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La Cina ha davvero dato una tangente a Trump per danneggiare la sicurezza nazionale? Di Paul Krugman (New York Times 17 maggio 2018)

 

May 17, 2018

Did China Just Bribe Trump to Undermine National Security?

By Paul Krugman

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Did the president of the United States just betray the nation’s security in return for a bribe from the Chinese government?

Don’t say that this suggestion is ridiculous: Given everything we know about Donald Trump, it’s well within the bounds of possibility, even plausibility.

Don’t say there’s no proof: We’re not talking about a court of law, where the accused are presumed innocent until proved guilty. Where the behavior of high officials is concerned, the standard is very nearly the opposite: They’re supposed to avoid situations in which there is even a hint that their actions might be motivated by personal gain.

Oh, and don’t say that it doesn’t matter one way or the other, because the Republicans who control Congress won’t do anything about it. That in itself is a key part of the story: An entire political party — a party that has historically wrapped itself in the flag and questioned the patriotism of its opponents — has become entirely complaisant in the possibility of raw corruption, even if it involves payoffs from hostile foreign powers.

The story so far: In the past few years ZTE, a Chinese electronics company that, among other things, makes cheap smartphones, has gotten into repeated trouble with the U.S. government. Many of its products contain U.S. technology — technology that, by law, must not be exported to embargoed nations, including North Korea and Iran. But ZTE was circumventing the ban.

Initially, the company was fined $1.2 billion. Then, when it became clear that the company had rewarded rather than punished the executives involved, the Commerce Department forbade U.S. technology companies from selling components to ZTE for the next seven years.

And two weeks ago the Pentagon banned sales of ZTE phones on military bases, following warnings from intelligence agencies that the Chinese government may be using the company’s products to conduct espionage.

All of which made it very strange indeed to see Trump suddenly declare that he was working with President Xi of China to help save ZTE — “Too many jobs in China lost” — and that he was ordering the Commerce Department to make it happen.

It’s possible that Trump was just trying to offer an olive branch amid what looks like a possible trade war. But why choose such a flagrant example of Chinese misbehavior? Which was why many eyes turned to Indonesia, where a Chinese state-owned company just announced a big investment in a project in which the Trump Organization has a substantial stake.

That investment, by the way, is part of the Belt and Road project, a multinational infrastructure initiative China is using to reinforce its economic centrality — and geopolitical influence — across Eurasia. Meanwhile, whatever happened to that Trump infrastructure plan?

Back to ZTE: Was there a quid pro quo? We may never know. But this wasn’t the first time the Trump administration made a peculiar foreign policy move that seems associated with Trump family business interests. Last year the administration, bizarrely, backed a Saudi blockade of Qatar, a Middle Eastern nation that also happens to be the site of a major U.S. military base. Why? Well, the move came shortly after the Qataris refused to invest $500 million in 666 Fifth Avenue, a troubled property owned by the family of Jared Kushner, the president’s son-in-law.

And now it looks as if Qatar may be about to make a deal on 666 Fifth Avenue after all. I wonder why?

Step back from the details and consider the general picture. High officials have the power to reward or punish both businesses and other governments, so that undue influence is always a problem, even if it takes the form of campaign contributions or indirect financial rewards via the revolving door.

But the problem becomes vastly worse if interested parties can simply funnel money to officials through their business holdings — and Trump and his family, by failing to divest from their international business dealings, have basically hung a sign out declaring themselves open to bribery (and also set the standard for the rest of the administration).

And the problem of undue influence is especially severe when it comes to authoritarian foreign governments. Democracies have ethical rules of their own: Justin Trudeau would be in big trouble if Canada were caught funneling money to the Trump Organization. Corporations can be shamed or sued. But if Xi Jinping or Vladimir Putin make payoffs to U.S. politicians, who’s going to stop them?

The main answer is supposed to be congressional oversight, which used to mean something. If there had been even a whiff of foreign payoffs to, say, Gerald Ford or Jimmy Carter, there would have been bipartisan demands for an investigation — and a high likelihood of impeachment.

But today’s Republicans have made it clear that they won’t hold Trump accountable for anything, even if it borders on treason.

All of which is to say that Trump’s corruption is only a symptom of a bigger problem: a G.O.P. that will do anything, even betray the nation, in its pursuit of partisan advantage.

 

La Cina ha davvero dato una tangente a Trump per danneggiare la sicurezza nazionale? Di Paul Krugman

New York Times 17 maggio 2018

Il Presidente degli Stati Uniti ha davvero tradito la sicurezza nazionale in cambio di una tangente del Governo cinese?

Consiglierei di non dire che si tratta di un suggerimento ridicolo: dato tutto quello che sappiamo su Donald Trump, ciò è nei confini delle cose possibili, addirittura plausibili.

Consiglierei di non dire che non ci sono prove: non stiamo parlando di un Tribunale, dove gli accusati si presumono innocenti sino alle prove di colpevolezza. Dove è in ballo la condotta delle massime autorità, la regola è piuttosto quella opposta: si suppone che essi evitino situazioni nelle quali ci sia anche solo una parvenza che le loro iniziative possano essere motivate da vantaggi personali.

