May 2, 2018
By Paul Krugman
The 2020 election is still two and a half years away, but the Big Sneer is already underway. Name a potential Democratic candidate, and you know how pundits will react: the same way they reacted to Al Gore and Hillary Clinton. He/she (especially she), they’ll say, is tired, boring, annoying. Above all, they’ll complain, he/she doesn’t offer any new ideas.
Somehow it’s always Democrats who get this kind of criticism, even though every prominent Republican for the past three decades has espoused the same three bad ideas: tax cuts for the rich, slashed benefits for the poor, and more pollution. Paul Ryan 2010 was basically Newt Gingrich 1995 with a lower BMI, yet he got praised endlessly as an innovative thinker.
But let’s leave the asymmetric treatment of the parties aside, and ask a simple question: why, exactly, do we demand that politicians have new ideas?
I’m not saying that politicians shouldn’t be open to new thinking and evidence about policy. But a political party isn’t like Apple, which needs to keep coming up with glitzier products to stay ahead of Android. There are huge problems with U.S. policy on many fronts, but very few of these problems come from lack of good new ideas. They come, instead, from failure to act on what we already know – and, for the most part, have known for a long time.
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Let me give two big examples: access to health care and environmental protection.
On health care, we know perfectly well how to provide more or less universal access, because every other advanced country does it.
How can a nation provide universal access to health care? There are actually three ways. You can have direct provision by a government health system, like Britain’s NHS; you can have a single-payer system of government health insurance, like Canada (or Medicare here); or you can use a combination of regulation, mandates, and subsidies to prod the private sector into covering everyone, like Switzerland.
And all three systems work! True, you can have trouble if the funding is inadequate or the rules aren’t effectively enforced, but that’s true of any policy. Universal health care is a solved problem. We don’t need new ideas to achieve that goal here – in fact, we got about halfway there under Obama, and all we need to finish the job is a progressive president and a progressive majority in Congress.
What about protecting the environment? I guess you can make the case that there were important new ideas in the 1980s. Until then, environmental policy consisted almost entirely of top-down regulation. Economists had known for generations that there was a case for exploiting market forces via things like emission taxes or tradable emission permits, but these first made it into the world of political reality with the Bush-era emissions-trading scheme used to control acid rain.
But have there been any major new ideas since then? More to the point, do we need any major new ideas? The basic tools — direct regulation in some cases, taxes or tradable licenses in others – are well understood, and have worked well in many cases. What we need is an effective political majority willing to act on what we already know.
Am I saying that there are no new ideas relevant to policy? Of course not. For example, the related discoveries that moderate increases in the minimum wage don’t seem to reduce employment and that employers often have a lot of monopsony power in labor markets suggest some new dimensions to the progressive agenda.
Nor am I saying that policy analysis and study by think tanks and academics is unnecessary. Details matter, and sometimes policy studies generate truly new ideas.
But politicians don’t need clever new ideas to make the case that they could vastly improve most Americans’ lives. In America, even more than in other countries, we have a huge backlog of good old ideas we’ve never acted on.
So why the demand for new ideas? Partly it’s because pundits are bored with conventional policy discussion – and/or don’t want to be bothered learning enough to understand actually existing policy issues, preferring sparkly new stuff they can praise simply for its newness. Partly it’s just an excuse for sneering at Democrats, which as I understand it is required by the pundit code.
But enough. I don’t care whether a politician has new ideas, and neither should you. What matters is whether a politician has good ideas.
I politici non hanno bisogno di nuove idee,
dal blog di Paul Krugman
Le elezioni del 2010 sono ancora lontane due anni e mezzo, ma il Grande Sogghigno è già partito. Indicate un potenziale candidato democratico, e già sapete come reagiranno i commentatori: nello stesso modo in cui reagirono ad Al Gore e a Hillary Clinton. Diranno che lui o lei (specialmente lei) sono stanchi, noiosi, fastidiosi. Si lamenteranno soprattutto che lui o lei non offrono alcuna idea nuova.
In qualche modo sono sempre i democratici che ottengono questo genere di trattamento, anche se nei tre decenni passati tutti i repubblicani eminenti hanno sposato le medesime tre pessime idee: tagli fiscali ai ricchi, abbattere i sussidi per i poveri e consentire più inquinamento. Paul Ryan nel 2010 era fondamentalmente come Newt Gingrich nel 1995 con un peso forma più basso, tuttavia ebbe elogi sperticati come un pensatore innovativo.
Ma lasciamo da parte il trattamento asimmetrico dei partiti, e chiediamoci una cosa semplice: perché mai chiediamo che i politici abbiano idee nuove?
