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Un ‘quisling’ e quelli che lo incoraggiano, di Paul Krugman (New York Times 11 giugno 2018)

 

June 11, 2018

A Quisling and His Enablers

By Paul Krugman

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This is not a column about whether Donald Trump is a quisling — a politician who serves the interests of foreign masters at his own country’s expense. Any reasonable doubts about that reality were put to rest by the events of the past few days, when he defended Russia while attacking our closest allies.

We don’t know Trump’s motivation. Is it blackmail? Bribery? Or just a generalized sympathy for autocrats and hatred for democracy? And we may never find out: If he shuts down the Mueller investigation and Republicans retain control of Congress, the cover-up may hold indefinitely. But his actions tell the story.

As I said, however, this isn’t a column about Trump. It is, instead, about the people who are enabling his betrayal of America: the inner circle of officials and media personalities who are willing to back him up whatever he says or does, and the wider set of politicians — basically the entire Republican delegation in Congress — who have the power and constitutional obligation to stop what he’s doing, but won’t lift a finger in America’s defense.

It’s important to understand that the fight Trump is picking with our allies isn’t about any real conflict of interest — because they are not, in fact, doing the things he accuses them of doing. No, Canada and Europe aren’t imposing “massive tariffs” on U.S. goods: A vast majority of U.S. exports enter Canada tariff-free, and the average European tariff is only 3 percent. These are simple facts, not disputable issues.

So Trump is justifying his attempt to destroy the Western alliance by accusing our allies of misdeeds that exist only in his imagination.

The same thing may be said about his claim that Canada’s Justin Trudeau somehow betrayed him and undermined the Group of 7 summit meeting. In reality, Trudeau’s remarks at the end of the conference were restrained and conventional, simply asserting — as any normal leader would — that he would defend his nation’s interests. The Trump rage-tweet that followed was responding to an insult that, like those “massive tariffs,” exists only in his imagination.

But that’s Trump, a man whose presidency has been marked by around seven false statements per day in office. What about his officials?

Well, they have been acting like the courtiers in the old story about the emperor’s new clothes. (The emperor’s new hairpiece?) If the boss says something whose falsity is obvious to anyone with eyes to see, they’ll claim to believe his version.

 

So Larry Kudlow, the administration’s chief economist (actually “economist,” but that’s another story) went on TV to declare that Trudeau “stabbed us in the back.” Peter Navarro, the administration’s chief trade expert (“expert”) went even further, repeating the stab-in-the-back line and declaring that Trudeau faces a “special place in hell.”

Remember when people used to imagine that Trump would be restrained by officials who would put some check on his worst impulses? Maybe that happened for a few months, but at this point he’s entirely surrounded by sycophants who will tell him whatever he wants to hear.

Still, America isn’t a monarchy — not yet, anyway. Congress has the power to check a president who seems to be betraying his oath of office. It can even remove him; but short of impeachment, there are many ways members of Congress could act to constrain Trump and limit the damage he’s doing.

But Congress is controlled by Republicans. And their response to a president whose actions are manifestly not just un-American but anti-American has been … a few sad tweets from a handful of senators who are unhappy about Trump’s behavior but not willing to do anything real. Most Republicans haven’t even gone that far: They’re just silent.

Why are Republican politicians unwilling to discharge their constitutional responsibilities? Relatively few of them, one suspects, actually want a trade war, let alone a breakup of the Western alliance. And many of them, one also suspects, are well aware that a de facto foreign agent sits in the Oval Office. But they are immobilized by a combination of venality and cowardice.

On one side, tax cuts for the rich have become the overriding priority for the modern G.O.P., and Trump is giving them that, so they’re willing to let everything else slide.

On the other side, the party’s base really does love Trump, not for his policies, but for the performative cruelty he exhibits toward racial minorities and the way he sticks his thumb in the eyes of “elites.” So any Republican politician who takes a stand on behalf of what we used to think were fundamental American values is at high risk of losing his or her next primary. And as far as we can tell, there is not a single elected Republican willing to take that risk, no matter what Trump does.

What all this tells us is that the problem facing America runs much deeper than Trump’s personal awfulness. One of our two major parties appears to be hopelessly, irredeemably corrupt. And unless that party not only loses this year’s election but begins losing on a regular basis, America as we know it is finished.

 

Un ‘quisling’ e quelli che lo incoraggiano, di Paul Krugman

New York Times 11 giugno 2018

Questo non è un articolo sulla eventualità che Donald Trump sia un quisling [1] – un politico al servizio degli interessi di capi stranieri a spese del suo stesso paese. Ogni ragionevole dubbio su quel dato di fatto è stato seppellito dai fatti dei giorni scorsi, quando ha difeso la Russia attaccando i nostri più stretti alleati.

Noi non conosciamo le motivazioni di Trump. È ricattato? É corrotto? O si tratta soltanto di una aperta simpatia per gli autocrati e di odio della democrazia? E potremmo non scoprirlo mai: se blocca le indagini di Mueller e se i repubblicani mantengono il controllo del Congresso, l’insabbiamento potrebbe durare all’infinito. Ma sono le sue iniziative che raccontano la storia.

Tuttavia, come ho detto, questo non è un articolo su Trump. Riguarda, invece, le persone che stanno permettendo il suo tradimento dell’America: il cerchio ristretto di dirigenti e di personalità dei media che sono disposti a seguirlo qualsiasi cosa dica o faccia, e il complesso più ampio di uomini politici – in sostanza l’intera delegazione repubblicana al Congresso – che ha il potere e, per la Costituzione, il dovere di fermare quello che sta facendo, ma non intende alzare un dito a difesa dell’America.

