Paul Krugman MARCH 15, 2018
There’s no mystery about the Republican agenda. For at least the past 40 years, the G.O.P.’s central policy goal has been upward redistribution of income: lower taxes for the wealthy, big cuts in programs that help the poor and the middle class. We’ve seen that agenda at work in the policies of every Republican president from Reagan to Trump, every budget proposal from party stars like Paul Ryan, the speaker of the House.
This policy agenda is, however, deeply unpopular. Only small minorities of voters favor tax cuts for the wealthy and corporations; even smaller minorities favor cuts in major social programs. So how does the G.O.P. stay politically competitive? The answer is that the party has mastered the tactics of bait and switch: pretending to stand for one thing, then doing something quite different in office.
But if special elections in the Trump era are any indication, voters are wising up. Rick Saccone, the Republican candidate in a deep-red Pennsylvania congressional district that Trump won by almost 20 points, tried not one, not two, but three different bait-and-switch strategies. And on Tuesday he still seems to have suffered a hair-thin defeat.
At first, Republicans tried to sell their candidate by touting the 2017 tax cuts, which they portrayed as a boon to the middle class. This was classic Bush-era strategy: The Trump tax cuts, like the Bush tax cuts, did indeed offer some temporary relief to middle-class families, although they offered far more to the wealthy.
What makes this a bait and switch is the hard truth that tax cuts must, eventually, be paid for — in fact, people like Ryan barely waited for the ink on the tax bill to dry before proclaiming that social programs must be cut to reduce the budget deficit the tax cuts will do so much to inflate. And under any plausible allocation of the spending cuts needed to offset lost revenue, the tax cuts will leave most Americans worse off (while, of course, benefiting the top 1 percent).
The thing is, voters seem to have realized this. Republican groups pretty much stopped running ads about the tax cuts weeks before the election, apparently concluding that they weren’t gaining much traction. And election night polling suggests that health care — specifically, opposition to G.O.P. efforts to repeal the Affordable Care Act — was a key issue in PA-18.
If tax cuts won’t sell, how about tariffs? In 2016 Trump portrayed himself as a different kind of Republican, an economic populist who would stand up for the little guy. In practice, he has been utterly orthodox except for one thing, his willingness to break with free trade. And it’s possible that he announced steel tariffs partly in an effort to swing a district in what used to be steel country. Or he may have been trying to steal Stormy Daniels’s thunder. With Trump, you never know.
Anyway, it didn’t work, perhaps because many Pennsylvania voters realize that steel country isn’t what it used to be, and the old days aren’t coming back. These days there are about 10 times as many hospital workers as steel workers in the Pittsburgh metropolitan area — and surely at least some voters realize that G.O.P. efforts to slash health care threaten their jobs as well as their coverage.
Finally, Republicans pulled out their old standby: trying to distract voters from their economic agenda by appealing to racial, cultural and religious enmity. That’s what Ed Gillespie tried in the Virginia gubernatorial race, and in this latest campaign Saccone proclaimed that Democrats are motivated by “hatred for our country” and “hatred of God.” But it didn’t work either time.
Why not? One answer may be that despite the eruptions of racism and anti-Semitism under Trump, America is on the whole a far more tolerant country than it used to be.
But there are also Trump-specific issues. It’s hard for Republicans to pose as the party of patriotism while slavishly defending a man who holds office in part thanks to Russian intervention, and seems almost eager to demonstrate that he really is Vladimir Putin’s puppet.
And despite receiving overwhelming support from white evangelicals — which tells you something about the state of conservative Christianity — Trump is surely the least godly man ever to occupy the White House.
So the upset in Pennsylvania wasn’t just a harbinger of likely Democratic gains to come. It also showed the bankruptcy of all the political strategies Republicans have used to distract voters from an unpopular agenda.
Yet I have to admit that while the wising-up of American voters is deeply encouraging, it also makes me nervous. History says that Republicans won’t change course, because they never do. They’ll just look for bigger distractions.
And with everyone who showed even an occasional sense of responsibility leaving the Trump administration, you have to wonder what comes next. In particular, regimes in trouble — like, say, the Argentine junta in the 1980s — often try to rally the public with dangerous foreign policy adventurism. Are you sure that Trump won’t go that route? Really sure?
Gli elettori stanno forse mettendo giudizio, di Paul Krugman
New York Times 15 marzo 2018
Non ci sono misteri nell’agenda repubblicana. Nel corso almeno degli ultimi 40 anni, l’obbiettivo politico centrale del Partito Repubblicano è stata una redistribuzione del reddito verso l’alto: tasse più basse per i ricchi, grandi tagli nei programmi che aiutano la povera gente e la classe media. Abbiamo visto quell’agenda in funzione nelle politiche di ogni Presidente repubblicano da Reagan a Trump, in ogni proposta di bilancio di eminenti repubblicani come Paul Ryan, lo speaker della Camera dei Rappresentanti.
Questa agenda politica è tuttavia profondamente impopolare. Solo piccole minoranze di elettori sono a favore di sgravi fiscali ai ricchi ed alle società; minoranze anche più piccole sono a favore di tagli nei programmi sociali importanti. Come può, dunque, il Partito Repubblicano restare politicamente competitivo? La risposta è che il partito è diventato esperto nella tattica degli specchietti per allodole: fingere di prendere posizione per qualcosa, poi fare qualcosa di completamente diverso quando si è in carica.
