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Le infrastrutture di Trump sono un inganno (dal blog di Paul Krugman, 30 gennaio 2018)

 

Trumpfrastructure Is a Scam

Paul Krugman JAN. 30, 2018

 

Trump’s main goal in the State of the Union speech was to sound serious and presidential. Did he succeed? I don’t think so – I found the fear-mongering over immigrant crime disgusting. But mostly I don’t care. I’ve never seen much merit in the theater-criticism school of political punditry.

What matters is the substance, of which, let’s be honest, there usually isn’t much in a SOTU. Still, Trump was trying to sound as if he was offering serious new policy initiatives, notably on infrastructure.

So let’s be clear: while we desperately need new investment in public capital, Trump’s proposal – Trumpfrastructure? – isn’t remotely serious. At best, it would be a trivial sum of money pretending to be something big. At worst, it would amount to an orgy of crony capitalism, privatizing public assets while generating little new investment.

So, what’s being sold here? Trump gave a big number, $1.5 trillion. But a leaked draft of the plan says that it will involve only $200 billion of federal money. The rest is supposed to be induced spending from private investors. That’s quite a trick. How does it work?

The answer is, basically, that it doesn’t. Private investors won’t spend on public infrastructure unless guaranteed a return. This only works if they’re given ownership, and the ability to collect future revenue from the public.

First point: lots of infrastructure just can’t work that way. There’s no way to turn sewer systems, protective levees on rivers, and lots of other stuff into profit centers.

Second, even where it does work — say, on toll roads and bridges — that private investment doesn’t come free; it’s in return for the ability to collect fees from the public, which is just taxation in another form. And there’s no evidence that doing public investment this way saves any money. On the contrary, it usually ends up costing taxpayers more than just having the government build the thing.

Wait, it gets worse. Where does even the $200 billion come from? It’s not at all clear that it’s new money; much of it would probably be money that would have been spent on public projects anyway.

What this means is that we aren’t talking about a program to build infrastructure so much as a plan to convert what should have been public projects into private ventures, presumably with big tax breaks.

And who would get in on these lucrative privatization schemes? Do we even have to ask?

 

Le infrastrutture di Trump sono un inganno,

di Paul Krugman

Il principale obbiettivo di Trump nel discorso sullo Stato dell’Unione era apparire serio e ‘presidenziale’. C’è riuscito? Io non lo penso – ho trovato disgustoso il suo seminare paure sui crimini degli immigrati. Ma soprattutto non mi interessa. Non ho mai dato molto credito alla scuola da critiche da teatro dei commentatori politici.

Quello che conta è la sostanza, che come al solito non abbonda nei discorsi sullo Stato dell’Unione. Eppure Trump stava cercando di apparire come se stesse offrendo nuove serie iniziative politiche, in particolare sulle infrastrutture.

Siamo chiari, dunque: mentre abbiamo disperatamente bisogno di nuovi investimenti nel capitale pubblico, la proposta di Trump – la vogliamo chiamare ‘Trumpfrastruttura’ [1]? –  non è neanche lontanamente seria. Nel migliore di casi è una quantità modesta di denaro che si finge sia qualcosa di cospicuo. Nel peggiore dei casi corrisponde ad un’orgia di capitalismo clientelare, che privatizza asset pubblici nel mentre genera pochi nuovi investimenti.

Dunque, cosa ci viene rivenduto in questo caso? Trump ha sparato un grande numero, 1.500 miliardi di dollari. Ma una bozza fatta trapelare del programma dice che esso riguarderà soltanto 200 miliardi di dollari di risorse federali. Il resto si suppone sia una spesa indotta da parte di investitori privati. È più o meno una fregatura. Come funziona?

Fondamentalmente, la risposta è che non funziona. Gli investitori privati non investiranno in infrastrutture pubbliche se non hanno garantito un rendimento. Il tutto funziona se gli verrà data la proprietà, e dalla successiva capacità di raccogliere entrate dal pubblico degli utenti.

Primo punto: molte infrastrutture semplicemente non funzionano in quel modo. Non c’è modo di rivolgersi ai centri di profitto per i sistemi delle fognature, per gli argini dei fiumi e per una quantità di altre cose.

In secondo luogo, anche laddove funzionasse – diciamo sulle autostrade e sui ponti a pedaggio – quell’investimento privato non sarebbe gratis; esso verrebbe in cambio della possibilità di raccogliere canoni dal pubblico, che non sono niente altro che tasse in un’altra forma. E non c’è prova che facendo un investimento pubblico in tali modi, esso sarebbe un risparmio di soldi. Al contrario, di solito esso finisce col costare ai contribuenti che avere soltanto il Governo che provvede.

Ma un momento, è peggio ancora. Da dove vengono persino i 200 miliardi? Non è affatto chiaro che si tratti di finanziamenti aggiuntivi, gran parte di essi sarebbero probabilmente soldi che sarebbero stati spesi in ogni caso in progetti pubblici.

Il che significa che non stiamo parlando di un programma per costruire infrastrutture quanto di un piano per convertire quelli che sarebbero stati progetti pubblici in rischiose imprese private, presumibilmente con grandi sgravi fiscali.

E a chi andrebbero questi schemi di privatizzazioni redditizi? È il caso di fare la domanda?

 

 

 

 

 

[1] Queste invenzioni di parole tramite accostamento dell’oggetto al nome dell’uomo politico a noi appaiono tra il fantasioso e il cervellotico. Ma piacciono molto agli americani: Obamacare, Reaganomics, Abenomics etc. etc.

 

 

 

 

 

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