dei repubblicani. Tutto quello che dicevano sui bilanci, ogni loro iniziativa, era un imbroglio. E nessuno dovrebbe credere a nulla di quello che stanno dicendo adesso.

 

 

 

 

 

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