Inoltre non direi che comunque non sono cose importanti, giacché i repubblicani che controllano il Congresso non ne faranno niente. Quello è di per sé un aspetto cruciale della storia: un intero partito politico – un partito che storicamente si è avvolto nella bandiera nazionale e ha messo in dubbio il patriottismo dei suoi avversari – che è diventato del tutto compiacente sulla possibilità di una cruda corruzione, persino quando riguarda tangenti da parte di potenze straniere ostili.

Il racconto sino a questo punto: negli anni passati, la ZTE, una società cinese di elettronica che, tra le altre cose, produce cellulari economici, è finita ripetutamente nei guai con il Governo degli Stati Uniti. Molti dei suoi prodotti contengono tecnologia statunitense – una tecnologia che, per legge, non deve essere esportata a nazioni che sono oggetto di embargo, inclusa la Corea del Nord e l’Iran. Ma la ZTE ha aggirato quella proibizione.

All’inizio, la ZTE venne multata per un miliardo e 200 milioni di dollari. Poi, quando divenne chiaro che quella società aveva premiato anziché punito i dirigenti coinvolti, il Dipartimento del Commercio vietò alle società delle tecnologie statunitensi di vendere componenti alla ZTE per i successivi sette anni.

E due settimane fa il Pentagono ha messo al bando le vendite di cellulari ZTE nelle basi militari, sulla base degli ammonimenti che venivano dalle agenzie di intelligence, secondo i quali il Governo cinese poteva utilizzare i prodotti della società per attività di spionaggio.

Tutto questo, in effetti, ha reso molto sospetto vedere il Presidente Trump, all’improvviso, dichiarare che stava collaborando con il Presidente cinese Xi per contribuire al salvataggio della ZTE – “Troppi posti di lavoro perduti in Cina” – e che stava ordinando al Dipartimento del Commercio perché agisse di conseguenza.

È possibile che Trump stesse solo cercando di offrire un ramo di olivo nel bel mezzo di quella che assomiglia ad una possibile guerra commerciale. Ma perché scegliere un esempio talmente plateale di cattiva condotta da parte dei cinesi? Questa è stata la ragione per la quale molti occhi si sono girati sull’Indonesia, dove una società cinese di proprietà dello Stato ha appena annunciato un grande investimento in un progetto nel quale la Trump Organization ha un interesse sostanziale.

Per inciso, quell’investimento fa parte del progetto Belt and Road, una iniziativa infrastrutturale multinazionale che la Cina sta utilizzando per rafforzare la sua centralità economica – e la sua influenza geopolitica – in tutta l’Eurasia. Nel frattempo, che è successo al piano infrastrutturale di Trump?

Tornando alla ZTE: c’è stato uno scambio? Potremmo non saperlo mai. Ma non sarebbe stato il primo caso nel quale l’Amministrazione Trump ha fatto una mossa politica sensazionale che sembra collegata con gli interessi della famiglia Trump. L’anno scorso la Amministrazione, in un modo bizzarro, sostenne un blocco saudita nel Qatar, una nazione del Medio Oriente che si dà il caso sia anche la sede di una importante base militare degli Stati Uniti. Perché? Ebbene, l’iniziativa arrivò subito dopo il rifiuto da parte dei responsabili del Qatar di investire 550 milioni di dollari al numero 666 della Quinta Strada, una proprietà nei guai posseduta dalla famiglia di Jared Kushner, il genero del Presidente.

E ora sembra che il Qatar, alla fine, stia per realizzare un accordo sul 666 della Quinta Strada. Come mai, mi chiedo?

Facciamo un passo indietro da questi dettagli e consideriamo il quadro generale. Gli alti dirigenti hanno il potere di premiare o di punire sia le imprese che gli altri Governi, cosicché l’esagerata influenza è sempre un problema, sia che prenda la forma di contributi elettorali che quella di una assunzione diretta nelle società, con il sistema cosiddetto delle ‘porte girevoli’.

Ma il problema diventa assai peggiore se le parti interessate possono semplicemente passare soldi ai dirigenti attraverso le proprietà nelle imprese di questi ultimi – e Trump e la sua famiglia, per non aver voluto disfarsi delle proprie operazioni commerciali internazionali, è come se avessero appeso un cartello che dichiara la loro disponibilità alla corruzione (e anche avessero definito un criterio per il resto dell’Amministrazione).

E il problema dell’indebito condizionamento è particolarmente grave quando si arriva ai Governi dei regimi autoritari stranieri. Le democrazie hanno regole etiche loro proprie: Justin Trudeau sarebbe in grossi guai se il Canada fosse scoperto a trasferire soldi alla Trump Organization. Le società possono essere disonorate o citate in giudizio. Ma se Xi Jinping o Vladimir Putin danno bustarelle ai politici statunitensi, chi potrà fermarli?

La principale risposta si pensava fosse il controllo da parte del Congresso, il che una volta aveva un certo significato. Se ci fosse stato anche solo il sentore di mazzette straniere, ad esempio, a Gerald Ford o a Jimmy Carter, ci sarebbero state richieste bipartisan di indagini – ed una elevata probabilità di impeachment.

Ma i repubblicani odierni hanno chiarito che essi non riterranno Trump responsabile per alcunché, persino se fosse qualcosa che sconfina nel tradimento.

Tutto questo è come dire che la corruzione di Trump è il sintomo di un problema più grande: un Partito Repubblicano che farà di tutto, tradirà persino la Nazione, nella sua ricerca di un vantaggio di parte.

 

 

 

 

 

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