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La grande impresa raccoglie il vortice seminato da Trump, di Paul Krugman (New York Times 5 luglio 2018)

 

July 5, 2018

Big Business Reaps Trump’s Whirlwind

By Paul Krugman

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The imminent prospect of a trade war, it seems, concentrates the mind. Until very recently, big business and the institutions that represent its interests didn’t seem to be taking President Trump’s protectionist rhetoric very seriously. After all, corporations have invested trillions based on the belief that world markets would remain open, that U.S. industry would retain access to both foreign customers and foreign suppliers.

Trump wouldn’t put all those investments at risk, would he?

Yes, he would — and the belated recognition that his tough talk on trade was serious has spurred a flurry of action. Major corporations and trade associations are sending letters to the administration warning that its policies will cost more jobs than they create. Meanwhile, the U.S. Chamber of Commerce has begun an advertising campaign to convince voters of the benefits of free trade.

Pathetic, isn’t it? Who in the Trump administration is going to pay attention to those letters? What, exactly, does the chamber think it will accomplish by running those ads?

The thing is, big business is reaping what it sowed. No single cause brought us to this terrible moment in American history, but decades of cynical politics on the part of corporate America certainly played an important role.

What do I mean by cynical politics? Partly I mean the tacit alliance between businesses and the wealthy, on one side, and racists on the other, that is the essence of the modern conservative movement.

For a long time business seemed to have this game under control: win elections with racial dog whistles, then turn to an agenda of tax cuts and deregulation. But sooner or later something like Trump was going to happen: a candidate who meant the racism seriously, with the enthusiastic support of the Republican base, and couldn’t be controlled.

Recently Tom Donohue, the chamber’s head, published an article decrying Trump’s mistreatment of children at the border, declaring “this is not who we are.” Sorry, Mr. Donohue, it is who you are: You and your allies spent decades empowering racists, and now the bill is coming due.

But racist immigration policy isn’t the only place where people like Donohue are facing a monster they helped create.

When organizations like the Chamber of Commerce or the Heritage Foundation declare that Trump’s tariffs are a bad idea, they are on solid intellectual ground: All, and I mean all, economic experts agree. But they don’t have any credibility, because these same conservative institutions have spent decades making war on expertise.

The most obvious case is climate change, where conservative organizations, very much including the chamber, have long acted as “merchants of doubt,” manufacturing skepticism and blocking action in the face of overwhelming scientific consensus. Not to put too fine a point on it, it’s hard to pivot from “pay no attention to those so-called experts who say the planet is warming” to “protectionism is bad — all the experts agree.”

Similarly, organizations like Heritage have long promoted supply-side economics, a.k.a., voodoo economics — the claim that tax cuts will produce huge growth and pay for themselves — even though no economic experts agree. So they’ve already accepted the principle that it’s O.K. to talk economic nonsense if it’s politically convenient. Now comes Trump with different nonsense, saying “trade wars are good, and easy to win.” How can they convince anyone that his nonsense is bad, while theirs was good?

But a trade war may be only the start of big business’s self-inflicted punishment. Much worse and scarier things may lie ahead, because Trump isn’t just a protectionist, he’s an authoritarian. Trade wars are nasty; unchecked power is much worse, and not just for those who are poor and powerless.

Consider the fact that Trump is already in the habit of threatening businesses that have crossed him. After Harley-Davidson announced that it was shifting some production overseas because of trade conflicts, he warned that the company would be “taxed like never before” — which certainly sounds as if he wants to politicize the I.R.S. and use it to punish individual businesses.

For the moment, he probably can’t do anything like that. But suppose Republicans retain control of Congress this November. If they do, does anyone think they’ll stand up against abuses of presidential power? G.O.P. victory in the midterms would put a lot of people and institutions at the mercy of Trump’s authoritarian instincts, big business very much included.

But organizations like the chamber and Heritage are still trying to ensure a Republican victory. In fact, until its recent shift in focus to protectionism, the chamber was running ads trying (unsuccessfully, it’s true, but still) to build public support for the Trump tax cut in competitive House districts. Compare this with those free-trade ads, which serve no clear political purpose.

The point is that it’s not just world trade that’s at risk, but the rule of law. And it’s at risk in part because big businesses abandoned all principle in the pursuit of tax cuts.

 

La grande impresa raccoglie il vortice seminato da Trump, di Paul Krugman

New York Times 5 luglio 2018

Sembra che i cervelli si stiano focalizzando sull’imminente prospettiva di una guerra commerciale. Sino a poco tempo fa, la grande impresa e le istituzioni che rappresentano i suoi interessi non sembravano prendere molto sul serio la retorica protezionista di Trump. Dopo tutto, le grandi società hanno investito migliaia di miliardi basandosi nella convinzione che i mercati globali sarebbero rimasti aperti, che l’industria statunitense sarebbe rimasta accessibile sia ai clienti che all’offerta straniera.

Trump non avrebbe messo a rischio tutti quegli investimenti, non è così?

Invece l’ha fatto – e il tardivo riconoscimento che i suoi duri discorsi sul commercio erano seri ha provocato un turbinio di iniziative. Le principali società e le associazioni del commercio stanno spedendo lettere alla Amministrazione che mettono in guardia le sue politiche dal distruggere più posti di lavoro di quelli che creano. Nel frattempo, la Camera di Commercio degli Stati Uniti ha avviato una campagna pubblicitaria per convincere gli elettori dei vantaggi del libero commercio.