Non sto dicendo che i politici non dovrebbero essere aperti a nuovi modi di ragionare ed alle relative testimonianze in politica. Ma un partito politico non è come Apple, che ha bisogno di venirsene fuori con prodotti più luccicanti per restare in testa su Android. Ci sono gravi problemi su molti fronti nella politica degli Stati Uniti, ma pochissimi di questi problemi derivano da una mancanza di nuove idee. I problemi vengono invece dalla incapacità di agire su quello che già conosciamo – e, nella maggioranza dei casi, che abbiamo appreso da molto tempo.
Fatemi fare due grandi esempi: l’accesso alla assistenza sanitaria e la protezione dell’ambiente.
Sulla assistenza sanitaria, sappiamo perfettamente come fornire un accesso più o meno universale, giacché lo fanno tutti gli altri paesi avanzati.
Come può una nazione offrire un accesso universale alla assistenza sanitaria? Ci sono effettivamente tre modi. Possiamo avere una fornitura diretta da parte di un sistema sanitario pubblico, come nel sistema sanitario britannico; possiamo avere un sistema centralizzato di finanziamento della assicurazione sanitaria pubblica, come nel Canada (o da noi con Medicare); oppure possiamo usare una combinazione di regole, di delega ai singoli e di sussidi per indurre il settore privato a dare assistenza a tutti, come in Svizzera.
E tutti e tre i sistemi funzionano! È vero, ci possono essere problemi se il finanziamento è inadeguato o le regole non sono efficacemente fatte rispettare, ma questo è vero per ogni politica. L’assistenza sanitaria universale è un problema risolto. In quel caso non abbiamo bisogno di nuove idee per raggiungere quell’obbiettivo – di fatto, con Obama abbiamo compiuto circa la metà del percorso, e tutto quello di cui abbiamo bisogno è un Presidente progressista ed una maggioranza progressista nel Congresso.
E nel caso della protezione ambientale? Suppongo che si possa avanzare l’argomento secondo il quale negli anni ’80 ci furono importanti nuove idee. Sino ad allora, la politica ambientale era consistita quasi interamente in un regolamento dall’alto verso il basso. Gli economisti sapevano da generazioni che c’era una ipotesi per sfruttare le forze di mercato attraverso soluzioni come le tasse sulle emissioni o attraverso permessi di emissioni scambiabili, ma queste per la prima volta operarono nel mondo della realtà politica con il modello delle emissioni scambiabili dell’epoca di Bush, utilizzato per controllare le piogge acide.
Ma da allora non ci sono state alcune significative nuove idee? Più precisamente, non abbiamo bisogno di qualche importante nuova idea? Gli strumenti di base – regolamentazioni dirette in alcuni casi, tasse o licenze scambiabili in altri – sono ben noti e in molti casi hanno funzionato bene. Quello di cui abbiamo bisogno è una efficace maggioranza politica disponibile ad agire per quello che già conosciamo.
Sto dicendo che non ci sono nuove idee importanti per la politica? Ovviamente no. Ad esempio, le connesse scoperte secondo le quali il salario minimo non sembra ridurre l’occupazione e i datori di lavoro hanno spesso molto potere di monopsonio [1] nei mercati del lavoro suggeriscono qualche nuova dimensione ad un programma progressista.
Neanche sto dicendo che l’analisi politica e lo studio da parte di gruppi di ricerca e di ambienti accademici non siano necessari. I dettagli sono importanti e talvolta gli studi sulla politica producono per davvero nuove idee.
Ma i politici non hanno bisogno di intelligenti nuove idee per portare avanti la causa di poter migliorare ampiamente le esistenze della maggioranza degli americani. In America, ancora di più che in altri paesi, abbiamo un arretrato di vecchie buone idee che non abbiamo mai tradotto in azioni.
Perché, dunque, la richiesta di nuove idee? In parte perché i commentatori si sono annoiati con il convenzionale dibattito politico – e/o non vogliono essere scomodati ad apprendere abbastanza da capire effettivamente i temi esistenti della politica, preferendo cose nuove e frizzanti che possono elogiare semplicemente per la loro novità. In parte perché questa è solo una scusa per schernire i democratici, che da quanto capisco è una regola del codice dei commentatori.
Ma è sufficiente. Io non mi curo se un uomo politico ha nuove idee e non dovreste curarvene neppure voi. Quello che conta è se un uomo politico ha buone idee.
[1] Il termine monopsonio designa una particolare forma di mercato caratterizzata dalla presenza di un solo acquirente a fronte di una pluralità di venditori.
By mm
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