È importante capire che la battaglia che Trump sta scegliendo di condurre ai nostri alleati non riguarda alcun reale conflitto di interesse – perché essi non stanno facendo le cose di cui lui li accusa. No, il Canada e l’Europa non stanno imponendo “tariffe massicce” sui prodotti statunitensi: un’ampia maggioranza delle esportazioni degli Stati Uniti entrano in Canada senza alcuna tariffa, e la media delle tariffe europee è soltanto del 3 per cento. Questi sono semplici fatti, non temi discutibili.

Dunque, Trump sta giustificando il suo tentativo di distruggere l’alleanza dell’Occidente accusando i nostri alleati di misfatti che esistono solo nella sua immaginazione.

Si può dire lo stesso della sua pretesa che Justin Trudeau in qualche modo lo abbia tradito ed abbia messo a repentaglio l’incontro del G7. In realtà le osservazioni di Trudeau alla fine della conferenza erano delimitate e convenzionali, avendo egli asserito – come farebbe ogni normale leader – che avrebbe difeso gli interessi della sua nazione. Il tweet irato di Trump che ne è derivato è stato la risposta ad un insulto che, come quelle “massicce tariffe”, esiste solo nella sua immaginazione.

Ma questo è Trump, un individuo la cui Presidenza è stata scandita da circa sette false dichiarazioni per ogni giorno in carica. Che dire dei suoi dirigenti?

Ebbene, si stanno comportando come i cortigiani della storiella nota sui nuovi vestiti dell’Imperatore (l’Imperatore ha una nuova parrucca?) Se il capo dice qualcosa la cui falsità è evidente per tutti quelli che abbiano occhi per guardare, sostengono di credere alla sua versione.

Dunque, Larry Kudlow, il principale economista della Amministrazione (“economista” tra virgolette, ma questa è un’altra storia) è andato in TV a dichiarare che Trudeau “ci ha pugnalato alle spalle”. Peter Navarro, il principale esperto commerciale dell’Amministrazione (“esperto” tra virgolette) si è spinto persino oltre, ripetendo la frase sulla coltellata alle spalle e dichiarando che Trudeau si colloca “in un posto speciale all’Inferno”.

Vi ricordate quando ci si immaginava che Trump sarebbe stato limitato da dirigenti che avrebbero controllato i suoi impulsi peggiori? Forse è successo per alcuni mesi, ma a questo punto è completamente circondato da leccapiedi che gli dicono tutto quello che vuol sentirsi dire.

Eppure l’America non è una monarchia – almeno, non ancora. Il Congresso ha il potere di controllare un Presidente che sembra stia rinnegando il giuramento posto a base della sua carica. Il Congresso può persino rimuoverlo; ma, a parte l’impeachment, ci sono molti modi nei quali i membri del Congresso potrebbero assumere un’iniziativa per impedire e limitare il danno che sta provocando.

Ma il Congresso è controllato dai repubblicani. E la loro risposta ad un Presidente le cui azioni sono manifestamente non solo ‘non-americane’ ma antiamericane sono stati …. pochi sconsolanti tweet da parte di una manciata di Senatori che sono scontenti della condotta di Trump ma indisponibili a fare qualcosa di concreto. La maggioranza dei repubblicani non si sono neanche spinti sino a quel punto: sono stati solo zitti.

Perché i politici repubblicani sono indisponibili ad adempiere alle loro responsabilità costituzionali? Si può immaginare che pochi di loro vogliano effettivamente una guerra commerciale, per non dire una rottura della alleanza occidentale. E si può immaginare che molti di loro siano ben consapevoli che di fatto si sia accomodato nell’Ufficio Ovale un agente straniero. Ma sono bloccati da una combinazione di venalità e di viltà.

Per un aspetto, il taglio delle tasse sui ricchi è diventato, per il Partito Repubblicano odierno, la priorità prevalente, e Trump gliela sta consegnando, cosicché sono disposti a far scivolare tutto il resto.

D’altra parte, la base del partito ama per davvero Trump, non per le sue politiche, ma per la crudeltà che con le parole stesse mette in mostra verso le minoranze razziali e per il modo in cui ficca il suo pollice negli occhi delle “elite”. Dunque, ogni politico repubblicano, uomo a donna che sia, che volesse prendere posizione nell’interesse di quelli che un tempo consideravamo i valori fondamentali americani, si espone al forte rischio di perdere le prossime primarie. E, da quello che si può dire, non c’è un solo repubblicano eletto disposto a prendersi quel rischio, a prescindere da quello che fa Trump.

Tutto questo ci dice che il problema dinanzi al quale si trova l’America è molto più profondo della personale sgradevolezza di Trump. Uno dei nostri due partiti sembra senza speranza, irrimediabilmente corrotto. E a meno che quel partito non solo perda le elezioni di quest’anno, ma cominci a perdere con continuità, l’America che conosciamo è finita.

 

 

 

 

 

 

 

[1] Capo di governo o uomo politico che collabora con il nemico invasore, collaborazionista. Il termine, adoperato durante e subito dopo la seconda guerra mondiale nei paesi alleati e in Italia, è un uso antonomastico del cognome dell’uomo politico norvegese Vidkun Quisling, che dopo l’invasione tedesca della Norvegia diresse un governo fantoccio collaborazionista con i nazisti. (Treccani)

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