Ma se le elezioni particolari nell’epoca di Trump forniscono una qualche indicazione, gli elettori stanno mettendo giudizio. Rick Saccone, il candidato repubblicano di un distretto congressuale
del ‘profondo rosso’ [1] della Pennsylvania, dove Trump vinse per quasi 20 punti, ha provato non con uno, non con due, ma con tre differenti specchietti per allodole. E martedì sembra sia stato sconfitto sul filo di lana.
Agli inizi, i repubblicani hanno cercato di far promuovere il loro candidato pubblicizzando gli sgravi fiscali del 2017, che hanno presentato come una manna per la classe media. Era la classica strategia dell’epoca di Bush: gli sgravi fiscali di Trump, come quelli di Bush, offrono in effetti una qualche temporaneo sollievo alle famiglie di classe media, sebbene offrano molto di più ai ricchi.
Quello che rende questo uno specchietto per allodole è la dura verità per la quale, alla fine, quegli sgravi devono essere ripagati – infatti, persone come Ryan hanno appena aspettato che si asciugasse l’inchiostro sulla proposta di legge fiscale prima di proclamare che i programmi sociali debbono essere tagliati per ridurre il deficit di bilancio che gli sgravi fiscali hanno talmente gonfiato. E considerata ogni plausibile allocazione dei tagli alla spesa per compensare le entrate perdute, gli sgravi fiscali lasceranno la maggioranza degli americani in condizioni peggiori (mentre, naturalmente, ne trarranno vantaggio l’1 pe cento dei più ricchi).
Il punto è che gli elettori sembrano averlo capito. I gruppi repubblicani hanno in pratica interrotto i messaggi pubblicitari sugli sgravi fiscali settimane prima delle elezioni, concludendo che a quanto pare non era un tema che dava loro molta spinta. E i sondaggi la notte delle votazioni indicano che l’assistenza sanitaria – precisamente l’opposizione agli sforzi del Partito Repubblicano di abrogare la Legge sulla Assistenza Sostenibile – era stato un tema chiave nel distretto 18 della Pennsylvania.
Se gli sgravi fiscali non convinceranno, che dire delle tariffe? Nel 2016 Trump si è presentato come un repubblicano di diverso genere, un populista economico che si sarebbe battuto per la povera gente. In pratica, è stato del tutto ortodosso eccetto per un aspetto, la sua volontà di rompere con il libero commercio. Ed è possibile che abbia annunciato le tariffe sull’acciaio in parte nello sforzo di mettere in moto un distretto che un tempo era definito il paese dell’acciaio. O forse stava cercando di rubare la scena a Stormy Daniels [2]. Con Trump, non si può mai sapere.
In ogni modo non ha funzionato, forse perché molti elettori della Pennsylvania comprendono che il paese dell’acciaio non è più quello che era e che i bei tempi andati non torneranno. Di questi tempi, nell’area metropolitana di Pittsburgh, ci sono dieci volte lavoratori ospedalieri che non lavoratori dell’acciaio – e certamente almeno alcuni elettori comprendono che gli sforzi del Partito Repubblicano di tagliare l’assistenza sanitaria minaccia i loro posti di lavoro nello stesso modo delle loro assicurazioni.
Infine, i repubblicani hanno tirato fuori il loro antico sostegno: cercare di distrarre gli elettori dalla loro agenda economica facendo appello alle loro ostilità razziali, culturali e religiose. È quello che Ed Gillespie aveva cercato di fare nella competizione senatoriale in Virginia, e in queste ultime elezioni Saccone ha proclamato che i democratici erano motivati da “odio verso il loro paese” e da “odio verso Dio”. Ma in entrambi i casi non ha funzionato.
Perché no? Una risposta può essere che, nonostante le esplosioni di razzismo e di antisemitismo sotto Trump, l’America nel suo complesso è un paese assai più tollerante di quello che era un tempo.
Ma ci sono anche aspetti che riguardano Trump in modo specifico. È difficile per i repubblicani presentarsi come il partito del patriottismo mentre difendono servilmente un uomo che detiene una carica in parte grazie a un intervento russo, e sembra quasi ansioso di dimostrare di esser davvero una marionetta di Putin.
E nonostante riceva uno schiacciante sostegno dai bianchi evangelici – il che vi dice qualcosa delle condizioni della cristianità conservatrice – Trump è sicuramente l’individuo meno devoto che abbia mai occupato la Casa Bianca.
Dunque, la sconfitta in Pennsylvania non è stata solo un presagio delle probabili vittorie ina arrivo dei democratici. Ha anche mostrato la bancarotta delle strategie politiche che i repubblicani hanno utilizzato per distrarre gli elettori da una agenda impopolare.
Tuttavia devo ammettere che mentre il fatto che gli elettori americani stiano mettendo giudizio è profondamente incoraggiante, esso mi rende anche nervoso. La storia dice che i repubblicani non cambieranno indirizzo, dato che non lo fanno mai. Cercheranno soltanto distrazioni più grandi.
E considerati tutti coloro che hanno dimostrato un senso di responsabilità anche solo occasionale lasciando l’Amministrazione Trump, c’è da chiedersi cosa può venire dopo. In particolare, i regimi in difficoltà – come, ad esempio, la Giunta argentina negli anni ’80 – spesso cercano di coalizzare l’opinione pubblica con un pericoloso avventurismo in politica estera. Siete sicuri che Trump non prenderà quella strada? Davvero sicuri?
[1] Ovvero, di elettorato solidamente repubblicano.
[2] Nome d’arte della pornostar che in questi giorni ha disdetto un accordo di ‘riservatezza’ con Trump, relativo ad una loro passata relazione.
By mm
E' possibile commentare l'articolo nell'area "Commenti del Mese"