Patetico, non è vero? Chi nella Amministrazione di Trump farà mai attenzione a queste lettere? Che cosa pensa, esattamente, la Camera di Commercio di conseguire, mettendo in circolazione questa pubblicità?

Il punto è che la grande impresa sta raccogliendo quello che ha seminato. Non c’è stata una singola causa che ci ha portato a questo terribile momento della storia americana, ma decenni di cinismo politico da parte dell’America delle grandi società hanno certamente giocato un ruolo importante.

Che cosa intendo per cinismo politico? In parte intendo la tacita alleanza, da una parte l’impresa e i ricchi, i razzisti dall’altra, che è l’essenza del movimento conservatore contemporaneo.

Per lungo tempo è sembrato che l’impresa avesse questo gioco sotto controllo: vincere le elezioni con richiami razzistici, poi trasformarli in un’agenda di tagli delle tasse e di deregolamentazione. Ma prima o poi doveva succedere qualcosa come Trump: un candidato che intendeva sul serio il razzismo, con il sostegno della base repubblicana, e non poteva essere messo sotto controllo.

Recentemente Tom Donohue, il capo della Camera di Commercio, ha pubblicato un articolo che descrive la persecuzione dei bambini al confine, dichiarando che “non è questo quello che siamo”. Spiacente, signor Donohue, ma è questo quello che siete: lei e i suoi alleati avete speso decenni nel dare potere ai razzisti, ed ora sta arrivando il conto conseguente.

Ma la politica razzista dell’immigrazione non è il solo aspetto nel quale persone come Donohue si trovano di fronte al mostro che hanno partorito.

Quando organizzazioni come la Camera di Commercio o la Fondazione Heritage dichiarano che le tariffe di Trump sono una cattiva idea, sono su un terreno intellettuale solido: tutti gli esperti economici concordano, e intendo effettivamente tutti. Ma non hanno alcuna credibilità, perché queste stesse istituzioni conservatrici hanno speso decenni nel fare la guerra alle competenze.

Il caso più evidente è il cambiamento climatico, dove le organizzazioni conservatrici, ampiamente inclusa la Camera di Commercio, si sono da tempo comportate come “mercanti di dubbi”, producendo scetticismo e bloccando l’iniziativa a fronte di un consenso scientifico schiacciante. Per dirla semplicemente, è difficile passare dal “non dare credito ai cosiddetti esperti che dicono che il pianeta si sta riscaldando” al “il protezionismo è negativo – lo dicono tutti gli esperti”.

In modo simile, organizzazioni come Heritage hanno promosso da tempo l’economia dal lato dell’offerta, ovvero l’economia voodoo – la pretesa che i tagli delle tasse avrebbero prodotto una vasta crescita e si sarebbero ripagati da soli – anche se nessun esperto economico concorda. Dunque, hanno già accettato il principio che va bene parlare di economia in termini insensati se è politicamente conveniente. Ora arriva Trump con una diversa sciocchezza, dicendo che “le guerre commerciali sono positive e facili da vincere”. Come possono convincere alcuno che questa sciocchezza è negativa, mentre le loro erano positive?

Ma una guerra commerciale può essere soltanto l’inizio di una punizione auto provocata dalla grande impresa. Cose molto peggiori e più brutte possono essere in arrivo, perché Trump non è solo un protezionista, è un autoritario. Le guerre commerciali sono odiose; il potere senza controlli è molto peggio, e non solo per coloro che sono poveri e privi di potere.

Si consideri che Trump è già nello stato d’animo di minacciare le imprese che lo hanno ostacolato. Dopo che la Harley-Davidson ha annunciato di stare spostando alcune produzioni all’estero, egli ha ammonito la società che “sarebbe stata tassata come mai in precedenza” – il che certamente manifesta la sua intenzione di politicizzare l’Agenzia delle Entrate e di utilizzarla per punire le imprese singole.

Per il momento, probabilmente non può fare niente del genere. Ma supponiamo che in questo mese di novembre i repubblicani mantengano il controllo del Congresso. Se lo fanno, qualcuno può pensare che essi prenderanno posizione contro il potere presidenziale? Una vittoria del Partito Repubblicano nelle elezioni di medio termine porrebbe molta gente e molte istituzioni alla mercé degli istinti autoritari di Trump, la grande impresa per prima.

Ma organizzazioni come la Camera di Commercio ed Heritage stanno ancora cercando di assicurare una vittoria repubblicana. Di fatto, sino alla recente svolta protezionista, la Camera di Commercio stava facendo pubblicità cercando (è vero, senza successo, e tuttavia) per costruire un sostegno pubblico per i tagli alle tasse di Trump nei distretti elettorali della Camera più contesi. Si confronti tutto questo con quelle pubblicità per il libero commercio, che non sorreggono alcun chiaro proposito politico.

Il punto è che non è solo a rischio il commercio mondiale, ma lo stato di diritto. Ed esso è a rischio in parte perché la grande impresa ha abbandonato ogni principio all’obbiettivo degli sgravi fiscali.

 

 

 

 

 

 

 

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